1 – Fra le cose impostemi dall’obbedienza, ben poche
mi sono state così difficili come questa di
mettermi ora a scrivere dell’orazione, sia
perché sembra che il Signore non mi conceda
lo spirito né il desiderio di farlo, e sia
perché mi trovo da tre mesi con la testa
così debole e intontita da scrivere con pena
anche per gli affari di necessità. Ma sapendo
che la forza dell’obbedienza suole appianare ogni
cosa, anche quelle che sembrano impossibili, mi
accingo all’opera di buona voglia, benché ne
senta un’estrema ripugnanza: Iddio non mi ha mai
dato di vedermi in continua lotta con le
infermità e con ogni sorta di occupazioni
senza che la natura ne soffra. Mi assista Colui
nella cui misericordia confido, e che in mio favore
ha già fatto cose assai più difficili.
2 – Credo che poco saprò aggiungere di nuovo
a quanto mi fu già imposto di scrivere. Temo
anzi di non far quasi che ripetermi, perché
io sono in tutto come quegli uccelli a cui s’insegna
a parlare, e che non sapendo più in là
di quanto hanno appreso o sentito, non fan altro che
ripetere le stesse cose.
Se il Signore mi vorrà far dire qualche cosa
di nuovo, si degnerà d’illuminarmi, o, per lo
meno, di richiamarmi alla mente ciò che ho
scritto altre volte. Mi contenterei anche di questo.
Data l’infedeltà della mia memoria, mi terrei
fortunata di poter ripescare certe cose che, a
quanto dicevasi, erano ben dette, e ciò nel
caso che fossero perdute.
Ma se il Signore non vorrà concedermi neppur
questo, mi sarà di guadagno lo stancarmi e
l’accrescermi il mal di testa per obbedienza,
quand’anche da ciò che fossi per dire non si
ricavasse alcun vantaggio.
3 – Incomincio dunque quest’obbedienza oggi, festa
della SS. Trinità dell’anno 1577, a Toledo,
in questo monastero di S. Giuseppe del Carmine, ove
attualmente mi trovo. Mi sottometto al giudizio
delle dottissime persone che mi hanno imposto di
scrivere. Si abbia intanto per certo che se mi
sfuggirà qualche cosa di non conforme a
quanto insegna la S. Chiesa Cattolica Romana,
ciò non sarà per malizia, ma per pura
ignoranza, poiché, grazie a Dio, sono stata,
sono e sarò sempre ad essa soggetta. – Sia
Egli benedetto e glorificato in eterno! Amen.
4 – Quegli che mi comandò di scrivere, mi
disse che le monache di questi monasteri di nostra
Signora del Carmine avevano bisogno di qualche
spiegazione intorno a certi dubbi di orazione; e
siccome le donne fra di loro s’intendono meglio, gli
è sembrato che se fossi riuscita a dirne
qualcosa, sarei stata di qualche loro vantaggio,
specialmente per l’amore che mi portano.
Perciò in questo scritto non mi
volgerò che a loro, tanto più che
sarebbe follia illudermi di esser utile ad altri.
Grande grazia mi farebbe di certo il Signore se
alcuna se ne giovasse per lodarlo un po’ di
più. E sa bene Sua Maestà se io
desideri altra cosa. Se riuscirò a dire
alcunché di buono, esse vedranno che io,
essendone tanto incapace, non ne posso essere
l’autrice, a meno che abbiano così poca
intelligenza come io abilità, se il Signore
nella sua misericordia non mi viene in aiuto.
Bellezza e dignità dell’anima umana –
Paragone per meglio intendersi – Vantaggi che si
acquistano nel conoscersi e nell’intendere le grazie
che si ricevono da Dio – La porta di questo castello
è l’orazione.
1 – Oggi stavo supplicando il Signore di parlare in
luogo mio, perché non sapevo cosa dire,
né come cominciare ad obbedire al comando che
mi è stato imposto, ed ecco quello che mi
venne in mente. Mi servirà di fondamento a
quanto dirò.
Possiamo considerare la nostra anima come un
castello fatto di un sol diamante o di un tersissimo
cristallo, nel quale vi siano molte mansioni, come
molte ve ne sono in cielo
Del resto, sorelle, se ci pensiamo bene, che
cos’è l’anima del giusto se non un paradiso,
dove il Signore dice di prendere le sue delizie?
E allora come sarà la stanza in cui si
diletta un Re così potente, così
saggio, così puro, così pieno di
ricchezze? No, non vi è nulla che possa
paragonarsi alla grande bellezza di un’anima e alla
sua immensa capacità!
Il nostro intelletto, per acuto che sia, non
arriverà mai a comprenderla, come non
potrà mai comprendere Iddio, alla cui
immagine e somiglianza noi siamo stati creati. Se
ciò è vero – e non se ne può
dubitare – è inutile che ci stanchiamo nel
voler comprendere la bellezza del castello.
Tuttavia, per avere un’idea della sua eccellenza e
dignità, basta pensare che Dio dice di averlo
fatto a sua immagine, benché tra il castello
e Dio vi sia sempre la differenza di Creatore e
creatura, essendo anche l’anima una creatura.
2 – Che confusione e pietà non potere, per
nostra colpa, intendere noi stessi e conoscere chi
siamo!
Non sarebbe grande ignoranza, figliuole mie, se uno,
interrogato chi fosse, non sapesse rispondere,
né dare indicazioni di suo padre, di sua
madre, né del suo paese di origine? Se
ciò è indizio di grande
ottusità, assai più grande è
senza dubbio la nostra se non procuriamo di sapere
chi siamo, per fermarci solo ai nostri corpi.
Sì, sappiamo di avere un’anima, perché
l’abbiamo sentito e perché ce l’insegna la
fede, ma così all’ingrosso, tanto vero che
ben poche volte pensiamo alle ricchezze che sono in
lei, alla sua grande eccellenza e a Colui che in
essa abita.
E ciò spiega la nostra grande negligenza nel
procurare di conservarne la bellezza. Le nostre
preoccupazioni si fermano tutte alla rozzezza del
castone, alle mura del castello, ossia a questi
nostri corpi.
3 – Come ho detto, questo castello risulta di molte
stanze, alcune poste in alto, altre in basso ed
altre ai lati. A1 centro, in mezzo a tutte, vi
è la stanza principale, quella dove si
svolgono le cose di grande segretezza tra Dio e
l’anima.
Considerate bene questo paragone di cui forse Dio si
compiacerà di servirsi per farvi intendere
qualche cosa delle grazie che Egli si degna di
accordare alle anime e la differenza che le
distingue.
Ciò, naturalmente, fin dove ho inteso che sia
possibile, perché, data la loro moltitudine
nessuno è in grado di conoscerle tutte: tanto
meno io che sono così misera.
Ma se il Signore ve l’accorderà, vi
sarà di grande conforto sapere che lo
può fare, mentre quelle che non ne sono
favorite ne prenderanno l’occasione per lodare la
sua infinita bontà.
Perciò, come non ci è di pregiudizio
la considerazione della gloria del cielo e di quanto
vi godono i beati, ma serve a rallegrarci e a
spingerci per meritare anche noi quel che essi
già godono, così non ci sarà di
danno comprendere come sia possibile che un Dio
tanto grande si comunichi fin da questo esilio con
vermiciattoli così ripugnanti come siamo noi,
ma ci muoverà ad amare una bontà
così buona e una così infinita
misericordia.
Chi si scandalizza nell’apprendere che Dio
può far tante grazie fin da questo esilio,
tengo per certo che sia senza umiltà e senza
amore del prossimo. Se non fosse così,
perché non dovrebbe compiacersi nel vedere
Iddio far tali grazie a un suo fratello, quando
ciò non vieta che le possa accordare anche a
lui?
Perché non godere che Sua Maestà
mostri la sua grandezza con chi meglio gli piace,
poiché Egli alle volte non agisce che per
questo, come disse del cieco a cui dette la vista,
quando gli apostoli lo interrogarono se quella
cecità era per i suoi peccati o per quelli
dei suoi genitori? Risulta da ciò che se Egli
dà a qualcuno le sue grazie, non è
perché questi sia più santo degli
altri a cui non ne dà, ma perché si
manifesti in lui la sua grandezza, come già
in S. Paolo e nella Maddalena, e perché noi
lo lodiamo nelle sue creature.
4 – Si potrà dire che sembrano cose
impossibili e che è bene non scandalizzare i
deboli.
Ma è minor male permettere che alcuni non le
credano, piuttosto che privare chi ne è
favorito del profitto che ne deve ritrarre.
Questi infatti ne avrà piacere, e si
ecciterà a più amare Colui che nella
sua infinita potenza e maestà gli usa
così grandi misericordie.
D’altra parte, so di parlare ad anime per le quali
questo pericolo non esiste, perché conoscono
e credono che Dio può discendere a
manifestazioni di amore ben più sublimi. Chi
non lo crede, sono sicura che non ne farà mai
l’esperienza, perché Dio ama che non si ponga
limite alle sue opere.
Parlando a coloro che Dio non conduce per questa
strada, 1i scongiuro che non sia di essi
così.
5 – Tornando al nostro incantevole e splendido
castello, dobbiamo ora vedere il modo di potervi
entrare.
Sembra che dica uno sproposito, perché se il
castello è la stessa anima, non si ha certo
bisogno di entrarvi, perché si è
già dentro. Non è forse una
sciocchezza dire a uno di entrare in una stanza
quando già vi sia? Però dovete sapere
che vi è una grande differenza tra un modo di
essere e un altro, perché molte anime stanno
soltanto nei dintorni, là dove sostano le
guardie, senza curarsi di andare più innanzi,
né sapere cosa si racchiuda in quella
splendida dimora, né chi l’abiti, né
quali appartamenti contenga.
Se avete letto in qualche libro di orazione
consigliare l’anima ad entrare in se stessa,
è proprio quello che intendo io.
6 – Mi diceva ultimamente un gran teologo che le
anime senza orazione sono come un
corpo storpiato o paralitico che ha mani e piedi, ma
non li può muovere. Ve ne sono di così
ammalate e talmente avvezze a vivere fra le cose
esteriori, da esser refrattarie a qualsiasi cura,
quasi impotenti a rientrare in se stesse.
Abituate a un continuo contatto con i rettili e gli
animali che stanno intorno al castello, si son fatte
quasi come quelli, e non sanno più vincersi,
nonostante la nobiltà della loro natura e la
possibilità che hanno di trattare nientemeno
che con Dio.
Se queste anime non cercano d’intendere la loro
immensa miseria e non vi pongono
rimedio, avverrà che per non volger lo
sguardo a se stesse, si trasformeranno in
altrettante statue di sale, come avvenne alla moglie
di Lot per essersi voltata indietro.
7 – Per quanto io ne capisca, la porta per entrare
in questo castello è l’orazione e la
meditazione.
Non sto più per la mentale che per la vocale,
perché dove si ha orazione occorre che vi sia
pure meditazione.
Non chiamo infatti orazione quella di colui che non
considera con chi parla, chi è che parla,
cosa domanda e a chi domanda, benché muova
molto le labbra.
Alle volte sarà buona orazione anche questa,
quantunque non accompagnata da tali
riflessioni, purché queste si siano fatte
altre volte. Ma se alcuno ha l’abitudine di parlare
con la maestà di Dio come con uno schiavo,
senza pensare se dice bene o male, contento di
quello che gli viene in bocca o ha imparato a
memoria per averlo recitato altre volte... non tengo
ciò per orazione, né piaccia a Dio che
vi siano cristiani che così facciano.
Quanto a voi, sorelle, spero nella bontà di
Dio che questo non vi accada, grazie
all’abitudine che avete di trattare spesso di cose
interiori: cosa assai utile per preservarvi da
simili stupidaggini.
8 – Non parliamo dunque di queste anime paralitiche,
alle quali, se il Signore non
comanderà di alzarsi come al paralitico che
stava da trent’anni alla piscina, toccherà
serio pericolo e sventura assai grave.
Parliamo, invece di quelle che poi finiscono con
entrare nel castello. Benché ingolfate nel
mondo, non mancano di buoni desideri: di tanto in
tanto si raccomandano a Dio, e, sia pure in fretta,
rientrano in se stesse con qualche considerazione.
Pregano qualche volta al mese, benché
distrattamente, dato che il loro pensiero è
quasi sempre tra gli affari, a cui sono molto
attaccate, secondo il detto: Dov’è il tuo
tesoro ivi è il tuo cuore.
Però, di tanto in tanto decidono di
liberarsene perché, grazie al proprio
conoscimento – che è sempre una gran cosa –
riconoscono che la strada per cui camminano non
è quella che conduce al castello. Finalmente
entrano nelle prime stanze del pianterreno, ma vi
portano con sé un’infinità di
animaletti, i quali non solo impediscono di veder le
bellezze del castello, ma neppur permettono di
rimanervi in pace.
Tuttavia han già fatto molto con l’entrarvi.
9 – Vi parrà forse, figliuole, che tutto
ciò non sia a proposito, perché voi,
grazie a Dio, non siete di questo numero.
Ma abbiate pazienza, perché altrimenti non
saprei come farvi intendere, nel modo che le intendo
io, certe cose interiori riguardanti l’orazione.
Piaccia a Dio che riesca a dirvene qualche cosa,
perché si tratta di un argomento assai
difficile, specialmente per chi non ne ha
esperienza. Ma se voi l’avrete, capirete che certe
cose si devono toccare per forza.
Piaccia a Dio nella sua infinita misericordia che
esse non accadano a noi!
Capitolo 2
Deformità di un’anima in peccato mortale – Il
Signore ne fa vedere qualcosa a una certa persona –
Qualche pensiero sul proprio conoscimento – Capitolo
assai utile per certi punti che meritano attenzione
– Come intendere queste mansioni.
1 – Prima di andare innanzi, vi prego di considerare
come si trasformi questo castello meraviglioso e
risplendente, questa perla orientale, quest’albero
di vita piantato nelle stesse acque vive della vita
che è Dio, quando s’imbratti di peccato
mortale.
Non vi sono tenebre così dense, né
cose tanto tetre e buie, che non ne siano superate e
di molto. Il Sole che gli compartiva tanta bellezza
e splendore è come se più non vi sia,
perché, pur rimanendo ancora nel suo centro,
l’anima tuttavia non ne partecipa più.
Conserva sempre la capacità di goderlo, come
il cristallo di riflettere i raggi, ma intanto non
vi è più nulla che le sia di merito; e
finché dura in quello stato, non le giovano a
nulla per l’acquisto della gloria neppure le sue
buone opere, perché, non procedendo esse da
quel principio per cui la nostra virtù
è virtù – voglio dire da Dio, da cui,
anzi, si allontanano – non gli possono essere
accette.
Infatti, chi commette un peccato mortale intende di
contentare,non Dio, ma il demonio;
e siccome il demonio non è che tenebra, la
povera anima si fa tenebra con lui.
2 – So di una persona [Parla di se stessa, ndr] a
cui il Signore volle far vedere lo stato di un’anima
in peccato mortale.
Secondo lei, sarebbe impossibile, comprendendolo
bene, che alcuno potesse ancora
peccare, anche se per fuggirne le occasioni dovesse
soffrire i maggiori tormenti
immaginabili.
Da ciò le venne un ardentissimo desiderio che
tutti se ne persuadessero. E io ora vi scongiuro,
figliuole, di pregar molto il Signore per coloro che
si trovano in questo stato, trasformati in una
stessa tenebra con le loro opere.
Come da una fonte limpidissima non sgorgano che
limpidi ruscelli, così di un’anima in grazia:
le sue opere riescono assai grate agli occhi di Dio
e degli uomini, perché procedenti da quella
fonte di vita nella quale essa è piantata
come un albero, e fuor dalla quale non avrebbe
né freschezza né fecondità.
Quell’acqua la conserva, impedisce che inaridisca e
le ottiene frutti saporosi, ma se l’anima
l’abbandona di sua colpa per mettersi in un’altra
dalle acque sudicie e fetenti, non sgorgherebbe da
lei che la stessa abominevole sporcizia.
3 – Si deve intanto considerare che la fonte, o, a
meglio dire, il Sole splendente che sta nel centro
dell’anima, non perde per questo il suo splendore
né la sua bellezza. Continua a star
nell’anima, e non vi è nulla che lo possa
scolorire. Supponete un cristallo esposto ai raggi
del sole, ravvolto in un panno molto nero: il sole
dardeggerà sulla stoffa, ma il cristallo non
ne verrà illuminato.
4 – Anime redente dal sangue di Gesù Cristo,
aprite gli occhi e abbiate pietà di voi
stesse! Com’è possibile che, persuase di
questa verità, non procuriate di togliere la
pece che copre il vostro cristallo? Se la morte vi
sorprende in questo stato, quella luce non la
godrete mai più!...
O Gesù! ... Che orrore vedere un’anima priva
di questo lume! Come rimangono le
povere stanze del castello!
Che turbamento s’impossessa dei sensi che ne sono
gli abitanti!
In che stato di accecamento e mal governo cadono, le
potenze che ne sono le guardie, i maggiordomi e gli
scalchi!
Ma siccome l’albero è piantato nella stessa
terra del demonio, che altro ne può venire?
5 – Udii una volta una persona spirituale
meravigliarsi non tanto di ciò che faccia
un’anima in peccato mortale, quanto di ciò
che non faccia.
Ci liberi Iddio, nella sua misericordia, da male
così funesto, il solo che quaggiù
possa meritare questo nome, degno di castighi che
non avranno mai fine.
In ciò, figliuole mie, dobbiamo esser sempre
timorose, né mai desistere dal pregare Iddio
di liberarcene, perché se Egli non custodisce
la città, invano lavoriamo noi, che siamo il
nulla medesimo.
Quella persona inoltre diceva di aver ricavato due
vantaggi dalla grazia di cui Dio l’aveva favorita:
anzitutto, un timore grandissimo di offenderlo, per
cui alla vista di così gravi danni continuava
a pregarlo di non lasciarla cadere; e, in secondo
luogo, uno specchio di umiltà, nel quale
vedeva che il principio del bene che facciamo non
procede da noi, ma dal fonte nel quale l’albero
dell’anima è piantato, e dal Sole che feconda
le nostre buone opere.
Questa verità, aggiungeva, le era apparsa
così chiara, che quando faceva o vedeva
qualche opera buona, pensava subito a Colui che ne
era il principio, persuasa che senza il suo aiuto
non si possa proprio far nulla. Indi si levava a dar
grazie al Signore, scordando quasi sempre se stessa
quando le avveniva di far qualche cosa di buono.
6 – Non sarebbe perduto, sorelle, il tempo
trascorso, io a vergare questo scritto e voi a
leggerlo, se pur noi vi ricavassimo questi due
vantaggi. E se il Signore permette che simili
paragoni giungano a nostra cognizione, può
essere perché siano d’aiuto non tanto per i
dotti e gli esperti che già sanno ogni cosa,
ma piuttosto per noi donne, che nella nostra
ignoranza abbiamo bisogno di tutto.
Ci conceda Iddio nella sua bontà di cavarne
profitto!
7 – Queste cose interiori sono di così
difficile intelligenza che una persona ignorante
come me, prima di dirne una parola giusta, ne deve
dire, necessariamente, molte di inutili e
d’inopportune.
Ci vorrà pazienza per leggermi, come ne
occorre a me per scriver di ciò che ignoro.
Alle volte mi avviene di prender in mano la penna
come un idiota, senza sapere cosa dire, né da
dove cominciare. Tuttavia, farò del mio
meglio per spiegarvi certe cose interiori, che credo
vi saranno utili.
Benché ci parlino spesso dell’eccellenza
dell’orazione che le nostre Costituzioni ci
impongono per varie ore, però non ci spiegano
quello che vi possiamo fare, e poco ci dicono dei
fatti soprannaturali che Dio opera nell’anima,
mentre parlandone e spiegandoli in diverse maniere,
se ne avrebbe del gran conforto, grazie alla
considerazione di questo celeste ed interiore
edificio che i mortali conoscono così poco,
benché molti vi si trovino.
In altri libri da me scritti, il Signore ne ha
già dato qualche lume, ma certe cose,
specialmente più difficili, io non le ho mai
intese così bene come ora. I1 male è
che per giungere a spiegarle, dovrò ripeterne
una quantità di conosciute: con una
intelligenza così rozza come la mia, non se
ne può proprio fare a meno.
8 – Ritorniamo dunque al nostro castello e alle sue
molte mansioni. Non dovete figurarvi queste mansioni
le une dopo le altre, come una fuga di stanze.
Portate il vostro sguardo al centro, dove è
situato l’appartamento o il palazzo del Re. Egli vi
abita come in una palmista [palma tipica
dell’Andalusia, ndr] di cui non si può
prendere il buono se non togliendo le molte foglie
che lo coprono. Così qui: intorno e al di
sopra della stanza centrale, ve ne sono molte altre,
illuminate in ogni parte dal Sole che risiede nel
mezzo. Le cose dell’anima si devono sempre
considerare con ampiezza, estensione e magnificenza,
senza paura di esagerare, perché la
capacità dell’anima
sorpassa ogni umana immaginazione.
Importa molto che un’anima di orazione, a qualunque
grado sia giunta, sia lasciata libera di circolare
come vuole, in alto, in basso, e ai lati, senza
incantucciarla e restringerla in una sola stanza.
Poiché Dio l’ha fatta così grande, non
obblighiamola a rimaner a lungo nello stesso posto,
sia pure nel proprio conoscimento.
Oh, il proprio conoscimento! Intendetemi bene
figliuole!
Esso è tanto necessario che le stesse anime
ammesse da Dio nel suo medesimo appartamento non
devono mai trascurarlo, nonostante siano giunte
tanto in alto.
Del resto, non potrebbero trascurarlo neppure
volendolo, perché è proprio
dell’umiltà fabbricare, come ape
nell’alveare, quel miele, senza del quale tutto
è perduto.
Ma come l’ape non lascia di uscire a succhiare i
fiori, così l’anima, la quale, pur
addestrandosi nel proprio conoscimento, deve di
tanto in tanto innalzarsi a considerare la grandezza
e la maestà di Dio.
In ciò scoprirà la propria miseria
meglio che rimanendo in se stessa, e sarà
meno infastidita dagli animaletti immondi che
entrano nelle prime stanze, dove ci si esercita nel
proprio conoscimento.
Tuttavia, è sempre una grande grazia di Dio
saperci in esso esercitare, benché, come suol
dirsi, vi si possa mancare per eccesso o per
difetto. Insomma credetemi:
lavoreremo assai più virtuosamente con
l’aiuto di Dio, che non col rimanere attaccate alla
nostra miseria.
9 – Non so se mi spiego bene. È tanto
importante conoscerci, che in ciò non vorrei
vi rilassaste, neppure se foste già arrivate
ai più alti cieli, perché mentre siamo
sulla terra, non c’è cosa più
necessaria dell’umiltà.
Torno dunque a ripetere che è assai utile, –
anzi, utile in modo assoluto – che prima di volare
alle altre mansioni, si entri in quelle del proprio
conoscimento, che sono le vie per andare a quelle.
Ora, se possiamo camminare sopra un terreno piano e
sicuro, perché voler ali per volare? Facciamo
piuttosto del nostro meglio per approfondirci in
questa nostra conoscenza.
Ma credo che non arriveremo mai a conoscerci, se
insieme non procureremo di conoscere Dio.
Contemplando la sua grandezza, scopriremo la nostra
miseria; considerando la sua purezza riconosceremo
la nostra sozzura; e innanzi alla sua umiltà
vedremo quanto ne siamo lontani.
10 – Vi sono in ciò due vantaggi: primo,
perché una cosa bianca messa vicina a una
nera appare più bianca, come una nera messa
vicino a una bianca; e in secondo luogo,
perché la nostra intelligenza e
volontà, portate ora su Dio e ora su di noi,
si rendono più nobili e più disposte
al bene. Se dal fango della nostra miseria non ci
sollevassimo mai, ne risulterebbero molti
inconvenienti.
Di coloro che sono in peccato mortale abbiamo detto
che nero ed immondo è tutto quello che da
essi proviene.
Così nel caso nostro, quantunque – Dio ce ne
liberi! – non nel medesimo modo, non trattandosi in
fondo che di un semplice paragone.
È un fatto, però, che mantenendoci di
continuo nella ignominia della nostra terra, le
nostre correnti possono intorbidirsi a contatto con
il fango del timore, della pusillanimità,
della codardia e dei pensieri come questi: “Mi
guardano o non mi
guardano? Che mi avverrà camminando per
questa via? Sarà per superbia se
ardirò cominciare quest’opera? È bene
che una miserabile come me si eserciti in cose
così sublimi come l’orazione? Non mi
riterranno forse migliore, se non cammino per la
strada comune? E dato che le esagerazioni non sono
mai buone, neppure in fatto di virtù, non
verrò forse io, povera peccatrice, a cadere
da più grande altezza, senza più
coraggio di muovere un passo? Non sarò forse
di danno ai buoni? Oh, no, una persona come me, non
è fatta per le singolarità!”.
11 – Ohimè, figliuole mie, quante anime il
demonio deve rovinare per questa strada, facendo
loro credere che tutto ciò sia per sentimento
di umiltà! E quante altre cose potrei dire,
provenienti dall’insistere troppo sul proprio
conoscimento!
Finisce col far deviare, e io non mi stupisco. Se
non usciamo mai da noi stesse, ne può venire
questo e peggio ancora. Perciò, figliuole,
fissiamo gli occhi in Cristo nostro bene e nei suoi
santi, e vi impareremo la vera umiltà. Allora
la nostra intelligenza si renderà più
esperta, e la conoscenza di noi stessi
cesserà dal renderci imbelli e codardi.
Questa mansione, benché sia la prima,
è così eccellente e preziosa che se
l’anima sa sottrarsi agli animali che l’ingombrano,
non lascerà di andare innanzi. L’esperienza
che ho di queste prime mansioni mi permette di
descriverle, e so che terribili ed astute sono le
insidie del demonio per impedire che le anime
conoscano se stesse e la strada per cui camminano.
12 – Non si deve dunque pensare che gli appartamenti
siano pochi: ve ne sono a milioni. Le anime vi
entrano in molti modi, e tutte con buona intenzione.
Ma siccome il demonio è maligno, deve aver
appostato in ogni stanza legioni di suoi pari, per
impedire che passino da una mansione all’altra, e
così le poverette, che ne sono ignare, si
trovano impigliate in mille lacci: ciò non
avviene tanto facilmente a quelle che sono
più vicine all’appartamento reale.
Queste, invece, essendo ancora fra le cose del
mondo, ingolfate nei suoi piaceri e perdute dietro
agli onori e alle ambizioni, si lasciano vincere
facilmente, perché i loro vassalli, che sono
i sensi e le potenze, si trovano destituiti di
quella forza che in origine avevano da Dio ricevuta.
Ciò nonostante desiderano di non offendere il
Signore, e fanno qualche opera buona.
Coloro che si trovano in questo stato devono far di
tutto per ricorrere spesso al Signore, e non avendo
vassalli capaci di difenderli, prendere per
intercessori la benedetta Madre di Dio e i suoi
santi, perché combattano per loro.
Del resto, non c’è stato in cui non si abbia
bisogno dell’aiuto di Dio. Ed Egli si degni di
accordarcelo per la sua infinita misericordia! Amen.
13 – Com’è miserabile questa vita!...
Avendovi già parlato altrove e lungamente del
danno di non ben conoscere ciò che riguarda
l’umiltà e il proprio conoscimento, non
m’indugio di più, benché l’argomento
sia molto importante. Piaccia a Dio che vi abbia
detto qualche cosa di utile!
14 – Quanto alla luce che si diffonde dal palazzo
reale, dovete avvertire che le prime mansioni ne
ricevono assai poca.
Benché non siano nere e tenebrose come quando
l’anima è in peccato, tuttavia sono alquanto
in penombra, e non possono essere vedute neppure da
coloro che le abitano, non per difetto
dell’appartamento, ma per ragione delle molte cose
nocive, serpenti, vipere e animali velenosi che,
essendosi introdotti con l’anima, le impediscono di
avvertire la luce.
Non so come spiegarmi, ma è come se uno entra
in una stanza inondata di sole con gli occhi
così impiastricciati di fango da non poterli
quasi dischiudere.
La sala è illuminata, ma egli non ne gode la
chiarezza a causa di quel suo impedimento o, nel
caso nostro, per le bestie e i serpenti che
l’accecano in tal modo da non permettergli di vedere
altro che loro. Così mi pare che debba essere
dell’anima, la quale, benché non sia in
cattivo stato, tuttavia è così immersa
nelle cose del mondo, così ingolfata negli
affari, nei traffici e negli onori, da sentirsi
impedita di considerare se stessa e di godere come
vorrebbe della sua propria bellezza, sembrandole,
per di più, che da tanti impedimenti non
sappia liberarsi.
Eppure per entrare nelle seconde mansioni bisogna
che si disbrighi da tutte le cure ed affari che non
siano indispensabili, sia pure in conformità
al suo stato.
Ciò è di tanta importanza che se non
comincia subito a farlo, non solo non
arriverà alla mansione principale, ma
sarà pure impossibile che, senza grande
pericolo, rimanga nella mansione che occupa,
benché già nel castello: fra tante
bestie velenose è impossibile che una volta o
l’altra non ne venga morsicata.
15 – Noi infelici, figliuole, se dopo esserci
affrancate da questi ostacoli, e avanzate di molto
verso le mansioni più segrete, dovessimo
uscirne per nostra colpa e gettarci ancora nella
confusione!
È per i nostri peccati se molte anime, dopo
aver ricevuto tante grazie, le lasciano miseramente
perire per loro colpa. Esteriormente noi siamo
libere. Piaccia a Dio che lo siamo pure
interiormente! Altrimenti, ci liberi Lui!
Figliuole mie, non immischiatevi mai negli affari
altrui. Pensate che poche sono le mansioni del
castello in cui non vi sia da combattere con il
demonio.
È vero che in alcune le potenze, che, come ho
detto, ne sono le guardie, hanno forza sufficiente
per resistere, ma dobbiamo star molto attente per
scoprire le insidie del demonio ed evitare che ci
inganni col trasformarsi in angelo di luce,
perché ci può danneggiare in
moltissime maniere, insinuandosi a poco a poco, in
modo da non lasciarci accorgere del male se non dopo
avercelo fatto.
16 – Altre volte vi ho detto che il demonio è
come una lima sorda che bisogna sorprendere fin dal
principio, e per farvelo meglio conoscere voglio ora
aggiungere qualche altra cosa.
Ispira egli a una sorella desideri così
violenti di penitenza, da farle credere di non aver
riposo se non allora che si sta martoriando. Fin qui
nulla di male.
Ma ecco che la Priora le ordina di non fare
penitenza senza suo permesso. Il demonio allora le
fa credere che in cosa tanto buona può
prendersi qualche libertà! Ed ella si macera
in segreto fino a rovinarsi la salute e a non poter
più seguire la Regola. Ecco dove va a finire
quel fervore!...
Ispira a un’altra sentimenti di zelo per una
più alta perfezione. Anche qui nulla di
meglio.
Ma ne può venire che costei scorga gravi
mancanze in ogni minimo difetto delle consorelle, e
si ponga ad osservare se ne commettono per poi
avvisarne la Priora.
Può intanto avvenire che per meglio zelare
l’osservanza religiosa, non si accorga delle sue
trasgressioni, per cui le altre, che non sanno nulla
delle sue intenzioni, vedendo la cura che si prende
per ciò che non la riguarda, possono aversela
a male.
17 – Ciò che qui il demonio pretende non
è certo da poco. Suo scopo è di
raffreddare la carità e l’amore vicendevole,
il che è assai grave. Persuadiamoci,
figliuole mie, che la vera perfezione consiste
nell’amore di Dio e del prossimo.
Quanto più esattamente osserveremo questi due
precetti; tanto più saremo perfette: le
nostre Regole e Costituzioni non sono infine che il
mezzo per meglio osservarli.
Lasciamo da parte questi zeli indiscreti che ci
possono essere assai dannosi, e ognuna attenda a se
stessa.
Siccome di questo argomento ho già parlato a
lungo in altro luogo, non voglio oltre dilungarmi.
18 – È tanta l’importanza dell’amore
vicendevole che non dovreste mai dimenticarvene.
L’andare osservando certe piccolezze – che alle
volte non sono neppure imperfezioni, ma che la
nostra ignoranza ci fa vedere assai gravi – nuoce
alla pace dell’anima e inquieta le sorelle. Sarebbe
una perfezione che costa assai caro!
Il demonio potrebbe far nascere questa tentazione
anche in riguardo alla Priora, e sarebbe più
pericolosa. Tuttavia bisogna agire con prudenza,
perché se si tratta di cose contro la Regola
e le Costituzioni, non si deve sempre passar sopra,
ma avvisarla, e se non si corregge, darne conto al
Superiore.
E questa è carità. Altrettanto si dica
delle sorelle in cose di qualche importanza.
Lasciarle passare per paura che sia tentazione,
sarebbe la stessa tentazione.
Però, dovete star bene in guardia a non
lasciarvi ingannare dal demonio con parlare di
queste cose le une con le altre. Il maligno ne
potrebbe molto guadagnare, introducendo l’abitudine
alla mormorazione.
Se ne parli soltanto con chi può mettervi
rimedio. Qui, grazie a Dio, il pericolo non è
tanto da temersi, per il silenzio quasi continuo che
si osserva. È bene però che si stia
sempre sull’attenti!...
Per giungere alle ultime mansioni occorre
perseveranza. – Guerra accanita da parte del
demonio, e quanto convenga non sbagliare strada fin
dal principio. – Mezzo che le fu molto utile.
1 – Diciamo ora quali siano le anime che entrano
nelle seconde mansioni, e cosa vi facciano. Vorrei
sbrigarmi presto perché ne ho già
parlato altrove e assai lungamente; ma per non
ricordarmi ciò che ho detto, mi sarà
impossibile non ripetermi in molte cose. Se almeno
sapessi presentarle in altra maniera, forse non vi
annoierei, a quel modo che non ci annoiano i libri
che ne trattano, benché siano molti.
2 – Parlo dunque di coloro che han già
cominciato a far orazione e hanno inteso quanto
importi non rimanere nelle prime mansioni,
benché non sappiano ancora uscirne
definitivamente.
Ciò dipende dal non fuggire le occasioni,
cosa assai pericolosa. Tuttavia, non mancano alle
volte, per grande misericordia di Dio, di sottrarsi
ai serpenti e alle altre cose velenose, persuasi che
ciò sia bene.
Sotto un certo aspetto, costoro soffrono di
più che non quelli delle prime mansioni, ma
siccome ne conoscono i pericoli, si espongono di
meno, e ciò fa sperare che andranno avanti.
Dico che soffrono più dei primi,
perché questi sono come quei muti che, per
essere anche sordi, sopportano più facilmente
la pena di non poter parlare. Benché sia
più grande quella di sentire e non parlare,
non è certo più desiderabile la
condizione di chi non sente, essendo sempre una gran
cosa sentire ciò che si dice.
Così delle persone di cui parlo.
Essendosi avvicinate all’appartamento di Sua
Maestà, ne sentono gli inviti e capiscono di
aver in Lui un buon vicinante, grande in
bontà e misericordia.
Siamo ancora ingolfati negli affari, nei passatempi,
nei piaceri e nelle distrazioni mondane; e siccome
fra bestie tanto velenose, pericolose e insidiose,
fa quasi meraviglia non inciampare e cadere, cadiamo
ancora nei peccati e poi ci rialziamo. Eppure questo
nostro Signore vede tanto volentieri che noi
l’amiamo e ne cerchiamo la compagnia, che non lascia
di quando in quando di chiamarci perché
andiamo a Lui. Ed è così dolce la sua
voce che la povera anima, vedendo di non saper far
subito quello che le dice, si sente tutta
distruggere! Ecco perché ho detto che
è più penoso udire che non udire.
3 – Queste voci ed inviti si odono non già
come quelli di cui parlerò più avanti,
ma nelle parole di certe buone persone, nelle
prediche, nelle buone letture e in tutti quegli
altri modi di cui Dio si serve per far sentire le
sue chiamate: prove, malattie e certe verità
che Egli fa conoscere nei momenti che si consacrano
all’orazione, sia pure svogliatamente, ma da Lui
molto stimati.
Quanto a questa prima grazia, guardatevi bene dal
non farne il conto che si merita, né
desolatevi per non sapergli subito rispondere,
perché Sua Maestà sa aspettare anche
per molti giorni ed anni, specialmente quando vede
perseveranza e buoni desideri. Questa disposizione
è assolutamente necessaria, e con essa si
guadagna molto.
Qui la lotta dei demoni è molto varia e
terribile, e l’anima ne ha una pena assai più
grande che non nelle mansioni precedenti. In quelle
era come una povera sordomuta, o, se non altro,
sentiva poco e meno resisteva, a guisa di persona
che avesse quasi perduta la speranza di vincere.
Ma qui l’intelligenza è più viva, le
potenze più abili, i colpi delle artiglierie
nemiche più violenti, ed è impossibile
non sentirli.
I demoni mettono innanzi tutti i beni e i piaceri
del mondo, che sono le serpi di cui parlo; li fanno
apparire quasi eterni; mostrano la stima in cui sono
tenuti; suggeriscono il ricordo dei parenti e degli
amici; e siccome in questa mansione si desidera di
far un po’ di penitenza, la mostrano come contraria
alla salute, e mille altre difficoltà.
4 – O Gesù!... Che scompiglio fan qui i
demoni, e che afflizioni per l’anima!...
Non sa se andare avanti o tornare alle mansioni
prime, perché mentre la ragione le fa
presente la follia di mettere in confronto i beni
della terra con quelli che spera, la fede le insegna
quello che meglio le conviene, e la memoria le
ricorda dove vanno a finire tutti i beni del mondo,
rimettendole sotto gli occhi la morte di molte
persone che ne godettero in abbondanza.
Di alcune la morte avvenne improvvisamente, e furono
da tutti dimenticate. Molti di quelli che ha veduti
in prosperità, ora sono calpestati sotto
terra: sul loro sepolcro è passata anch’essa
varie volte, considerando la moltitudine dei vermi
che andavano brulicando nel loro corpo... e molte
altre cose che la memoria le mette innanzi.
Intanto la volontà s’inclina ad amare il
Signore per le innumerevoli attrattive di cui lo
scopre fornito. E avendo ricevuto da Lui tante
dimostrazioni di amore, desidera di ripagarlo almeno
in qualche cosa. Soprattutto la colpisce il pensiero
che questo vero Amante non solo non l’abbandona, ma
le resta sempre vicino per darle l’essere e la vita.
L’intelletto le fa capire che un amico migliore non
si potrà mai trovare, neppure in molti anni
di vita; che il mondo è pieno di
falsità; che i piaceri del demonio apportano
inquietudine, contraddizioni e travagli; che fuori
del castello non vi è sicurezza né
pace, e che non bisogna frequentare le case altrui,
perché, volendolo, si può godere in
casa propria ogni abbondanza di beni.
E chi è che preferisca imitare il figliuol
prodigo, pascendosi con il cibo dei porci, quando in
casa sua ha tutto quello che gli occorre, quando
soprattutto ha un Ospite così grande che lo
mette in possesso di ogni sorta di beni, solo che lo
voglia?
Buone ragioni sono queste per poter vincere il
demonio.
5 – Eppure, Signore e Dio mio, l’abitudine di correr
dietro alla vanità e l’esempio di un mondo
che non sa far altro che questo, distruggono ogni
cosa.
La fede in noi è così debole che
crediamo più facilmente a quanto ci cade
sotto gli occhi, che non alle verità che essa
ci insegna. E così la miseria di chi insegue
queste cose sensibili, non è che troppo
evidente: danno causato da quei rettili velenosi con
i quali siamo in contatto.
Se uno viene morsicato da una vipera, ne rimane
avvelenato, e il corpo si gonfia. Così anche
di noi, se non stiamo in guardia. Allora per guarire
ci vorranno molte medicazioni. Anzi, sarà per
una grande grazia di Dio se non si finirà col
soccombere.
Qui l’anima va soggetta a gravi pene, specialmente
se il demonio, riconoscendo le sue attitudini e
qualità, la vede capace di andar molto
innanzi, perché allora raduna tutto l’inferno
per costringerla ad uscire dal castello.
6 – Ah, Signor mio! Qui il vostro aiuto è
assolutamente necessario: senza di voi non si
può proprio far nulla.
Deh! non permettete mai, per la vostra misericordia,
che quest’anima si lasci ingannare, abbandonando la
strada incominciata! Datele luce sufficiente per
riconoscere che ogni suo bene dipende dal
perseverare e dal fuggire le compagnie cattive.
Le sarà invece assai utile trattare con
coloro che si occupano di tali cose, avvicinandosi
non solo a quelli che si trovano nelle sue medesime
mansioni, ma anche a coloro che vedrà molto
innanzi. Questo le potrà molto giovare,
essendo possibile che, trattando con loro, finisca
con introdursi nelle loro stesse mansioni.
Ma stia bene in guardia per non lasciarsi vincere
dal demonio. Se il maligno la vedrà
fermamente risoluta a perdere la vita, il riposo e
tutto ciò che le presenta piuttosto di
ritornare alla prima stanza, lascerà presto
di combatterla.
Ma occorre che sia di animo virile, e non già
di coloro che andando alla guerra, non mi ricordo
bene con chi, si gettarono a bere bocconi.
Si risolva coraggiosamente, immaginandosi di andare
a combattere contro tutti i demoni, per vincere i
quali non vi sono armi migliori della croce.
7 – Ecco un’osservazione che ho già fatto
altre volte e che per la sua grande importanza
ripeto anche qui.
Per non intraprendere la fabbrica di questo grande e
prezioso edificio in maniera troppo volgare, colui
che comincia non deve neppur pensare alle
consolazioni, perché se inizia il lavoro
sulla sabbia, esso finirà col cadere, ed egli
non potrà sottrarsi ai disgusti e alle
tentazioni.
Non è in queste mansioni che la manna viene
dal cielo, ma più innanzi, là dove
l’anima ha tutto quello che vuole, perché non
vuole se non quello che Iddio vuole.
Che pretese le nostre! Ci dibattiamo ancora fra
mille inciampi e imperfezioni, con virtù
novelline, ancora incapaci di muoversi perché
nate da poco – e piaccia a Dio che siano almeno
nate! – eppure osiamo lamentarci delle
aridità e voler dolcezze nell’orazione! ...
Guardatevene assolutamente, sorelle! Abbracciate la
croce che il vostro Sposo portò sulle spalle,
convincendovi di non dover fare che questo.
Colei che per suo amore saprà patire di
più, patisca, e sarà la più
felice. Quanto al resto,mritenetelo per accessorio.
E se il Signore ve lo darà, ringraziatelo
senza fine.
8 – In fatto di sofferenze esterne, vi parrà
d’essere pronte a sopportarle, purché Dio vi
consoli interiormente.
Ma il Signore sa meglio di noi quello che ci
conviene, e non ha certo bisogno che lo consigliamo
noi. Alle nostre richieste potrebbe rispondere, e a
ragione: Non sapete quello che domandate!
L’unica brama di chi vuol darsi all’orazione – non
dimenticatelo mai, perché è
importantissimo – dev’essere di fare di tutto per
risolversi e meglio disporsi a conformare la sua
volontà a quella di Dio.
In questo, come appresso dirò, sta la
più grande perfezione che si possa bramare.
Più questa conformità sarà
perfetta, maggiori grazie si riceveranno da Dio, e
maggiore sarà pure il progresso nel cammino.
Non crediate che si tratti di qualche nuova
astruseria o di cose mai conosciute ed intese: il
nostro bene sta tutto qui. Se sbagliamo fin da
principio, volendo che il Signore faccia la nostra
volontà e ci conduca per dove vogliamo noi,
che saldezza potrà avere l’edificio?
Procuriamo invece, per quanto è da noi, di
evitare qualsiasi contatto con le bestie velenose,
perché spesso il Signore permetterà
che le aridità e i pensieri cattivi ci
perseguitino ed affliggano senza che sappiamo
allontanarli.
Altre volte poi permetterà che ne rimaniamo
morsicati per insegnarci a star più attenti e
vedere se ci dispiace di averlo offeso.
9 – Perciò, se qualche volta cadete, non
dovete così avvilirvi da lasciare d’andare
innanzi. Da quella caduta il Signore saprà
cavare del bene, come il venditore di triaca, che
per far prova della sua efficacia beve prima il
veleno.
Quando non vi fosse altro mezzo per misurare la
nostra miseria e vedere il danno che ci proviene
dalle dissipazioni, vi sarebbe sempre la lotta che
dobbiamo sostenere per tornare a raccoglierci.
Ov’è male più grande che non poterci
ritrovare in casa nostra? E se in casa nostra non ci
sentiamo soddisfatti, forse che possiamo sperare di
sentirci tali in casa altrui, quando pare che ci
muovan guerra fin gli stessi amici e parenti
più stretti, con i quali, di buona o mala
voglia, dobbiamo pur vivere, come sono le nostre
potenze, che con ciò sembrano vendicarsi di
quanto han dovuto subire da parte dei nostri vizi?
Pace, pace, sorelle mie!
Questa è la parola del Signore, da lui tante
volte ripetuta ai suoi apostoli. Se non abbiamo e
non procuriamo di trovar pace in casa nostra, tanto
meno – credetemi – la troveremo in casa altrui.
Per il sangue che Cristo sparse per noi, finisca
ormai questa guerra! Lo chiedo a chi non ha ancora
cominciato a rientrare in se stesso, mentre a chi ha
cominciato, chiedo che la prospettiva della lotta
non lo faccia tornare indietro.
Pensi che la ricaduta sarebbe peggiore della caduta;
ne intravegga la rovina, confidi, non in se stesso,
ma nella misericordia di Dio; e il Signore lo
condurrà da una mansione all’altra, sino a
dove le bestie non solo non lo potranno più
toccare né molestare, ma dove egli le
terrà soggette e le burlerà, godendo,
fin da questa vita, tale abbondanza di beni da
superare qualsiasi desiderio.
10 – Come ho detto in principio, ho già
parlato altrove del modo con cui dovete comportarvi
nelle inquietudini suscitate dal demonio, e come per
cominciare a raccogliersi e perseverare nel
raccoglimento si deve agire non a forza di braccia,
ma soavemente e con dolcezza. Qui non voglio
aggiungere che questo: cioè, che secondo il
mio parere, giova molto trattare di queste cose con
persone sperimentate, acciocché non si creda
di pregiudizio al raccoglimento anche il disbrigo
delle occupazioni necessarie.
Purché non abbandoniamo l’orazione, il
Signore volge tutto in nostro bene, anche se nessuno
ce ne dica il modo. Ma se commettiamo questo
sbaglio, non c’è altro rimedio che tornare a
riprenderla, sotto pena d’indebolirci sempre
più. E piaccia a Dio che ce n’accorgiamo!
11 – Ma – potrebbe qualcuno pensare – se tornare
indietro è tanto pericoloso, è meglio
neppur cominciare, ma star fuori del castello.
Vi ho già detto in principio – ed è
parola di Dio che chi ama il pericolo in esso
perisce, e che la porta del castello è
l’orazione.
Ora, pretendere di entrare nel cielo senza prima
entrare in noi stessi per meglio conoscerci e
considerare la nostra miseria, per vedere il molto
che dobbiamo a Dio e il bisogno che abbiamo della
sua misericordia, è una vera follia.
Il Signore dice: Nessuno va al Padre se non per me.
(Non so se dica proprio così; a me pare di
sì). E ancora: Chi vede me, vede il Padre
mio. Ora, se noi non lo guardiamo mai, né mai
consideriamo quello che gli dobbiamo, né la
morte che ha subito per noi, non so come possiamo
conoscerlo e servirlo.
E senza queste opere di suo servizio, che valore
avrà la nostra fede? E che valore
avranno le nostre opere separate che siano dai
meriti inestimabili di Gesù Cristo nostro
Bene?
E allora, chi ci indurrà ad amare il Signore?
Piaccia a Sua Maestà di farci intendere
quanto gli siamo costati, quanto non convenga che il
servo sia da più del padrone, che per salire
alla gloria occorre lavorare e che bisogna pregare
per non andare sempre in tentazione.
Della poca sicurezza che si ha in questo esilio,
nonostante la sublimità dello stato nel quale
si possa essere, per cui bisogna andar sempre con
timore – Alcuni avvisi importanti.
1 – A coloro che per misericordia di Dio hanno
superato tutti questi combattimenti, e con la loro
perseveranza sono entrati nelle terze mansioni, che
cosa diremo se non: Beato l’uomo che teme il
Signore?
Dato il mio rozzo ingegno, non è piccola
grazia che Sua Maestà mi faccia intendere,
proprio in questo momento, il senso del suaccennato
versetto in lingua volgare. Sì, a ragione li
chiamiamo beati, perché seguono una via che,
per quanto ci è dato di vedere, li
condurrà al porto della salute, purché
non tornino indietro. Comprendete da ciò,
sorelle, quanto importi vincere le battaglie che
precedono, dopo le quali il Signore – ne son certa –
non lascerà di darci sicurezza di coscienza,
il che non è piccolo beneficio.
Ho detto sicurezza, ma ho detto male, perché
in questa vita la sicurezza non si può mai
avere, per cui, tutte le volte che ne
parlerò, sottintendete sempre: a patto che
non si abbandoni il cammino incominciato.
2 – Oh, la sventura di dover vivere in questa vita,
nella quale occorre essere sempre come coloro che
avendo i nemici alla porta, non possono lasciar le
armi neppure per mangiare e dormire, ma star in
continua apprensione che da qualche parte si dia
l’assalto alla fortezza!
Oh, Signor mio e mio Bene! Come volete che si ami
una vita così infelice, e si lasci di bramare
e di chiedere d’esserne liberati?
Ciò non sarebbe che con la speranza di
perderla per amor vostro, o di spenderla tutta per
vostro servizio, sicuri con questo d’esser vostra
volontà che continuiamo a vivere.
In caso contrario, mio Dio, moriamo pure con Voi,
come disse S. Tommaso, (Eamus et nos ut moriamur cum
eo. (Gv 11, 16)) perché vivere senza di Voi e
nel timore di perdervi per sempre, non è che
un morire mille volte.
Perciò vi dico, figliuole, di non domandare
altra beatitudine che di entrare nella sicurezza dei
beati. Che gioia si può mai avere in mezzo a
tanti timori, quando non si vuol altra gioia che di
contentare il Signore?
Considerate che in queste disposizioni, ed in altre
ancora più perfette, erano pure certi santi
che poi caddero in gravi peccati. Si aggiunga poi
che non siamo sicuri che Dio abbia a stendere la
mano pure a noi, mediante qualche suo aiuto
particolare, per cavarci da quello stato e darci
modo di far penitenza.
3 – Per conto mio, figliuole, quando questo pensiero
mi si presenta alla mente – ciò che mi
succede assai spesso – mi sento così
rabbrividire che non so come riesca a scrivere, e
nemmeno come continui a vivere. Pregate, figliuole
mie, perché Sua Maestà viva sempre in
me: con una vita così male impiegata come la
mia, non so proprio come mettermi tranquilla.
Non affliggetevi se vi parlo così. Ho visto
altre volte che, quando vi parlo in questo modo, voi
vi rattristate, e ciò per il fatto che mi
volete una gran santa.
Avete ragione, e lo vorrei essere anch’io. Ma che
devo fare, se per colpa mia ho perduto ogni cosa?
Certamente non posso lamentarmi di Dio,
perché Egli mi ha dato tutti gli aiuti
sufficienti per realizzare i vostri desideri, e io
mai me ne ricordo senza versare grandi lacrime. Che
confusione, intanto, dover scrivere per anime che mi
possono fare da maestre! Che dura obbedienza
è mai questa per me!
Piaccia a Dio, per amor del quale io scrivo, che
ciò vi sia di vantaggio, e pregatelo di
perdonare a questa miserabile e temeraria creatura!
Sa bene il Signore che non posso in altro sperare
che nella sua misericordia. Ed essendomi impossibile
di non essere quella che sono, non mi resta che di
appoggiarmi alla sua clemenza e di confidare nei
meriti di suo Figlio e della Vergine sua Madre di
cui indegnamente porto l’abito.
E voi, figliuole mie, che pure lo portate,
ringraziate Iddio di essere le vere figlie di questa
Signora, perché avendo in lei una Madre
così grande, non siete costrette a
vergognarvi di me, che sono tanto cattiva.
Imitatela, considerate la grandezza e il vantaggio
che abbiamo nell’avercela a Patrona, e come non
siano stati sufficienti i miei peccati e la mia
misera vita a scemare, neppur di poco, lo splendore
del suo sacro Ordine.
4 – Vi voglio dare un consiglio. Non per questo che
siete in un tal Ordine e con una tal Madre e Patrona
dovete credervi sicure.
David era molto santo, ma ben sapete chi sia stato
Salomone. (Salomone era figlio di David, ma nella
sua tarda età rinnegò il vero Dio per
darsi al culto degli dei stranieri.)
Non fidatevi né della stretta clausura,
né della penitenza che fate. Nemmeno vi
assicuri la vostra costante occupazione nelle cose
di Dio, nel, continuo esercizio dell’orazione e nel
ritiro assoluto dal mondo, che vi pare anzi di
odiare. Tutto questo è buono; ma non deve
bastare a farvi smettere di temere.
Ripetete invece quel che dice il salmo, e
ricordatelo spesso: Beatus vir qui timet Dominum!
5 – Mi sono tanto divagata che non ricordo
più cosa stavo dicendo. Quando penso alla mia
miseria, mi si tarpano le ali e divengo incapace di
dir alcunché di buono, per cui non voglio
più parlarne. Torniamo, dunque, a quello che
ho cominciato a dire circa le anime che sono entrate
nelle terze mansioni.
Non è piccola la grazia che il Signore ha
fatto loro nell’aiutarle a vincere le prime
difficoltà. Esse ora – e credo che ve ne
siano molte nel mondo, per misericordia di Dio –
desiderano ardentemente di non offendere il Signore,
si guardano anche dai peccati veniali, amano la
penitenza, hanno le loro ore di raccoglimento,
impiegano bene il tempo, si esercitano in opere di
carità verso il prossimo, sono molto regolate
nel parlare e nel vestire, e quelle che hanno
famiglia la tengono assai bene.
Il loro stato è degno d’invidia, e non vi
è nulla, a quanto sembra, che possa loro
impedire anche l’ultima mansione, come di certo non
lo impedirà loro il Signore, purché
esse lo vogliano, essendo troppo bella questa loro
disposizione per non attirarsi tutte le grazie di
Gesù.
6 – O Gesù!.. Chi è fra voi, sorelle,
che innanzi a un bene così grande abbia a
dire di non volerne sapere, specialmente dopo aver
già superato quello che è più
penoso?
Nessuna certo.
Sì, diciamo tutte di volerlo, ma per divenire
vere anime di Dio non basta volerlo, come non
è bastato al giovane che fu interrogato dal
Signore se voleva essere perfetto. Da quando ho
cominciato a parlare di queste mansioni, l’immagine
di quel giovane mi è sempre dinanzi,
perché qui ci troviamo nelle sue medesime
condizioni, né più né meno.
Le aridità che si provano nell’orazione hanno
varie cause, ma il più delle volte derivano
da questo. Non parlo già di quelle pene
interiori, veramente intollerabili che molte anime
buone soffrono senza loro colpa, e dalle quali il
Signore le fa poi uscire con vantaggio. Nemmeno
parlo di coloro che van soggetti a melanconia o ad
altre infermità, dato che in ogni cosa
bisogna sempre risalire ai giudizi di Dio.
Io tengo per certo che causa ordinaria delle
aridità sia appunto quello che ho detto.
Siccome queste anime sentono che per nulla al mondo
commetterebbero un sol peccato – e molte di esse
neppure un peccato veniale avvertito – e vedono che
impiegano bene la loro vita e le loro ricchezze, non
sanno sopportare con pazienza di trovar chiusa la
porta dell’appartamento del Re, di cui si tengono e
sono vassalle. Non riflettono però che molti
sono i vassalli anche intorno ai re della terra, ma
che non tutti possono entrare nella loro stanza.
Figliuole mie, rientrate in voi stesse e non
curatevi dei vostri piccoli atti di virtù,
giacché, come cristiane, siete obbligate a
farne di ben altri.
Contentatevi di essere le vassalle di Dio e non
pretendete di più, per non rischiare di
perdere ogni cosa. Considerate i santi che sono
entrati nell’appartamento reale, ed esaminate la
differenza che ci separa da loro.
Non domandate quello che non avete meritato.
Veramente, dopo aver offeso Dio, non dovremmo neppur
pensare di aver diritto a qualche cosa, nemmeno se
poi l’avessimo servito molto! ...
7 – O umiltà, umiltà!... Non so per
che motivo non posso lasciar di credere che sia per
mancanza di umiltà se costoro tanto si
affliggono per le aridità che soffrono.
Ripeto che non parlo di quelle grandi pene interiori
a cui ho accennato e che sono assai di più
d’una semplice mancanza di devozione.
Proviamoci da noi stesse, sorelle! Meglio, ci provi
il Signore che sa farlo assai bene, malgrado ogni
nostra ripugnanza!..
Veniamo ora a queste anime così ben regolate,
osserviamo cosa fanno per Iddio e vedremo subito che
non c’è motivo di lamentarci di Lui.
Se quando ci dice quello che dobbiamo fare per
essere perfette, noi gli volgiamo le spalle e ce ne
andiamo con tristezza, come il giovane del Vangelo,
cosa volete che faccia, dato che ci deve premiare a
seconda dell’amore che gli portiamo?
Si pensi inoltre che quest’amore non dev’esser
frutto di immaginazione, ma provato con opere.
Però non bisogna neppur credere che Egli
abbia bisogno di queste opere: ciò che
importa è la determinazione della
volontà.
8 – Ci parrà di aver fatto ogni cosa
perché portiamo l’abito religioso, assunto di
nostra spontanea volontà, e abbiamo
abbandonato per Iddio tutte le cose del mondo e
quanto in esso avevamo.
Forse non saranno state che le povere reti di S.
Pietro. Tuttavia a chi dà quanto ha, sembra
di dar molto. E questa è già una
buonissima disposizione, purché si perseveri
e non si torni fra i rettili delle prime mansioni,
neppure con il desiderio.
Se si persevera in questo spogliamento ed abbandono
di ogni cosa, si otterrà quanto si brama, a
condizione però – e lo raccomando moltissimo
– che ci si tenga per servi inutili, come dice S.
Paolo, ovvero Gesù Cristo, (Servi inutiles
sumus: quod debuimus facere fecimus. Appunto
Gesù Cristo in Luca 17, 10.) né mai si
creda che Dio sia obbligato a darci quei favori
quasi a premio di quello che si fa.
Non bisogna inoltre dimenticare che chi più
riceve, più è obbligato a dare. E
allora, che cosa possiamo fare per un Dio
così generoso che è morto per noi, che
ci ha creati e ci conserva nell’essere, se non
ritenerci felici di ripagare, almeno in parte, il
molto che gli dobbiamo per i grandi servizi che ci
ha resi? Sì, è a malincuore che uso
queste espressioni, ma è la pura
verità: in tutto il tempo di sua vita il
Signore non ha fatto che servirci. E noi oseremo
chiedergli anche delizie e favori?
9 – Considerate attentamente, figliuole, alcuni
avvisi che qui ho accennato solo in confuso per non
sapermi spiegare. Il Signore ve li farà
meglio comprendere per aiutarvi a ricavare dalle
aridità, non già inquietudine, come il
demonio pretende, ma sentimenti di umiltà.
Quando un’anima è veramente umile, anche se
Dio non le dà consolazioni, le darà
sempre – siatene persuase – tal pace e
conformità da sentirsi più contenta
delle altre, nonostante tutte le loro delizie.
Le consolazioni Egli le comparte ai più
deboli: spesso è così, e l’avrete
letto anche voi.
E questi non le cambierebbero di sicuro con le
energie delle anime che camminano nelle
aridità, perché, purtroppo, siamo
più amici delle consolazioni che delle croci.
Ma voi, o Signore, che sapete ogni cosa, metteteci
alla prova, per farci conoscere chi siamo!
Capitolo 2
Prosegue sul medesimo argomento e tratta delle
aridità dell’orazione e di quello che nem
potrebbe venire. – È necessario che ci
mettiamo alla prova – Come il Signore provi le anime
che si trovano in queste mansioni.
1 – Ho conosciuto alcune anime – anzi, credo di
poter dire molte – che avendo raggiunto questo
stato, vivevano da molti anni, a quanto se ne poteva
giudicare, in grande rettitudine e regolarità
di vita, sia interna che esterna.
Ciò nonostante, quando pareva che già
dominassero tutto il mondo, o per lo meno che ne
fossero pienamente disingannate, bastava che Sua
Maestà le mettesse alla prova, e in cose non
gravi, che subito cadevano in tanta inquietudine e
turbamento di spirito che io ne rimanevo attonita e
molto turbata. Dar consigli è inutile.
Col pretesto che da tanto tempo fan professione di
virtù, si credono in grado di insegnare agli
altri, e pensano di aver tutte le ragioni per essere
sensibili a quelle prove.
2 – Io non ho trovato e non trovo altro rimedio per
consolare tali anime, che mostrarsene grandemente
afflitti, come del resto se n’ha motivo nel vederle
soggette a cosa grande miseria.
Non bisogna contraddirle nel loro modo di vedere,
perché sanno illudersi così bene con i
loro ragionamenti da credere che patiscono per amor
di Dio, giungendo infine – altro inganno per anime
tanto avanzate! – a non mai persuadersi della loro
imperfezione.
Nessuna meraviglia che le prove si sentano, ma mi
pare che ciò dovrebbe essere per poco.
Iddio, volendo che i suoi eletti tocchino con mano
la loro miseria, sottrae un poco il suo favore: e
questo basta per dar loro a conoscere chi sono.
L’esito della prova si manifesta immediatamente, ed
essi non tardano molto a riconoscere quanto siano
imperfetti giacché la pena che alle volte ne
hanno, è meno per la causa che dovrebbe
produrla, che per l’umiliazione di vedersi tanto
sensibili, benché non lo vogliano, per delle
cose di così scarsa importanza.
Tuttavia, credo che anche questo sia una grande
grazia di Dio, perché, sebbene imperfezione,
è molto utile per l’umiltà.
3 – Non così invece delle persone di cui
sopra. Esse canonizzano nella loro mente le prove
che soffrono e vorrebbero che le canonizzassero
anche gli altri. Ne voglio dare qualche esempio per
poterci meglio conoscere e saperci mettere alla
prova prima che ci provi il Signore, essendo assai
vantaggioso conoscerci e farci trovar preparate.
4 – Una persona ricca, senza figli ed eredi a cui
lasciare i suoi beni subisce una perdita di denaro.
Tuttavia con quello che le rimane, può
sopperire ai bisogni suoi e della casa, e ne ha pure
d’avanzo.
Ora, se questa persona si lascia andare a tanta pena
come se non le sia rimasto neppure un pane per
cibarsi, in che modo il Signore potrà
chiederle di abbandonare tutto per amor suo?
Vi dirà che se ne affligge perché ne
scapitano i poveri... Ma io credo che, più
dell’elemosina, il Signore desideri che io mi
conformi al suo volere, mantenendomi in pace.
Se quella persona non arriva a tanto, perché
Dio non l’ha portata a grande perfezione, poco
importa: si persuada però di non avere ancora
libertà di spirito, e in tal modo si
disporrà a riceverla, purché la
domandi.
Ecco un’altra che, quanto al suo sostentamento, ne
ha abbastanza ed anche d’avanzo. Le si presenta
un’occasione di fare acquisto di maggiori ricchezze.
Riceverle, se vengono date, passi; ma procurarle, e,
dopo averle ottenute, affaticarsi per acquistarne di
più, abbia pure le migliori intenzioni del
mondo – e veramente ottime dovrà averle,
trattandosi di persona virtuosa e di orazione – stia
pur sicura che non arriverà mai alle mansioni
superiori, più vicine al Re.
5 – Altrettanto si dica qualora accada qualche cosa
per cui siano disprezzate, o perdano un po’ del loro
onore. Il Signore, che pubblicamente ama onorare la
virtù, spesso darà loro grazia di
sopportare quell’affronto, affinché non ne
scapiti la virtù di cui sono credute in
possesso, oppure per ricompensarle – sempre buono
questo nostro Bene! – dei servizi che gli hanno
resi.
Tuttavia rimarranno con una certa inquietudine da
cui non sapranno liberarsi, o per lo meno non tanto
presto. Dio buono! E non son essi, che meditano da
tempo sulla passione del Signore, sui vantaggi dei
patimenti e che patire desiderano?... E poi vogliono
che tutti vivano come loro!... E piaccia a Dio che
ancora non credano di soffrire in pena dei peccati
altrui, ritenendo meritorie quelle loro afflizioni!
...
6 – Ciò, sorelle, vi parrà fuor di
luogo, o, per lo meno, non detto per voi,
perché qui queste cose non avvengono. Non
solo non abbiamo ricchezze, ma non le cerchiamo e
neppure le vogliamo; e non vi è alcuno che ci
dica ingiurie.
Ma questi son paragoni, non fatti. Tuttavia si
applicano assai bene a molte evenienze della nostra
vita, che qui non è il caso di specificare,
non essendovene motivo.
Da ciò intanto potete conoscere se siete
veramente staccate da quello che avete lasciato.
Mezzi per mettervi alla prova non vi mancano,
perché certe cosette, sia pure di genere
diverso, si presentano anche qui, e con esse vi
è dato di vedere se siete padrone delle
vostre passioni.
L’importante – credetemi – non è nel portare
o nel non portar l’abito religioso, ma nel praticare
1a virtù, nel sottometterci in tutto allo
volontà di Dio, affinché la nostra
vita scorra in conformità delle sue
disposizioni, e nel non volere che si faccia la
nostra, ma la sua volontà.
Giacché a tanto non siamo ancora arrivate,
umiltà, ripeto. Essa è l’unguento di
ogni ferita, e se ne fossimo ben fornite, Dio, che
è il chirurgo, non tarderebbe molto a
guarirci.
7 – Le penitenze di queste anime sono così
ben misurate, come tutta la loro vita. Ci tengono
molto alla vita! Ciò, dicono, per poter
servire il Signore: il che non è male. E
così, di penitenze, ne fanno con molta
discrezione, per non compromettere la salute. Non
abbiate paura che si ammazzino!... In questo i loro
occhi sono molto aperti, né l’amore in esse
è così forte da farle andare in
delirio.
Ma io vorrei che non ci contentassimo di servire
Iddio in questo modo, sempre così lento da
non mai giungere alla meta. Eppure crediamo di
camminare, ed anche di stancarci!...
Ma è un camminare faticoso; e sarà
molto se non perderemo la strada. Se per recarci, da
un paese a un altro sono sufficienti otto giorni di
viaggio, vi par forse ben fatto impiegarvi un anno
intero, per nevi ed acque, fra alberghi e cattivi
sentieri?
Non è meglio far tutto in un istante,
specialmente quando vi sia anche il pericolo dei
serpenti?... Che buone prove potrei addurvi intorno
a ciò!
Voglia Iddio che io non sia ancora a questo punto,
perché molte volte mi sembra di sì!...
8 – Camminando con tante precauzioni, si vedono
pericoli dovunque, si prende paura di tutto, e non
si ha coraggio di andare innanzi. Oh, poter arrivare
a quelle mansioni, lasciando agli altri far la
strada per noi!...
Ma siccome questo è impossibile, facciamoci
coraggio; sorelle mie, mettiamo nelle mani di Dio le
nostre ragioni e i nostri timori, dimenticandoci
della nostra naturale debolezza che ci potrebbe
preoccupare.
La cura del nostro corpo l’abbiano i Superiori: ci
pensino essi!
A noi soltanto l’accelerare il passo per poter
vedere il Signore. Benché in questa casa non
abbiate che poco o nessun sollievo, tuttavia la
preoccupazione della salute vi potrebbe molto
ingannare, senza che per questo ne aveste una
migliore. Io lo so per esperienza, come so che
l’importante non sta nelle austerità
corporali, le quali, dopo tutto, non sono che
accessorie. Accelerare il passo vuol dire grande
umiltà.
E se mi avete bene intesa, avrete capito che in
questo è il torto di coloro che non vanno
innanzi.
Quanto a noi, non crediamo mai, anzi, sforziamoci di
credere di non aver fatto che pochi passi, e di
pensare che le nostre consorelle ne facciano assai
di più.
Non solo dobbiamo desiderare di essere tenute per le
più miserabili, ma procurare che ne siano
tutti persuasi.
9 – In questo modo saliremo di molto. In caso
contrario staremo tutta la vita nel medesimo posto,
fra mille pene e miserie. Non essendoci mortificate,
il viaggio ci diverrà noiosissimo e pesante,
mentre gli altri, liberatisi da ogni impaccio,
saliranno alle mansioni, di cui mi resta da parlare.
Iddio giusto e misericordioso, i cui doni sono
sempre superiori ai nostri meriti, non lascia senza
ricompensa neppur coloro che dimorano in queste
terze mansioni, e dà loro contenti
così grandi che superano di molto tutti i
piaceri e i divertimenti della terra.
Ma credo che non li favorisca di troppi gusti
spirituali, se non per qualche volta e a ragione
d’invito, allo scopo di far loro vedere quello che
si gode nelle altre mansioni, affinché si
dispongano ad entrarvi.
10 – Vi sembrerà che i contenti e i gusti
spirituali siano un tutt’uno, e mi domanderete
perché ne faccio la distinzione.
A me pare, che siano molto diversi, ma potrei anche
ingannarmi.
Dirò quello che ne penso nelle quarte
mansioni che verranno dopo, nelle quali il discorso
sarà più a proposito, dovendosi
parlare delle delizie che il Signore vi comparte.
Benché sembri inutile trattarne, può
darsi che ne ricaviate vantaggio, perché,
conoscendo bene una cosa e l’altra, vi sforzerete
per seguire la migliore. Oltre a ciò, le
anime che Dio eleva fin là, vi troveranno un
soggetto di consolazione, mentre ne avranno
confusione quelle che già credono di aver
tutto.
Però, se queste sono umili, ne ringrazieranno
il Signore, mentre in caso contrario ne avranno un
segreto dispiacere, quantunque senza motivo,
perché 1a perfezione, come pure il premio,
non è di chi ha più delizie, ma di chi
ama di più, e meglio opera secondo giustizia
e verità.
11 – Se ciò è vero, come infatti
è, mi domanderete a che serve trattare di
queste grazie interiori e far intendere che cosa
siano. Non lo so neppur io: bisogna domandarlo a chi
mi ha comandato di scrivere.
Mio dovere non è già di disputare con
i Superiori – ciò che è affatto
sconveniente – ma di obbedire. Tuttavia, ecco quello
che vi posso dire.
Prima ancora di ricevere queste grazie, quando non
solo non ne avevo l’esperienza, ma neppure pensavo
di averla – e ciò a ragione, perché
troppo bello sarebbe stato per me se avessi potuto
supporre che almeno in qualche cosa piacevo a Dio –
se mi avveniva di leggere le grazie e le
consolazioni di cui Egli favorisce le anime che lo
servono, ne provavo vivissima gioia, e la mia anima
lodava molto il Signore.
Ora, se facevo io così, nonostante la mia
grande miseria, forse che non lo loderanno assai di
più le anime virtuose e umili? Perciò,
se non si ottenesse che di farlo lodare anche solo
da un’anima, sarebbe sempre ben fatto, a mio avviso,
comprendere e far comprendere le delizie che per
colpa nostra perdiamo.
Si aggiunga inoltre che se questi favori procedono
da Dio, producono tanto amore ed energia da
permetterci di camminare con minor fatica e di andar
crescendo in buone opere e virtù. Quello che
importa è di non fermarci colpevolmente.
Se ciò non avviene, il Signore è
giusto e ci darà per altre vie quello che ci
nega per questa!
Egli ne conosce i motivi, e i suoi segreti sono
occulti, ma è fuor di dubbio che è
sempre per un nostro maggior bene.
12 – Le anime che per bontà di Dio sono
giunte a questo stato – favore non piccolo, per
essere vicinissime a salire più in alto –
approfitteranno molto, secondo me, se cercheranno di
esercitarsi attentamente nella prontezza
dell’obbedienza.
Pur non trattandosi di persone religiose, sarebbe
assai utile, come molti già fanno, avere una
guida da cui dipendere per rinnegare in tutto la
propria volontà, causa ordinaria di ogni
nostra rovina: perciò, non una guida che
abbia le stesse nostre vedute e agisca con troppi
riguardi, ma che sia staccata da tutto, non
essendovi nulla che più ci aiuti a ben
conoscerci quanto il trattare con persone che
apprezzino il mondo per quello che vale.
Oltre a ciò, vi sono cose che sembrano
impossibili; ma se vediamo che altri le fanno
facilmente, ne prendiamo coraggio e osservando il
loro volo ci eccitiamo a volare pure noi, come gli
uccelli che quando imparano a volare imitano a poco
a poco i loro genitori, senza far subito grandi
voli. E so che questo è molto utile.
Sebbene tali persone siano fermamente decise di non
offendere Dio, è sempre bene che si
allontanino da ogni occasione, perché essendo
ancora vicine alle prime mansioni, vi potrebbero
facilmente ritornare. Le loro forze non sono ancora
fondate sulla roccia, come quelle di coloro che,
essendosi esercitati nei patimenti, già
conoscono le tempeste del mondo, sanno che non si
devono temere e che i piaceri della terra non sono
da desiderarsi.
Esse invece potrebbero tornare indietro anche per
una sola di quelle grandi tempeste che il demonio sa
ordire a nostro danno.
Se mosse da retto zelo, volessero impedire i peccati
altrui, potrebbero non saper resistere ai pericoli
in cui verrebbero a trovarsi.
13 – Badiamo ai nostri difetti, e non occupiamoci
degli altrui...
Ma è proprio di queste persone circospette
meravigliarsi di tutto, mentre in quello che
più importa, forse potrebbero molto imparare
da quelli stessi di cui tanto si meravigliano! Forse
li superano nella compostezza esteriore e nella
modestia del tratto, ma per buono che ciò
sia, non è quello che più valga.
Non è ragionevole pretendere che camminino
tutti per la nostra strada: tanto meno poi insegnare
il cammino della perfezione quando non si sa neppure
cosa sia.
Anche se questi desideri del bene altrui ci siano
ispirati da Dio, vi si possono commettere molti
sbagli. Per cui è meglio attenerci a quanto
prescrive la nostra Regola, vale a dire: Vivere
sempre nel silenzio e nella speranza.
Delle anime altrui avrà cura Iddio; e noi
saremo ad esse più utili se cercheremo di
raccomandarle al Signore. Sia Egli per sempre
benedetto!
Capitolo 1
Contenti e soddisfazioni che si provano
nell’orazione, e in che si distinguano dai gusti
spirituali – Gioia provata nell’intendere la
differenza tra l’immaginazione e l’intelletto, cosa
assai utile per coloro che durante l’orazione vanno
soggetti a molte distrazioni
1 – Per parlare delle quarte mansioni devo
raccomandarmi, come ho già fatto, allo
Spirito Santo e supplicarlo che parli in luogo mio,
non altrimenti che per poter dire e far capire
qualche cosa delle mansioni che rimangono.
Qui comincia il soprannaturale, parlar del quale
è assai difficile, a meno che non mi aiuti
Sua Maestà, come ha fatto in un altro mio
scritto dove, – circa quattordici anni fa – ho
riferito quello che ne avevo inteso. Presentemente,
mi sembra di avere un po’ più di luce su
questi favori che Dio accorda alle anime; ma quanto
a spiegarli, è un’altra cosa.
Se Dio vuole che ne ricaviate qualche utile, li
spieghi Lui, altrimenti lasci stare...
2 – Queste mansioni, essendo più vicine
all’appartamento reale, sono di una magnificenza
così grande e contengono meraviglie
così stupende che invano si sforza
l’intelletto a cercar termini sufficienti per
riprodurle meno imperfettamente. Coloro che non
hanno esperienza vi troveranno molte
oscurità, mentre gli altri mi comprenderanno
benissimo, soprattutto se la loro esperienza
sarà grande.
Parrà che per arrivare a queste mansioni
occorra aver vissuto a lungo nelle altre. Se in via
ordinaria è vero che bisogna passare per le
mansioni precedenti, tuttavia, come avrete sentito
più volte, non è di regola assoluta,
perché Dio distribuisce i suoi beni come
vuole, quando vuole e a chi vuole, senza far
ingiuria ad alcuno.
3 – Le bestie velenose entrano raramente in queste
mansioni; e se vi entrano, invece di far danno, sono
piuttosto di vantaggio. Anzi, in questo grado di
orazione è meglio secondo me, che esse vi
entrino e vi scatenino la guerra, perché in
mancanza di altre tentazioni può darsi che il
demonio s’intrometta nelle consolazioni di Dio e
inganni le anime, facendo loro maggior danno che non
con le solite tentazioni. Tali anime, infatti, non
vi guadagnano che ben poco, perché il maligno
toglie loro ogni occasione di merito con lasciarle
in continua pace. La quale, quando è sempre
nello stesso grado, non mi pare molto sicura,
essendo impossibile in questa vita che lo Spirito di
Dio stia in noi sempre nel medesimo modo.
4 – Parliamo ora di ciò che ho promesso, vale
a dire della differenza fra i contenti che si
provano nell’orazione e i gusti spirituali.
Con il nome di contenti mi pare si possano intendere
quei sentimenti soavi che ci procuriamo da noi,
facendo meditazione o pregando il Signore.
Benché siano effetto di nostra industria,
richiedono sempre il concorso di Dio: cosa che
bisogna sottintendere in qualsiasi fatto che
verrò esponendo, perché senza di Lui
non possiamo far nulla.
Si hanno contenti anche dalle buone opere che
facciamo, in quanto che, vedendovi un frutto del
nostro lavoro, godiamo d’esserci impiegati in tal
modo.
Ma, pensandoci bene, vediamo che si provano i
medesimi sentimenti anche per molte cose terrene,
come per una grande fortuna che ci venga
inopinatamente, per l’incontro improvviso di una
persona molto cara, per il buon esito di un affare
importante o di un’altra cosa assai grave che ci
attiri l’approvazione di tutti, oppure per veder
ritornare vivo il marito, un fratello, un figlio di
cui si era già pubblicata la morte.
Vi sono contenti così grandi che perfino fan
piangere, come io stessa ho veduto e come qualche
volta è successo anche a me. Ora, se questi
contenti sono naturali, tali mi sembrano anche
quelli che procedono dalle cose di Dio.
Se i primi non sono cattivi, i secondi sono
più nobili, perché cominciano da noi e
finiscono in Dio, mentre i gusti cominciano da Dio e
si fanno sentire dalla natura, procurandoci tanto
piacere quanto í contenti di poco prima, e
assai di più.
Oh, Gesù, se mi potessi spiegar meglio!... Mi
par di vedervi una grandissima differenza, ma non so
come farmi capire. Lo faccia il Signore!...
5 – Mi ricordo in questo momento del versetto che
diciamo in fine all’ultimo salmo di Prima: Cum
dilatasti cor meum (Quando dilatasti il cuor mio,
Sal 118, 32).
Chi ha grande esperienza non ha bisogno di altro per
conoscere la differenza in questione; ma per chi non
ne ha, occorrono più ampie spiegazioni.
I contenti sopra accennati, non solo non dilatano il
cuore, ma pare, in via ordinaria, che lo stringano
alquanto, nonostante derivino dal vedere che si
lavora per Iddio. Sgorgano pure certe lacrime
angosciose, che sembrano quasi spremute da passione.
Ignorante come sono, so ben poco di ciò che
siano le passioni dell’anima. Se lo sapessi, e
sapessi distinguere ciò che procede dalla
nostra natura e sensibilità, mi farei capire
un po’ meglio. Certe cose le saprei meglio
dichiarare se, oltre averle provate per esperienza,
le avessi anche intese. Lo studio e la scienza sono
utilissimi in ogni cosa.
6 – L’esperienza da me avuta di questo stato, vale a
dire dei contenti e dei gusti della meditazione,
consisteva in questo, che se pensando alla passione
del Signore mi mettevo a piangere, non potevo
più cessare se non quando mi sentivo la testa
indolenzita. E altrettanto mi accadeva quando
pensavo ai miei peccati: tutte cose che costituivano
per me una grande grazia di Dio.
Presentemente non voglio esaminare quale dei due
fenomeni sia il migliore, sei contenti o i gusti
spirituali, ma soltanto dirne la differenza.
In queste lacrime e desideri vi concorre alle volte
la natura, in quanto dipendono dalle nostre
disposizioni; ma, come ho detto, benché
provengano da tali cause, finiscono sempre in Dio, e
perciò si devono molto stimare, purché
entri l’umiltà a farci conoscere che non per
questo siamo migliori degli altri. Non si può
infatti sapere se tali effetti provengano tutti
dall’amore, nel qual caso sarebbero un puro dono di
Dio.
Per lo più queste devozioni sono delle anime
che stanno nelle mansioni precedenti, dove il lavoro
consiste quasi sempre nel meditare e nel discorrere
con l’intelletto.
In ciò esse fanno bene, non essendo loro
concesso di più.
Ma sarebbe meglio che ogni tanto si occupassero in
far atti di lode e d’amore di Dio, rallegrandosi
della sua bontà e del suo essere divino,
desiderando il suo onore e la sua gloria: e
ciò nel miglior modo possibile, perché
si tratta di sentimenti che eccitano molto la
volontà. Se il Signore ci concede di emettere
questi atti, guardiamoci bene dal troncarli sotto
pretesto che sia terminato il tempo di meditazione.
7 – Essendomi già dilungata altrove intorno a
ciò, non voglio aggiungere più nulla.
Desidero soltanto avvertirvi che per inoltrarsi in
questo cammino e salire alle mansioni a cui
tendiamo, l’essenziale non è già nel
molto pensare, ma nel molto amare, per cui le vostre
preferenze devono essere soltanto in quelle cose che
più eccitano all’amore.
Forse non sappiamo ancora in che consista l’amore, e
non mi meraviglio. L’amore di Dio non sta nei gusti
spirituali, ma nell’essere fermamente risolute a
contentarlo in ogni cosa, nel fare ogni sforzo per
non offenderlo, nel pregare per l’accrescimento
dell’onore e della gloria di suo Figlio e per
l’esaltazione della Chiesa cattolica.
Questi sono i segni dell’amore, non già non
distrarsi, quasi basti la più piccola
divagazione per mandare a monte ogni cosa.
8 – Per l’instabilità del pensiero, mi sono
trovata anch’io varie volte in grandissima
afflizione. Ma da poco più di quattro anni
sono giunta a conoscere, per esperienza, che il
pensiero, o, a meglio intenderci, l’immaginazione,
non è la stessa cosa che l’intelletto.
Ne ho interrogato un dotto ed ho saputo con mia
grande soddisfazione che veramente è
così. Non riuscivo infatti a spiegarmi come
mai l’intelletto, che pure è una potenza
dell’anima, rimanga alle volte intontito, mentre il
pensiero sia quasi sempre così instabile da
non poter esser fermato che da Dio.
E quando Dio lo ferma, ci par quasi d’esser fuori
dal corpo. Insomma, mi pareva che le potenze
dell’anima fossero occupate e stessero raccolte in
Dio, mentre il pensiero vagava in mezzo alle
distrazioni, e ciò mi stupiva.
9 – Prendete in acconto, o Signore, tutto ciò
che la nostra ignoranza ci fa soffrire in questo
cammino! Il male deriva dal credere che non si debba
far altro che pensare a Voi, per cui non osiamo
interrogare i dotti, né conosciamo di che
cosa abbiamo bisogno.
E così, per non intenderci, sopportiamo
terribili sofferenze, credendo alle volte che sia
grave peccato, non solo il cattivo, ma persino il
buono.
Da qui procedono le afflizioni di molte persone di
orazione – almeno di gran parte di quelle che sono
poco istruite – e il lamentarsi delle loro pene
interiori; da qui le malinconie, la perdita della
salute e l’abbandono definitivo dell’orazione: dal
non pensare, cioè, che abbiamo in noi un
mondo interiore.
Come non possiamo fermare il movimento del cielo che
continua sempre nella sua corsa vertiginosa,
così non possiamo fermare il pensiero.
E noi intanto, immaginandoci che dietro al pensiero
vadano anche le altre potenze,
crediamo di smarrirci e di impiegare malamente il
tempo che passiamo innanzi a Dio, quando invece
può darsi che mentre l’anima è assorta
in Lui nelle mansioni più elevate, il
pensiero si aggiri nelle vicinanze del castello
soffrendo e lottando fra una quantità di
bestie feroci e velenose, con grande suo merito.
Perciò non dobbiamo turbarci, né
abbandonare l’orazione, che è appunto lo
scopo del demonio, ma persuaderci che la maggior
parte di queste inquietudini e sofferenze derivano
dal non conoscere noi stessi.
10 – Proprio ora, mentre scrivo queste righe, mi
vien da osservare ciò che succede nella mia
testa.
Accenno al gran rumore di cui me la sento intontita,
così grande che in principio mi pareva di non
poter obbedire a chi mi aveva ordinato di scrivere.
Si direbbe che vi sian dentro fiumi molto grandi,
cascate di acqua, uccelli in gran numero e fischi: e
non già nelle orecchie ma nella
sommità della testa, dove, a quanto dicesi,
risiede la parte superiore dell’anima.
Andai soggetta a questo fenomeno molte altre volte,
e mi pare che il gran movimento dello spirito salga
in su velocemente. Piaccia a Dio che ricordi di
dirne la causa nelle mansioni seguenti,
perché qui non vien bene.
Può darsi che il Signore mi abbia mandato ora
questo mal di testa per farmelo meglio comprendere.
Ma nonostante il rumore di cui me la sento ripiena,
niente m’impedisce di applicarmi all’orazione e di
continuare a scrivere, perché l’anima
è tutt’intera nel riposo e nell’amore, con i
suoi desideri e la sua chiara conoscenza.
11 – Ma se la parte superiore dell’anima risiede
nella sommità della testa, perché non
ne rimane disturbata?
Non lo so, eppure è così. Questo
rumore dà pena quando l’orazione non è
accompagnata da sospensione; ma durante la
sospensione non dà alcun disturbo.
Sarebbe veramente deplorevole se per questo
inconveniente dovessi abbandonare l’orazione!...
così pure dei pensieri.
Non è ragionevole inquietarsene: dobbiamo
trascurarli.
Se provengono dal demonio, il maligno vedendo che
non ce ne curiamo, ci lascerà in pace.
Ma spesso avviene che procedano dalla debolezza
lasciata in noi con molti altri inconvenienti dal
peccato di Adamo. Allora sopportiamoli con pazienza
per amor di Dio, come sopportiamo la
necessità di mangiare e dormire, senza
poterne fare a meno, nonostante la molestia che ne
abbiamo.
12 – Riconosciamo la nostra miseria e sospiriamo a
quel soggiorno dove più nessuno ci disprezzi.
(Cantico 8,1)
Queste, come mi ricordo di aver alle volte sentito
dire, sono parole della Sposa dei Cantici, e io non
vi trovo migliore applicazione, non essendovi certo
in questa vita umiliazione e disprezzi così
grandi da potersi paragonare a queste lotte
interiori.
Quando interiormente si è in pace, si sa
sopportare qualsiasi lotta e turbamento; ma fuggire
la moltitudine delle preoccupazioni terrene per
ritirarci in un riposo che Dio stesso ci facilita, e
trovarne gli ostacoli in noi stessi, oh! è un
tormento penosissimo, quasi insopportabile!...
Perciò, Signore, portateci in quel luogo dove
queste miserie non ci disprezzino più,
perché alle volte sembra proprio che si
prendano gioco dell’anima!
Però, se in questa vita Dio ne libera
qualcuno, è soltanto quando egli giunge
all’ultima mansione, come, a Dio piacendo,
dirò.
13 – Quanto all’intensità della pena e alla
guerra che queste miserie scatenano, non credo che
tutte le anime ne debbano soffrire come la mia, che
per essere stata tanto cattiva ne soffri per molti
anni, quasi a vendetta di se stessa.
Siccom questa lotta mi fu assai penosa, credo che
sia tale anche per voi, e per ciò ve ne parlo
ad ogni istante, sperando, una volta o l’altra, di
farvi intendere che, trattandosi di una cosa
inevitabile, non ve ne dovete inquietare né
affliggere. Maciniamo la nostra farina senza curarci
di questa battola di molino, facendo agire la nostra
volontà e il nostro intelletto.
14 – Questo disturbo si sente più o meno. a
seconda della salute e dei tempi. La povera anima si
rassegni a soffrire, anche se non ne ha alcuna
colpa. Del resto, commettiamo tanti altri difetti
che è doveroso aver pazienza!
Siccome siamo poco istruite, e non bastano a farci
trascurare questi pensieri né i consigli che
ci danno, né ciò che leggiamo nei
libri, non mi pare che sia tempo perduto fermarmi
più a lungo a consolarvi, per il caso che ne
abbiate bisogno, perché nulla saprò
fare se Dio non vi darà la sua luce.
È necessario – e il Signore lo vuole – che
ricorriamo a tutti quei mezzi che ci siano di aiuto
a ben conoscerci, per non addebitare all’anima
ciò che è puro effetto della nostra
mobile fantasia, della natura e del demonio.
Capitolo 2
Prosegue sul medesimo argomento, e dichiara con un
paragone cosa siano i gusti spirituali e come non
bisogna cercarli
1 – Dove mi sono perduta, mio Dio!...
Non so neppure cosa stavo dicendo. Gli affari e la
poco salute mi hanno interrotta sul più
bello. E così, data la mia poca memoria e la
mancanza di tempo per rileggere ciò che ho
scritto, questo lavoro non sarà che un
disordine completo.
E chi sa se non sia una confusione continua anche
quello che dico! Tale almeno è l’impressione
che ne ho.
Dei contenti spirituali mi pare di aver detto che
alle volte si mischiano con le nostre passioni,
così da far uscire in singulti.
Ho udito dire di alcuni che si sentono stringere il
petto e vanno soggetti a certi movimenti esteriori
da cui non possono difendersi: perdono sangue dal
naso, ed altri simili inconvenienti.
Io non ne so nulla, perché queste cose non mi
sono mai avvenute, ma credo che quelle persone ne
debbano uscire consolate, perché, come ho
detto, va tutto a finire in un grande desiderio di
piacere a Dio e di goderlo.
2 – Ma quelli che io chiamo gusti di Dio, e a cui
altrove ho dato il nome di orazione di quiete, sono
molto diversi, e lo sanno anche coloro che per
bontà di Dio ne hanno fatto la prova.
Supponiamo per meglio intenderci di vedere due
fontane i cui bacini si riempiono di acqua.
Ignorante e di poco ingegno come sono, non trovo
nulla di più adatto per meglio spiegare certe
cose di spirito quanto l’acqua che io amo assai e
che ho osservato con attenzione speciale, a
preferenza di ogni altro elemento.
Del resto non vi dev’essere cosa, creata da un Dio
tanto grande e sapiente, che non nasconda moltissimi
segreti dai quali non ci sia possibile ricavare
grandi utilità, non meno di coloro che se
n’intendono. Sono anzi persuasa che ogni minima
creatura di Dio, sia pure una piccola formica,
occulti più meraviglie di quante se ne
sappiano immaginare.
3 – Dunque, questi due bacini si riempiono di acqua,
ma in modo diverso. In uno l’acqua viene da lontano
per via di acquedotti e di artificio, mentre
l’altro, essendo costruito nella sorgente, si
riempie senza rumore.
Se la sorgente è abbondante, com’è
questa di cui parliamo, non solo riempie il bacino,
ma questo, a sua volta, rigurgita in un grosso
ruscello continuamente alimentato, senza bisogno di
condutture o d’artificio. E in ciò consiste
la differenza.
L’acqua che viene per i condotti rappresenta,
secondo me, i contenti che sgorgano dalla
meditazione e che noi ci procuriamo con le nostre
riflessioni, meditando sulle creature e stancandoci
l’intelletto. Siccome sono frutto di nostra
industria, quando devono apportare all’anima qualche
vantaggio, lo fanno con rumore.
4 – Nell’altro bacino, invece, l’acqua deriva dalla
stessa sorgente che è Dio; e quando Sua
Maestà si compiace di accordare qualche
grazia soprannaturale, l’acqua fluisce nel
più profondo dell’anima con pace, dolcezza e
tranquillità inesprimibile, senza che si
sappia donde e in che modo scaturisca.
Si tratta di gioie e di diletti che, sebbene da
principio non si facciano sentire nel cuore, come
quelli del mondo, in seguito inondano ogni cosa.
L’acqua si riversa per ogni mansione e in tutte le
potenze, sino a raggiungere il corpo: perciò
ho detto che comincia in Dio e finisce in noi. In
questo gusto e soavità l’uomo esteriore va
tutto immerso, come sa bene chi l’ha provato.
5 – Scrivendo queste righe, ricordo il versetto
accennato: Dilatasti cor meum, nel quale si dice che
il cuore si è dilatato. Tuttavia, mi pare che
questi effetti, invece di nascere dal cuore,
provengano da un punto più interno, come da
una cosa molto profonda.
Penso che debba essere dal centro dell’anima, come
più tardi ho inteso, e più avanti
dirò.
Scopro in noi tanti segreti che spesse volte ne
rimango stupita. E quanti altri ve ne devono
essere!...
O Signor mio e Dio mio! Come sono grandi le vostre
meraviglie! E noi qui, da poveri ed ignoranti
pastorelli, pensiamo di poter capire qualche cosa di
quello che Voi siete!
E che è questo qualche cosa, se non un
niente, dato che non conosciamo neppure i molti
segreti che sono in noi?
Ma se dico un niente, è solo in paragone del
moltissimo che c’è in Voi, non già
perché non sia assai grande quello che
possiamo ammirare nelle vostre opere.
6 – Ritorniamo a quel versetto che mi può
servire per far comprendere la dilatazione di cui
parlo.
Appena l’acqua celeste comincia a sgorgare dalla sua
sorgente, vale a dire dal profondo di noi stessi,
sembra che il nostro interno si vada dilatando ed
ampliando, empiendosi di beni eccellenti ed
ineffabili, tanto che la stessa anima non sa
comprendere ciò che allora riceve. Sente come
una specie di profumo, quasi che nel fondo del
nostro interno vi sia un braciere sul quale vengano
gettate squisitissime essenze odorose.
Il fuoco non si vede, né si sa dove sia, ma
il calore e il fumo odoroso penetrano tutta l’anima,
arrivando spesso, come ho detto, ad investire anche
il corpo.
Badate bene d’intendermi! Non si sente né
calore, né odore, ma un qualche cosa di
più delicato. Se mi servo di questi paragoni,
è per farmi capire.
Chi non l’ha provato si persuada che è
così e che lo si sente assai bene. L’anima lo
sente più chiaramente di quanto io mi sappia
esprimere. Non è questa una cosa che si possa
immaginare di sentire, perché non vi
riusciremmo neppure impiegandovi tutte le nostre
diligenze.
E da ciò si vede che non è opera del
nostro metallo, ma dell’oro purissimo della Sapienza
divina. Benché le potenze non mi sembrino
ancora nell’unione, pure vi si trovano come assorte,
rapite di meraviglia innanzi a ciò che
succede.
7 – Parlando di queste cose interiori, può
darsi che intorno a qualche particolare non vada
d’accordo con quel che ho detto in altri luoghi. Ma
ciò non deve far meraviglia, perché
sono ormai passati quasi quindici anni, e può
essere che ora il Signore mi abbia dato maggior lume
che non in quel tempo.
Tanto adesso che allora sono sempre capace
d’ingannarmi, ma non mai di mentire: con la grazia
di Dio soffrirei piuttosto mille morti. Dico le cose
come le intendo.
8 – Però mi sembra che in qualche maniera la
volontà debba state unita alla volontà
di Dio. Ma queste cose di orazione si conoscono
meglio esaminando gli effetti e le opere che ne
seguono: infatti, per provarle non v’è
crogiuolo migliore. Per chi le riceve, è
grandissima grazia se ne ha insieme l’intelligenza,
e maggiore se non ritorna indietro.
Voi forse, figliuole, vorreste aver subito questa
specie di orazione, e non ne stupisco, perché
l’anima non ha ancora finito di comprendere
ciò che Dio accorda in questo stato,
né il grande amore con il quale Egli
l’avvicina a sé, che subito si sente presa
dal desiderio di conoscere come queste grazie si
acquistino. Perciò vi voglio dire quello che
ho potuto capire.
9 – Prescindiamo dal caso in cui il Signore si degni
di accordarcele unicamente perché così
gli piace. Egli ne sa il motivo, e noi non ci
dobbiamo intromettere.
Dopo aver fatto ciò che si esige per le
mansioni precedenti, si richiede umiltà e
ancora umiltà. Questa virtù inclina il
Signore ad accondiscendere alle nostre brame.
E il primo segno per vedere se ne siete in possesso
è credere fermamente che di queste grazie e
gusti divini siete indegne, e che mai vi saranno
accordati in tutta la vostra vita.
Ma voi mi direte: Se non le dobbiamo procurare, in
che modo le potremo avere?
Rispondo che non vi è modo migliore di quello
che ho detto, vale a dire, di non procurarle. Ed
eccone le ragioni.
La prima, che per ricevere queste grazie è
necessario amare il Signore senza alcun interesse.
La seconda, che è mancanza di umiltà
credere che i nostri meschini servizi possano
meritare un tal bene.
La terza, che la vera disposizione per noi, che
abbiamo tanto offeso il Signore, non è
già di aspirare ai gusti spirituali, ma di
bramare sinceramente di soffrire e di renderci
simili a Lui.
La quarta, che se Dio si è obbligato a
concedere la gloria a chi osserva i comandamenti,
non lo si è affatto quanto a dare queste
grazie, perché possiamo salvarci anche senza
di esse, ed Egli sa meglio di noi quello che ci
conviene, e chi siano i suoi veri amanti.
So di alcune persone che camminano per la via
dell’amore nel modo che si deve, vale a dire con
l’unico desiderio di servire il loro Dio crocifisso;
eppure non solo non domandano consolazioni, ma
nemmeno le desiderano, sino a supplicare il Signore
a nonvolerle dar loro in questa vita.
E questa è la pura verità che io so di
preciso, perché sono persone di mia
conoscenza.
La quinta ragione è che faticheremo
inutilmente. Siccome quest’acqua non è
condotta per via di canali come la precedente, se la
fonte si rifiuta di produrla, ci stancheremo senza
alcun risultato.
Voglio dire che nonostante le nostre frequenti
meditazioni e gli sforzi che facessimo per versar
lacrime, l’acqua non verrebbe ugualmente,
perché non scaturisce da qui. Dio la concede
a chi vuole, e spesso nel momento in cui meno si
pensa.
10 – Siamo di Dio, sorelle. Egli faccia di noi
quello che vuole e ci conduca per dove meglio gli
piace! Se ci umiliamo e ci distacchiamo veramente –
dico veramente e non già nell’immaginazione
che spesso ci inganna – se veramente dunque ci
distacchiamo da tutto, il Signore non lascerà
di farci queste grazie e molte altre ancora,
superiori a ogni nostro desiderio. Sia Egli per
sempre lodato e benedetto!
Capitolo 3
Tratta dell’orazione di raccoglimento –
Ordinariamente Dio l’accorda prima della precedente,
che è quella dei gusti divini – Effetti
dell’una e dell’altra
1 – Gli effetti di questa orazione sono molti, e ne
dirò alcuni. Ma prima voglio parlare
dell’orazione che ordinariamente la precede. Non ne
dirò che poche parole, perché ne ho
già parlato altrove.
Si tratta di un raccoglimento che mi sembra
anch’esso soprannaturale.
Benché non consista nello starsene al buio,
nel chiudere gli occhi e in altre cose esteriori,
tuttavia gli occhi si chiudono e si desidera la
solitudine.
E con ciò pare che senza alcuna fatica si
vada costruendo l’edificio dell’orazione precedente.
I sensi e le altre cose esteriori sembrano
rinunciare a ogni loro diritto, per dar modo
all’anima di ricuperare i suoi che aveva perduti.
2 – Coloro che ne trattano, dicono che l’anima
rientra in se stessa e che alle volte sale sopra se
stessa. Ma se io mi servo di questo linguaggio, non
riesco a dir nulla. Io ho questo di cattivo: di
pensare che voi intendiate le espressioni che mi
fabbrico io, le quali forse non saranno intese che
da me.
Immaginiamoci dunque che i sensi e le potenze – che
secondo il paragone adottato, sono gli abitanti del
castello – siano fuggiti fuori e vivano da giorni ed
anni con gente straniera, nemica del bene del
castello.
Riconoscendo finalmente il loro torto, ritornano, si
avvicinano al castello, ma non si decidono ad
entrarvi per la tirannia della cattiva abitudine
contratta. Tuttavia, girano intorno e non tradiscono
più.
Il gran Monarca che risiede nel castello, vedendo la
loro buona volontà si lascia impietosire, e
nella sua grande misericordia decide di chiamarli a
sé.
A guisa di buon pastore, emette un fischio tanto
soave da non esser quasi percepito, ma con il quale
fa loro conoscere la sua voce, acciocché
lasciata la via della perdizione, rientrino nel
castello.
E ciò fanno immediatamente, perché
quel fischio è di così grande
efficacia da districarli da tutte le cose esteriori
fra le quali vivevano. Mi sembra di non essermi mai
spiegata così bene come in questo momento.
Quando il Signore accorda questa grazia, si ha un
aiuto particolare per cercar Dio in noi stessi. Qui
lo si trova meglio e con maggior profitto che non
nelle creature, e qui afferma d’averlo trovato anche
S. Agostino dopo averlo cercato altrove.
3 – Ma non crediate che si possa ottenere il
raccoglimento procurando di applicare l’intelligenza
a considerare che Dio è in noi, o cercando di
rappresentarcelo nell’anima mediante
l’immaginazione.
Questo sarà un ottimo ed eccellente metodo di
meditazione, perché fondato sulla
verità dell’inabitazione di Dio, ma non
è quello che io intendo dire, perché,
dopo tutto, è sempre una cosa che con l’aiuto
del Signore può essere fatta da chiunque.
Non così di quello che intendo io,
perché alle volte gli abitanti si trovan nel
castello prima ancora che si cominci a pensare a
Dio. Non so come vi siano entrati, né come
abbiano udito il fischio del pastore. Ciò non
fu certamente per le orecchie, con le quali non si
percepisce nulla, ma per aver sentito un certo vivo
desiderio di ritirarsi soavemente nell’interno.
Mi capirà bene chi ne avrà
l’esperienza, perché io non so spiegarmi di
più.
Mi pare di aver detto che succede come di un riccio
o di una tartaruga quando si ritirano in se stessi.
Colui che lo scrisse deve averlo inteso assai bene.
Però questi animali si ritirano quando
vogliono, mentre qui non dipende da noi, ma solo da
Dio quando ce ne vuol favorire.
Dovendo essere chiamati ad occuparsi in modo
speciale di ciò che riguarda l’interiore,
sono persuasa che Dio non conceda questa grazia se
non a coloro che van staccandosi da tutto, se non
con l’opera, perché impediti dal loro stato,
almeno con il desiderio.
E se questi che Dio invita a salire gli lasciano
mano libera, posso affermare che non si fermeranno
qui.
4 – Chi scopre in sé questi effetti ne
ringrazi molto il Signore, essendo doveroso che si
mostri riconoscente, e in tal modo si
disporrà ad altre grazie più grandi.
Inoltre, questo stato serve per abituarci – come si
consiglia in alcuni libri – a tralasciare ogni
discorso per attendere a quello che Dio fa in noi.
Però, se il Signore non ha ancora cominciato
a sospenderci, non so se si potrà così
fermare il pensiero da non averne più danno
che vantaggio. Su questo argomento hanno molto
discusso alcune persone spirituali, ma io – confesso
la mia poca umiltà – non ho mai trovato nelle
loro ragioni tanta forza da farmi arrendere a quello
che dicevano.
Una di loro mi allegò un certo libro del
santo – come credo che sia – fra Pietro d’Alcantara,
a cui mi sarei sottomessa volentieri perché
se n’intendeva. Orbene, leggendo insieme quel libro,
lo trovammo del mio stesso parere.
Non si esprime con le medesime parole, ma da
ciò che dice si capisce che l’amore
dev’essere già acceso.
5 – Può darsi che m’inganni, ma ecco i motivi
su cui mi appoggio. Primieramente, perché in
queste cose di spirito fa più chi meno pensa
e meno vuol fare. Dobbiamo essere come un povero
bisognoso che sta innanzi a un grande e ricco
imperatore: chiedere, abbassare gli occhi e
aspettare con umiltà.
Quando Dio ci farà capire per certe sue vie
segrete che ci sta ascoltando, allora,
giacché ci ha permesso di stargli innanzi,
sarà bene che ci mettiamo in silenzio,
procurando – ciò che potendo non sarà
male – di non porre in moto l’intelletto.
Ma se notiamo che il Re non ci ha né veduti
né sentiti, guardiamoci bene dallo star
là come tonti, a guisa di anime che per
essersi sforzate di frenare i pensieri e violentate
per non pensare a nulla, si trovano in più
grande aridità e forse in maggiore
inquietudine d’immaginazione. Dio vuole che gli
facciamo delle domande, che pensiamo di essere alla
sua presenza, persuasi che Egli conosca quello che
ci conviene. Non so affatto persuadermi che le
industrie umane possano avere qualche valore in cose
che Dio ha riservate a sé.
Sembra che in queste Egli abbia posto dei limiti,
mentre ne ha lasciate libere molte altre che con il
suo aiuto possiamo fare anche noi – sempre fin dove
ce lo permetta la nostra miseria – come le
penitenze, l’orazione e le altre buone opere.
6 – La seconda ragione è che queste
operazioni interiori sono soavi e pacifiche, mentre
ciò che vien fatto con pena è
più di danno che di vantaggio. (Chiamo fatte
con pena quelle azioni che esigono uno sforzo, come
i1 trattenere il respiro).
L’anima deve abbandonarsi nelle mani di Dio,
affinché Egli ne faccia quel che vuole; deve
dimenticarsi di ogni suo interesse e fare il
possibile per rassegnarsi alla sua divina
volontà.
La terza ragione è che la stessa
preoccupazione di non pensare a nulla può
eccitare a pensare molto.
La quarta, perché non vi è nulla di
più utile e di più gradevole a Dio che
dimenticarci di noi stessi, dei nostri interessi,
delle nostre soddisfazioni personali, per occuparci
del suo onore e della sua gloria.
Ora, come può dimenticarsi di se stesso chi
è tutto intento a non distrarsi, sino a non
permettere che la sua intelligenza e i suoi affetti
si muovano a desiderare la maggior gloria di Dio e a
rallegrarsi per quella che già gode? Se
é Dio che sospende l’intelletto, gli
dà da occuparsi in altro modo, e ciò
mediante una illustrazione così chiara che
esso ne rimane assorto, persuaso che per certe cose
non può proprio far nulla.
Tuttavia, e senza che ne sappia il modo, si trova
meglio ammaestrato che non con l’impiego di tutte le
sue diligenze, con le quali piuttosto si sarebbe
fatto del danno.
Siccome Dio ci ha dato le potenze per aiutarci ad
agire, non vedo perché si debbano sospendere,
tanto più che ad ogni loro azione ha da
corrispondere un premio.
Lasciamole fare il loro ufficio, fino a quando Dio
non si degni elevarle a uno più grande.
7 – Per l’anima che Dio ha voluto mettere in questa
mansione, non vi è nulla di più
conveniente, secondo me, che di attenersi a quello
che ho detto: cioè, procurare, senza rumore e
senza violenza, d’impedire che l’intelletto
discorra, ma senza sospenderlo, né sospendere
il pensiero, bensì impiegarlo nel ricordarsi
della presenza di Dio e della sua natura divina.
Se l’intelletto si sospende da solo per quello che
sente in sé, ciò sia alla buon’ora,
purché si guardi dal volere intendere di che
si tratta. Il dono è fatto solo alla
volontà, e bisogna lasciarglielo godere senza
ricorrere ad alcuna industria, eccetto a qualche
parola amorosa. Del resto, avviene spesso in questo
stato che, pur non procurandolo, si rimanga li senza
pensare a nulla, benché solo per poco.
8 – Sul principio di questa mansione ho parlato
dell’orazione dei gusti divini, poi sono passata
all’orazione di raccoglimento, della quale avrei
dovuto parlare prima, perché meno alta di
quella, e mezzo per raggiungerla.
Dunque, nell’orazione di raccoglimento non si deve
mai smettere di meditare e di discorrere con
l’intelletto. Nell’altra invece, nella quale l’acqua
si trova nella stessa sorgente e non per via di
canali, l’intelletto, come ho detto in altro luogo,
si sospende da sé o si sente sospendere dal
fatto di non poter capire ciò che avviene; e
così va girando da una parte all’altra come
intontito, incapace di fissarsi in alcuna cosa.
Questa agitazione inquieta molto la volontà,
che nel frattempo è tutta immersa nel suo
Dio. Ma essa non se ne curi, perché
perderebbe buona parte di ciò che gode: lasci
stare l’intelletto e si abbandoni fra le braccia
dell’amore. Il Signore le insegnerà quello
che dovrà fare: cioè, riputarsi
indegna di tanto bene e impiegarsi in atti di
ringraziamento.
9 – Volendo trattare dell’orazione di raccoglimento,
ho tralasciato gli effetti di quella dei gusti
divini e i segni dai quali si può conoscere
chi ne è favorito. A quanto si sperimenta, si
tratta di una dilatazione o aumento di anima.
Ecco una sorgente da cui l’acqua non ha via di
uscita, ma il cui bacino è così fatto
che quanto più acqua riceve, tanto più
cresce di capacità. Così sembra anche
qui, perché, oltre le grandi grazie che si
ricevono, Dio dilata l’anima e la rende capace di
contenere ogni cosa.
Questa soavità e dilatamento interiore si
riconoscono anche dall’energia di cui l’anima si
sente ripiena, perché nel servizio di Dio non
si porta più grettamente come prima, ma con
larghezza maggiore. Cessa pure di angustiarsi per la
paura dell’inferno, e nutre grande fiducia di andare
un giorno in paradiso. Non teme che di offendere
Iddio, ma non con timore servile, che qui sparisce
del tutto.
Se prima aveva paura di far penitenza per non
perdere la salute, ora le sembra con l’aiuto di Dio
di poterne fare, non avendo mai avuto in proposito
desideri così grandi come ora.
E se prima provava tanta ripugnanza per le
tribolazioni, ora le teme di meno, perché la
sua fede si è fatta più viva e vede
che accettandole per amor di Dio, ottiene la forza
di sopportarle con pazienza.
Anzi, nella sua brama di far qualche cosa per Lui,
qualche volta le avviene pure di desiderarle. Quanto
più progredisce nella conoscenza di Dio,
tanto più bassa è l’opinione che si fa
di sé.
E avendo assaporato le dolcezze del Signore, ritiene
per immondizie quelle della terra, da cui si
allontana a poco a poco, rendendosi, a ciò
fare, sempre più padrona di sé.
Insomma, resta migliorata in tutte le virtù,
e andrà sempre più progredendo,
purché non torni ad offendere Iddio, nel qual
caso perderebbe ogni cosa, anche se già
arrivata alla cima.
Però, non si deve credere che per trovarsi
con tali effetti basti ricevere questa grazia una o
due volte soltanto. Occorre riceverla di continuo:
il nostro bene è tutto in questa
perseveranza.
10 – Ecco un avviso che raccomando molto a chi si
trova in questo stato. Si guardi attentamente dal
mettersi nelle occasioni di offendere Iddio.
Qui l’anima non è ancora formata: è
come un bambino che comincia a poppare, il quale se
si discosta dal petto di sua madre non può
aspettarsi che la morte. Se chi ha ricevuto questa
grazia si allontana dall’orazione senza un’urgente
necessità e non vi fa subito ritorno, temo
grandemente che le avvenga come al bambino, e vada
di male in peggio.
So che vi è molto da temere, e conosco alcune
persone a cui questo è successo per essersi
allontanate da Colui che voleva farsi loro amico,
come dimostravano le sue opere.
Ne sento viva compassione. Se tanto insisto sulla
fuga dalle occasioni, è perché il
demonio mette più impegno nel rovinare
un’anima sola di queste, che non molte altre a cui
Dio non faccia tali grazie.
Queste gli possono essere di gran danno,
perché attirano altre anime, con immenso
vantaggio per la Chiesa di Dio. Perciò le
combatte in ogni modo e fa di tutto per rovinarle,
se non altro per la rabbia di vederle tanto amate da
Dio. Ma se soccombono, diventano peggiori delle
altre.
Da questi pericoli, sorelle, a quanto si può
capire, voi siete al sicuro. Ma Dio vi liberi
dall’andare in superbia e vanagloria!
Il demonio può simulare anche queste grazie;
ma lo si conosce facilmente, perché non solo
non produce gli effetti che ho descritto, ma ne
lascia di diametralmente opposti.
11 – benché ve n’abbia già parlato
altrove, tuttavia vi voglio avvertire di un pericolo
in cui ho visto cadere varie persone di orazione,
specialmente donne, che perla loro debolezza vi sono
più esposte: ed è il seguente.
Alcune persone, a causa delle loro grandi
austerità, orazioni e vigilie, o
semplicemente perché di debole complessione,
non possono ricevere una consolazione spirituale
senza che la loro natura ne rimanga soggiogata.
E siccome sentono una certa interiore dolcezza
mentre esteriormente vanno indebolendosi e mancando
– specialmente quando entrano in quello stato che si
chiama di sonno spirituale, che è alquanto
più alto di quello anzidetto – confondono
quella dolcezza con l’indebolimento che sentono, e
se ne lasciano sopraffare.
Più si abbandonano e più ne rimangono
assorbite, perché la natura s’indebolisce
sempre più. E intanto credono che sia un
qualche rapimento. Ma io lo chiamo sbalordimento,
perché non fan altro che perdere il tempo e
rovinarsi la salute.
12 – Una certa persona rimaneva in questo stato per
otto ore di seguito, senza perdere i sensi, e
nemmeno con pensieri di Dio. Ma siccome si
trovò chi l’ebbe a intendere, le fecero
sparire ogni cosa obbligandola a mangiare, a dormire
e a non fare tanta penitenza. Senza volerlo, aveva
ingannato il confessore, varie altre persone e se
stessa.
Sono convinta che il demonio non vi doveva essere
estraneo: pretendeva di cavarne vantaggio, e non
poco già cominciava ad averne.
13 – È bene sapere che vi può essere
languidezza esteriore ed interiore anche allora che
questo stato proviene da Dio, ma l’anima ne rimane
forte, e nel vedersi così vicina al Signore,
si lascia andare a grandi sentimenti.
Tuttavia questo stato non dura che pochissimo,
benché si ripeta di frequente e l’anima torni
a sospendersi. Tuttavia, se non è per
debolezza naturale, questa orazione non solo non
abbatte il corpo, ma nemmeno è causa di
affezioni esteriori.
Perciò dovete star bene attente, e quando
alcuna va soggetta a tali cose, ne avverta la
Superiora e faccia di tutto per distrarsi. La
Superiora non le permetta tante ore di orazione ma
gliene ordini poca. Procuri che mangi e che dorma
bene, fino a quando non abbia riprese le sue forze
naturali, nel caso che le abbia perdute per mancanza
di nutrimento e di sonno.
Se è di così debole complessione da
non averne giovamento, credetemi, Dio la vuole per
la vita attiva: nei monasteri vi dev’essere di
tutto.
Sia impiegata negli uffici e si abbia cura che non
rimanga troppo in solitudine, perché
finirebbe col rovinarsi del tutto la salute.
Ciò le sarà di grande mortificazione,
ma il Signore vuol provare come sopporti la sua
assenza, e se lo ami per davvero. Dopo un po’ di
tempo, può darsi che Egli le ritorni le
forze; ma se non lo fa, ella acquisterà tanti
meriti con la preghiera vocale, e l’obbedienza,
quanti ne acquisterebbe con la vita contemplativa, e
forse più.
14 – Può anche darsi che vi siano persone
d’immaginazione o di testa così debole come
io ne ho trovate, che s’immaginino di vedere tutto
quello che pensano. Sarebbe molto pericoloso, ma
siccome ne devo parlare più avanti, non
aggiungo altro. Mi sono tanto dilungata in queste
mansioni perché credo che in esse le anime vi
entrino in maggior numero. Si aggiunga inoltre che
in queste, per l’unione che vi è del naturale
col soprannaturale, il demonio può fare
maggior danno che nelle seguenti, nelle quali il
Signore non gli lascia tanta libertà.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen!
Capitolo 1
In che modo l’anima si unisca a Dio durante
l’orazione, e come conoscere se vi sia inganno
1 – In che modo, sorelle, vi potrei parlare delle
ricchezze, dei tesori e delle delizie che si trovano
nelle quinte mansioni? Di queste, come di quelle che
ancora restano, sarebbe meglio non parlare,
perché non vi sono termini sufficienti, come
non vi è intelletto per comprenderle,
né paragoni per spiegarle.
Le cose della terra sono troppo basse per servire a
questo scopo. Ma siccome Voi, o Signor mio, vi siete
compiaciuto che alcune delle vostre serve ne godano
tanto spesso, mandate luce dal cielo affinché
io le sappia illuminare, premunendole contro gli
inganni del demonio quando si trasformerà in
angelo di luce. Dopo tutto, esse non desiderano che
di piacervi.
2 – Ho detto che in queste mansioni ne entrano
soltanto alcune, mentre avrei dovuto dire che solo
pochissime non vi entrano.
Anzi, siccome vi è il più e il meno,
penso che certe particolarità siano soltanto
di poche.
Tuttavia, arrivare anche solo alle porte è
sempre una grande grazia di Dio, perché molti
sono i chiamati e pochi gli eletti. Così di
noi che portiamo questo sacro abito del Carmine.
Tutte siamo chiamate all’orazione e alla
contemplazione perché in ciò è
la nostra origine e siamo progenie di quei santi
Padri del monte Carmelo che in grande solitudine e
nel totale disprezzo del mondo cercavano questa
gioia, questa preziosa margherita di cui parliamo:
eppure in poche ci disponiamo per ottenere che Dio
ce la scopra.
Quanto all’esteriore si va bene, ma quanto alle
virtù necessarie per arrivare a detto stato,
ci manca ancora moltissimo, per cui non dobbiamo mai
trascurarci, né in poco né in molto.
Facciamoci coraggio, sorelle mie, e siccome un po’
di cielo lo possiamo godere fin da ora, supplichiamo
il Signore a concederci di non rimanerne prive per
nostra colpa, ma a mostrarcene la strada e a
fortificarci l’anima, onde scavare sino a scoprire
questo tesoro nascosto che sta dentro di noi. Se Dio
si compiacerà di aiutarmi, ve ne dirò
qualche cosa.
3 – Ho detto che ci fortifichi l’anima,
acciocché intendiate che le forze del corpo,
se Dio non le dà, non sono necessarie. Non
solo Egli non impedisce ad alcuno di acquistarsi le
sue ricchezze, ma si contenta che ognuno gli dia
ciò che ha. Sia benedetto per sempre un
così grande Signore!
Badate però, figliuole mie, che per
acquistarvi ciò che dico, Egli esige che non
vi riserviate nulla. Sia poco o molto quello che
avete, lo vuol tutto per sé. Più o
meno grandi saranno le grazie che ne avrete, ma
sempre in proporzione di quello che vedrete di aver
dato: per sapere se la nostra orazione arrivi o non
arrivi all’unione, non vi è prova migliore.
Non crediate che questa orazione somigli al sonno,
come la precedente: dico sonno in quanto che l’anima
sembra che sia mezzo assopita, perché se pare
che non sia del tutto addormentata, non si sente
neppure sveglia.
Qui invece è addormentata – e addormentata
profondamente – non solo a tutte le cose della
terra, ma pure a se stessa, tanto che per la breve
durata di questo fenomeno essa rimane così
fuori di sé, da non poter formare alcun
pensiero, neppure volendolo. Qui per sospendere il
pensiero non c’è proprio da ricorrere ad
alcuna industria. Se ama, non sa come, né
chi; se vuole, non sa cosa vuole: è come se
sia morta al mondo per più vivere in Dio.
4 – Ma è una morte deliziosa: morte,
perché l’anima si sottrae a tutte le
operazioni che può avere dall’unione col
corpo; deliziosa, perché sembra che si separi
dal corpo per meglio vivere in Dio.
Infatti, al corpo non so se rimanga tanto di vita da
poter ancora respirare. Pensando ora a quest’ultima
cosa, mi sembra che non gliene rimanga affatto.
Almeno, se respira, non lo avverte.
L’intelletto vorrebbe tutto occuparsi per intendere
qualche cosa di ciò che l’anima sente, ma
siccome le sue forze non glielo permettono, rimane
così sorpreso che, pur non perdendosi del
tutto, non può muovere né mani
né piedi, come si direbbe di una persona che
fosse così svenuta da parerci morta.
Oh, segreti di Dio!... Non mi stancherei mai di
parlarne, se pensassi di farne capire qualche cosa,
disposta pure a dir mille spropositi pur di
riuscirvi una volta sola, e procurare a Dio un
maggior tributo di lodi.
5 – Ho detto che questa orazione non somiglia al
sonno.
Nella mansione precedente, finché l’anima non
ne abbia fatta una grandissima esperienza, rimane
sempre con dubbio sui fenomeni subiti: se furono una
sua illusione, se dormiva, se provennero da Dio o
dal demonio trasformato in angelo di luce, e tanti
altri timori: i quali del resto non è bene
che manchino per il pericolo che qualche volta
s’intrometta per davvero la nostra natura.
Se là le bestie velenose non hanno modo
d’introdursi, vi possono penetrare certe
lucertolette che per la loro sottigliezza si
cacciano da per tutto: intendo parlare di quei
piccoli pensieri provenienti dall’immaginazione e da
quello che ho detto, i quali, benché non
siano di danno – specialmente se si trascurano –
spesso però infastidiscono.
Qui invece non possono entrare neppure le
lucertolette più piccole, non essendovi
immaginazione, memoria o intelletto capaci
d’impedire un tanto bene.
Oso anzi affermare che se si tratta di vera unione
con Dio, non vi può entrare a far danno
nemmeno il demonio, perché allora Dio
è unito all’essenza dell’anima, e il maligno
non solo non ha ardire d’avvicinarsi, ma credo che
di questi segreti non debba neppure intendersene.
La cosa è assai chiara. Se dicono che egli
non conosce i nostri pensieri, a maggior ragione non
deve conoscere questi segreti che Dio non confida
neppure all’intelletto.
Oh, stato felicissimo nel quale il maledetto non
può fare alcun danno!
L’anima ne esce con grandissimi vantaggi,
perché Dio opera in lei senza che alcuno vi
metta ostacoli, neppure noi stessi. Che cosa allora
non dovrà mai dare Chi tanto ama di dare, e
può dare quanto vuole?
6 – Sembra che io v’ingeneri confusione. Ho detto se
è unione di Dio, quasi che vi siano altre
unioni. Altro se ve ne sono!...
Può darsi che in riguardo di certe
vanità il demonio faccia uscire l’anima da se
stessa per la grande passione con cui ella le ami,
benché non nella stessa maniera né con
gli stessi sentimenti di gioia, di soddisfazione, di
diletto e di pace, di cui l’anima si sente ripiena
quando l’operazione è da Dio.
I piaceri, le ebbrezze e le consolazioni della
terra, nonché non essere paragonabili con i
sentimenti che Dio produce, non hanno con essi
alcuna relazione di origine, e ben diversa è
l’impressione che ne risulta, come voi stesse avrete
forse provato. Ho detto in altro luogo che è
come se gli uni si sentano alla superficie del corpo
e gli altri nel midollo delle ossa. Allora mi sono
spiegata assai bene, ma ora meglio di così
non so farlo.
7 – Però mi sembra che non siate ancora
soddisfatte, e temiate di cadere in inganno.
Grande è la difficoltà che s’incontra
nel discernimento di queste cose interiori.
Tuttavia, per coloro che ne hanno esperienza,
può essere sufficiente quello che ho detto,
nonostante che ben grande ne sia la differenza.
Comunque, eccovi un segno evidente per non cadere in
inganno ed accertarvi che l’operazione è di
Dio.
Il Signore me l’ha riportato oggi alla memoria, e
credo che sia sicuro. Nelle questioni più
difficili, anche se mi pare di intenderle e di dire
la verità, uso sempre questa espressione: Mi
sembra; e ciò per far capire che se
m’inganno, sono pronta a sottomettermi a coloro che
ne san di più.
Costoro, benché di queste cose non abbiano
esperienza, hanno però un certo senso che
è loro proprio, e siccome Dio li destina a
luce della sua Chiesa, quando si tratta di ammettere
una verità li illumina Lui stesso.
Se non sono leggeri, ma veri servi di Dio, non solo
non si scandalizzano di queste meraviglie, ma sono
anzi persuasi che Dio ne possa fare assai di
più; e se si tratta di fenomeni non ancora
ben chiari, trovano modo di ammetterli studiando
quelli che sono scritti.
8 – Di questo ho io grande esperienza, come l’ho di
certi semi-dotti paurosi che mi costarono assai. Chi
non crede che Dio sappia fare assai di più, e
non ammette che possa essersi compiaciuto e possa
tuttora compiacersi di comunicarsi talvolta con le
sue creature, costui, secondo me, tien chiusa la
porta a ogni divina effusione.
Voi, sorelle, guardatevene attentamente, credete
sempre che Dio può fare assai di più,
e non fermatevi mai ad esaminare se chi riceve
queste grazie sia virtuoso o no. Il motivo lo sa il
Signore: noi non dobbiamo intrometterci. Serviamo
Iddio con umiltà c semplicità di
cuore, lodandolo per queste sue opere meravigliose.
9 – Eccomi dunque al segno che io chiamo sicuro.
Osservate quest’anima a cui Dio ha sospeso del tutto
l’intelletto per meglio arricchirla della vera
sapienza.
Per tutto il tempo che dura in questo stato – tempo
sempre breve, e che all’anima sembra ancora
più breve – ella non vede e non sente nulla.
Ma Dio s’imprime nel suo interno, e quando ella
torna in sé, in nessun modo può
dubitare che Dio sia stato in lei ed ella in Dio.
Questa verità le rimane scolpita sì al
vivo, da non poterne affatto dubitare né
dimenticarla, neppure dopo molti anni, benché
Dio non gliela rinnovi: senza poi dire degli altri
effetti, sui quali tornerò più avanti.
In questa certezza sta appunto il segno che ho
detto.
10 – Ma voi mi direte: Come si vede o s’intende che
è Dio, se non si vede e non s’intende nulla?
Non dico che lo si veda allora, ma in seguito; e
ciò non per visione, ma per una piena
convinzione che rimane nell’anima e che non
può essere che da Dio.
Conosco una persona che non sapeva che Dio si trova
in ogni cosa per presenza, per
potenza e per essenza. Ma lo intese chiaramente dopo
un favore di questo genere
ricevuto dal Signore.
Avendo interrogato uno di quei semidotti di cui ho
parlato più sopra sul come Dio sia in noi,
egli che ne sapeva quanto lei prima di questa
illustrazione, le rispose che vi sta soltanto per la
grazia; ma ella era talmente fissa nella
verità, che non gli credette.
In seguito interrogò altre persone che le
dissero la cosa come stava, e ne rimase molto
consolata.
11 – Badate però di non cadere in errore
pensando che questa certezza riguardi una forma
corporale, come il corpo di nostro Signore
Gesù Cristo presente invisibilmente nel
santissimo Sacramento. Qui non vi è nulla di
simile, perché non si tratta che della
divinità.
Ma che certezza si può mai avere di una cosa
che non si vede?
Io non lo so. Sono opere di Dio. Ma so di dire la
verità. Se non vi fosse questa certezza, si
avrebbe, secondo me, non già un’unione di
tutta l’anima con Dio, ma soltanto di una sua
potenza, oppure di un altro genere di grazie fra le
molte che il Signore usa fare.
Dopo tutto, non è il caso d’indagare come
questi fenomeni avvengano. A che tanto affaticarci
quando la nostra intelligenza non li può
comprendere?
Ci basti sapere che Chi li fa può fare ogni
cosa. Sono operazioni di Dio, innanzi alle quali le
nostre industrie sono nulla. Essendo incapaci di
raggiungerle, guardiamoci pure dal volerle
comprendere.
12 – A proposito di quest’impotenza, mi ricordo di
ciò che dice la Sposa dei Cantici e che voi
stesse avrete udito: Il Re mi ha condotta nella
cella del vino, o piuttosto, come credo che dica: Mi
ha introdotta. Insomma, non dice che vi sia andata
da sé. Dice ancora che andava di qua e di
là in cerca del suo Amato.
Ora, l’orazione di cui parlo è appunto la
cella vinaria nella quale il Signore intende
introdurci, ma quando e come vuol Lui.
Da noi, con i nostri sforzi, non vi possiamo
entrare: bisogna che ci introduca Lui. Ed Egli lo fa
quando entra nel centro dell’anima nostra. Qui, per
meglio mostrare le sue meraviglie, vuole che altro
non facciamo che assoggettargli la volontà,
guardandoci bene dall’aprir le porte delle potenze e
dei sensi che giacciono addormentati, perché
intende entrare nel centro dell’anima senza passare
per alcuna porta, come entrò dai suoi
discepoli quando disse: Pax vobis, e come usci dal
sepolcro senza smuovere la pietra.
Più avanti vorrà che l’anima lo goda
nel centro di se stessa ben più intensamente
che non qui; ma sarà nell’ultima mansione.
13 – Che grandi cose vedremo, figliuole mie, se
cercheremo di non contemplare che la nostra
miserabile bassezza, reputandoci indegne di essere
le serve di questo eccelso Signore, le cui
meraviglie ci sono affatto incomprensibili!...
Sia Egli per sempre benedetto: Amen.
Capitolo 2
Prosegue sul medesimo argomento, e dice con un
grazioso paragone in che consiste l’orazione di
unione, e quali gli effetti che lascia Capitolo
degno di nota
1 – Vi parrà che di questa mansione vi abbia
ormai detto ogni cosa; eppure mi rimane ancora
molto, perché, come vi ho già fatto
osservare, vi è il più e il meno.
Per ciò che riguarda l’unione, non credo di
saperne dire di più, ma resta molto da
parlare circa gli effetti che Dio produce nelle
anime quando esse si dispongono a ricevere le sue
grazie. Ne voglio dire qualche cosa, e nel contempo
far conoscere lo stato in cui l’anima rimane.
Per farmi meglio capire, voglio servirmi di un
paragone che trovo molto appropriato, per mezzo del
quale vedremo che quantunque in questa operazione di
Dio nell’anima noi non possiamo far nulla, tuttavia
per ottenere che il Signore ce ne favorisca,
possiamo far molto col disporci.
2 – Avrete già udito parlare delle meraviglie
che Dio opera nella produzione della seta,
invenzione di cui Egli solo poteva essere l’autore.
Si tratta di piccoli semi, simili a granellini di
pepe che io non ho mai veduto, ma di cui ho sentito
parlare: perciò, se cado in qualche
inesattezza la colpa non è mia.
A1 sopraggiungere dell’estate, quando i gelsi si
coprono di foglie, questi semi cominciano a prender
vita. Prima che spuntino quelle foglie di cui si
devono nutrire, stanno là come morti; a poco
a poco, con quell’alimento si sviluppano,
finché, fatti più grandi, salgono
sopra alcuni ramoscelli, ed ivi con la loro piccola
bocca filano la seta che cavano dal loro interno,
fabbricandosi certi bozzoli molto densi, nei quali
ognuno di quegli insetti, che sono brutti e grossi,
si rinchiude e muore. Ma poco dopo esce dal bozzolo
una piccola farfalla bianca, molto graziosa.
Se questo fenomeno non cadesse sotto i nostri occhi,
ma ci fosse raccontato come cosa di altri tempi,
nessuno lo crederebbe. Infatti, come potremmo
credere che un verme o un’ape, – esseri privi di
ragione – siano tanto diligenti e industriosi nel
lavorare per noi fino a rimetterci la vita come il
povero bacolino nel suo lavoro?
Ecco un buon soggetto, sorelle, per intrattenervi a
lungo in meditazione, senza null’altro aggiungere,
bastando questo solo per farvi considerare le
meraviglie e la sapienza del nostro Dio. Oh, se
conoscessimo le proprietà delle cose! Come
sarebbe vantaggioso meditare sopra queste
meraviglie, compiacendoci di essere le spose da un
Re così grande e sapiente!
3 – Tornando ora al nostro argomento, l’anima, di
cui quel verme è l’immagine, comincia a
prendere vita quando per il calore dello Spirito
Santo, comincia a valersi dei soccorsi generali che
Dio accorda a ognuno e a servirsi dei rimedi che
Egli ha lasciato nella sua Chiesa, come le frequenti
confessioni, le buone letture e le prediche: rimedi
opportuni per l’anima che sia morta nel peccato e si
trovi fra le occasioni cattive a causa della sua
trascuratezza.
Ripreso a vivere con quei rimedi e pie meditazioni,
vi si andrà pure sostentando finché
sia cresciuta. E questo è il punto in cui la
considero, poco curandomi di ciò che precede.
4 – Quando questo verme si è fatto grande –
come abbiamo visto in principio di questo scritto –
comincia à lavorare la seta e a fabbricarsi
la casa nella quale dovrà morire.
Questa casa, come vorrei far intendere, è il
nostro Signore Gesù Cristo. Mi pare di aver
letto in qualche parte, o di aver udito, che la
nostra vita è nascosta in Cristo, ovvero in
Dio, che è poi lo stesso, oppure che Cristo
è la nostra vita. Che il testo sia o non sia
così, per il mio intento poco importa.
5 – Osservate qui, figliuole mie, quello che con
l’aiuto di Dio possiamo fare: che Sua Maestà
diventi nostra dimora fabbricata da noi stessi, come
lo è in questa orazione di unione.
Dicendo che Dio è nostra dimora, e che questa
dimora possiamo fabbricarcela da noi stessi per
prendervi alloggio, sembra quasi che voglia dire di
poter noi aggiungere o togliere a Dio qualche cosa.
E lo possiamo benissimo, ma non già
aggiungendo o togliendo a Dio, bensì
aggiungendo o togliendo a noi, come quei piccoli
vermi, perché non avremo ancora ultimato
quanto sarà in nostro potere che Egli
verrà, e unendo alla sua grandezza la nostra
lieve fatica, che è un nulla, le
conferirà un valore così eccelso da
meritare che Egli si costituisca in nostra stessa
ricompensa.
Non contento di aver sostenute le spese maggiori,
vorrà pure unire le nostre piccole pene alle
molto grandi che Egli un giorno ha sofferto per non
farne che una cosa sola.
6 – Orsù dunque, figliuole mie, mettetevi
subito al lavoro!
Tessiamo questo piccolo bozzolo mediante lo
spogliamento di ogni nostro amor proprio e
volontà, distaccandoci da ogni cosa terrena e
praticando opere di pedi orazione, di meditazione e
di obbedienza, con resto che già sapete.
Oh, se mettessimo in pratica tutto quello che
sappiamo e che ci hanno insegnato! E poi muoia,
muoia pure questo verme, come il baco da seta dopo
aver fatto il suo lavoro!
Allora ci accorgeremo di vedere Iddio e ci sentiremo
sepolte nella sua grandezza, come il piccolo verme
nel suo bozzolo. Dicendo che vedremo Iddio, dovete
intendere nel modo con cui Egli si fa sentire in
questa specie di unione.
7 – Passiamo ora a vedere come questo verme si
trasformi, che è lo scopo di quanto finora vi
ho detto.
Dico che quando il verme entra in questa orazione e
vi rimane morto a tutte le cose del mondo, esce
mutato in piccola farfalla bianca.
Oh, potenza di Dio! Oh, in che stato esce l’anima,
dopo, essere rimasta nella grandezza di Dio e tanto
a Lui unita come qui, sia pure per poco tempo,
giacché, a mio parere, non si arriva mai a
mezz’ora! In verità vi dico che essa non si
riconosce più.
Pensate alla differenza fra un verme ributtante e
una piccola farfalla bianca: così di lei.
L’anima ignora come abbia potuto meritare tanto
bene, voglio dire che non sa di dove le sia venuto,
perché conosce benissimo che a meritarlo non
è da lei.
Si sente presa da un desiderio vivissimo di lodare
Iddio, sino a bramare di distruggersi e di
affrontare mille morti. Brame irresistibili di darsi
a grandi sofferenze cominciano tosto ad occuparla
senza che sappia liberarsene, e sospira con ardore
di abbandonarsi alla penitenza, di stare in
solitudine e di fare che tutti conoscano il suo Dio,
sino a provare afflizione profonda nel vederlo
offeso.
Nelle mansioni seguenti parlerò di questi
effetti con particolari maggiori. Benché i
fenomeni delle quinte mansioni siano quasi identici
a quelli delle seguenti, tuttavia sono assai diversi
quanto all’intensità degli effetti. Una anima
che Dio ha condotto a questo punto, se si sforza di
andare avanti, vedrà grandi meraviglie.
8 – Oh, lo spettacolo di questa piccola farfalla in
continua agitazione! Eppure in tutta la sua vita non
ha mai goduta tanta pace e soavità.
Vien proprio da lodare Iddio nel contemplarla
così incapace a fermarsi e a riposare. No,
dopo aver goduto di un tal bene, le cose della terra
non la soddisfano più, specialmente se Dio
l’abbia spesso inebriata di quel suo vino, dal quale
si ricavano sempre nuovi vantaggi, quasi ogni volta.
Ormai non fa più conto di ciò che
praticava quando era verme. Allora intesseva a poco
a poco il suo bozzolo, ma ora le sono nate le ali;
ed essendo capace di volare, perché
contentarsi di andare ancora passo passo?
I suoi desideri sono immensi, e poco le sembra
quanto possa fare per Iddio. Neppur più si
meraviglia di ciò che i santi hanno fatto,
perché sa per esperienza quanto il Signore
aiuti, trasformando l’anima in modo tale da renderla
irriconoscibile, quasi non sia più quella di
prima.
La debolezza che le pareva di avere per non fare
penitenza si è convertita in fortezza. E se
precedentemente il suo attacco ai parenti, agli
amici e ai beni terreni era tale che né i
suoi atti interiori, né le sue decisioni,
né la sua stessa volontà riuscivano ad
infrangerlo, sembrandole anzi di attaccarvisi di
più, ora invece si sente così libera
da dispiacersi anche di quei rapporti che non
può troncare senza offesa di Dio. Avendo
sperimentato che il vero riposo non le può
venire dalle creature, sente noia di tutto.
9 – Sembra che mi estenda troppo; eppure potrei dire
assai di più. Chi ha ricevuto da Dio questa
grazia, vedrà che non sono lunga.
Non è dunque da meravigliarsi se questa
piccola farfalla, sentendosi straniera fra le cose
della terra, cerchi di riposarsi in qualche altra
parte. Ma dove andrà la poverina?
Tornare donde è uscita non può,
giacché, come ho detto, non è cosa in
suo potere, nonostante ogni suo possibile sforzo,
finché Dio non si compiaccia di favorirla
nuovamente. Che nuovi tormenti cominciano allora per
lei! O Signore!...
E chi lo può credere dopo grazie così
sublimi?
Sì, finché si vive, in un modo o in un
altro si ha sempre da soffrire. Se qualcuno afferma
di essere giunto a questo stato, sempre fra
consolazioni e delizie, gli rispondo che non vi
è giunto affatto o, per lo meno, che essendo
entrato nella mansione precedente, vi ha goduto
qualche rara consolazione, aiutata anche quella
dalla sua naturale debolezza, per non dire forse dal
demonio che gli abbia dato un po’ di pace per
muovergli in seguito una guerra più accanita.
10 – Non voglio dire con ciò che gli abitanti
di questa mansione non abbiano la pace: l’hanno e
molto grande, perché le stesse sofferenze
sono qui tanto preziose e di così eccellente
radice che, nonostante la loro alta
intensità, generano pace e contento.
Dal disgusto che ispirano le cose del mondo nasce
nell’anima il desiderio di abbandonarlo; ed è
un desiderio così penoso che la poverina, per
aver un po’ di sollievo, deve pensare essere
volontà di Dio che viva in esilio.
Alle volte non basta neppur questo, perché
l’anima, nonostante i suoi molti progressi, qui non
è ancora così sottomessa al volere di
Dio come lo sarà più avanti. Tuttavia
non lascia di rassegnarsi, sia pure con pena e con
abbondanza di lacrime, non potendo far altro
perché di più non le è ancora
concesso.
Sperimenta questa pena ogni qualvolta si mette in
orazione, pena che in parte le deriva dal dolore
vivissimo di vedere Iddio vilipeso e poco onorato
dal mondo, e nel considerare il gran numero di
eretici e di mori che van perduti, benché lo
senta assai di più per la perdita dei
cristiani.
Teme che molti sian quelli che si dannino, sebbene
non ignori la grandezza della misericordia di Dio e
sappia che quegli infelici possono sempre
correggersi e salvarsi, nonostante la
malvagità della loro vita.
11 – Oh, grandezza di Dio! Pochi anni, forse pochi
giorni prima, quest’anima non pensava che a se
stessa. Chi ora l’ha posta in sollecitudini
così penose?
Noi non riusciremmo ad averne di sì intense
neppure se vi consumassimo intorno molti anni di
meditazione.
E che? Io dunque non potrei avere tali cure nemmeno
impiegando giorni ed anni a meditare il gran male
che è l’offesa di Dio, nel pensare che quanti
si dannano sono suoi figli e miei fratelli, nel
considerare i pericoli in cui ci troviamo e quanto
ci sarebbe vantaggioso uscire una buona volta da
questa miserabile vita?
No, figliuole! La pena che queste riflessioni
producono non è come quella di cui parlo.
Con l’aiuto di Dio, e indugiandoci molto nelle
suddette riflessioni, possiamo pure averne, ma non
mai così penetrante come l’altra, la quale
sembra che stritoli e macini l’anima senza che essa
vi contribuisca, né alle volte lo voglia.
Ma allora in che consiste? Donde viene? Ve lo voglio
dire.
12 – Non vi ricordate di ciò che vi ho detto
– sebbene non a questo proposito – in riguardo alla
sposa che Dio ha introdotto nella cella vinaria,
ordinando in lei la carità?
È quello che avviene qui.
L’abbandono con cui quest’anima si è rimessa
nelle mani di Dio, unito al grande amore che ella
gli porta, la rende così soggetta da non
sapere né volere che una cosa: che Egli
faccia di lei tutto quello che vuole.
Credo infatti che Dio non conceda mai questa grazia
se non all’anima che già ritiene tutta sua. E
così, senza che ella se ne accorga, fa in
modo che esca da questo stato segnata con il suo
sigillo. Del resto, qui l’anima non è
più di una cera su cui s’imprima il sigillo.
La cera non s’imprime il sigillo da sé: essa
non fa che tenersi pronta a riceverlo con la sua
mollezza. Ma anche in questo non è essa che
si modifica: ciò che essa fa è
soltanto di stare immobile senza opporre resistenza.
Oh, bontà di Dio! Anche qui dev’esser tutto a
vostre spese! L’unica cosa che chiedete è la
nostra volontà: cioè, che la cera non
opponga resistenza.
13 – Questo, dunque, sorelle, è quello che
Dio fa per indurre l’anima a riconoscersi per sua.
Le dà quello che ha, vale a dire, le stesse
disposizioni avute in terra da suo Figlio: grazia
veramente incomparabile. Chi più di suo
Figlio ha desiderato di uscire da questa vita? Lo ha
detto Lui stesso nella cena: Ho desiderato con
desiderio Oh, Signore! E non pensavate alla morte
che vi attendeva crudele, dolorosa e terribile?
- No, il grande amore e il desiderio che tutti gli
uomini si salvassero, superavano di gran lunga
quelle pene, senza poi dire che le ritenevo da nulla
di fronte alle molte altre che poi ho patito, e che
patisco tuttora da che sono nel mondo. -
14 – È proprio così, e l’ho meditato
spesso. Pensando al dolore che ha sofferto e soffre
un’anima di mia conoscenza – dolore così
intollerabile che pur di non soffrirlo amerebbe
meglio morire – mi domandavo: se così
insopportabile è il tormento di un’anima la
cui carità, dopo tutto, non è neppure
paragonabile a quella di Cristo, che cosa
avrà mai provato il Signore, e quale
sarà mai stata la sua vita, avendo sempre
innanzi ogni cosa e vedendo continuamente le gravi
offese che si facevano al Padre suo?
Questo tormento dovette essere assai più
grave di tutti quelli della sua sacratissima
passione. Questa, se non altro, segnava la fine di
ogni suo travaglio. E questo pensiero, unito alla
consolazione di sapere che la sua morte sarebbe
stata di nostro rimedio, e che con i suoi patimenti
avrebbe dimostrato al Padre il grande amore che gli
portava, doveva addolcire i suoi dolori.
Non è così che avviene anche fra noi?
Quando uno si dà a grandi penitenze con alto
impeto di amore, nemmeno quasi le sente.
Anzi, vorrebbe farne assai di più, e gli par
tutto poca cosa...
Così nostro Signore in quell’occasione
così propizia per dimostrare al Padre suo con
quanta perfezione gli ubbidisse e quanto amasse noi
uomini!
Oh, che gioia soffrire per fare la volontà di
Dio! Ma vedere la Maestà di Dio continuamente
offesa, e avvertire il gran numero di anime che si
dannano, io lo credo così penoso che se
nostro Signore fosse stato un semplice uomo, un
giorno solo di questo tormento sarebbe bastato, a
mio parere, per troncargli, non già una, ma
molte vite.
Capitolo 3
Prosegue sul medesimo argomento, e parla di un’altra
specie di unione, per raggiungere la quale giova
molto l’amore del prossimo – Capitolo molto utile
1 – Torniamo ora alla nostra piccola colomba e
vediamo qualche cosa di ciò che Dio le
accorda in questo stato. Però – e bisogna
esserne persuase – l’anima non deve mai lasciare
d’avanzarsi nel servizio di Dio e nel proprio
conoscimento, perché se si tiene paga di
ricevere questa grazia e, credendosi sicura, vive
trascurata, abbandonando la via del cielo,
consistente nell’osservanza dei comandamenti, le
avverrà come alla farfalla del baco, la quale
getta il seme per dar vita ad altre farfalle, ma
essa muore e rimane morta per sempre.
Dico che getta il seme, perché Dio vuole che
grazie così grandi non siano date invano.
Perciò, se quell’anima non se ne giova, fa in
modo che se ne giovino gli altri.
Con i desideri e le virtù che le vengono dal
perseverare nel bene, quell’anima comunica a varie
altre il suo stesso calore. Anzi può
rimanerle il desiderio di giovare al prossimo anche
dopo aver perduto ogni calore, godendo di far
conoscere le grazie che Dio accorda a chi lo ama e
lo serve.
2 – Ciò è avvenuto a una persona di
mia conoscenza. Nonostante il suo cattivo stato,
godeva che altri si approfittassero delle grazie da
lei avute, e si compiaceva d’insegnare il cammino
dell’orazione a chi lo ignorava. In questo modo fece
del gran bene, e il Signore le ritornò la sua
luce.
È vero che non era ancora giunta ad avere gli
effetti di cui parlo. Però, quanti son coloro
che, chiamati da Dio all’apostolato, onorati come
Giuda delle sue stesse comunicazioni ed elevati al
regno come Saul, finiscono poi, per loro colpa, col
perdersi!
Impariamo da ciò, sorelle mie, che il mezzo
più sicuro per progredire in nuovi meriti e
non mai perderci come questi infelici, è
l’obbedienza, accompagnata dall’esatto adempimento
della legge di Dio.
Parlo non solo alle anime che ricevono queste
grazie, ma anche alle altre.
3 – Malgrado quello che ho detto, mi pare che questa
mansione rimanga ancora molto buia. Tuttavia,
siccome è di sommo interesse l’entrarvi,
è bene non perderne la speranza, neppure se
il Signore non comparta questi favori
soprannaturali, perché con il suo aiuto la
vera unione si può conseguire benissimo,
sforzandosi di acquistarla col sottomettere la
propria alla volontà di Dio.
Quanti dicono cosa, persuasi di non voler altro, e
di essere anche disposti a sacrificare la vita! Se
foste tali veramente, vi direi e non cesserei di
ripetervi che questa grazia l’avete già. Di
quell’altra unione accompagnata da delizie, non
preoccupatevi affatto.
Il più prezioso di quella dipende tutto da
questa, e non lo si può conseguire se non
dopo essersi stabiliti nella sottomissione al volere
di Dio. Oh, unione desiderabile che è mai
questa!
Felice l’anima che l’ha raggiunta! Essa ha pace in
questa e nell’altra vita, perché, a parte il
pericolo di perdere Dio e il dolore di vederlo
offeso, non vi è allora più nulla che
la possa affliggere, non la povertà, non le
malattie, neppure la morte, eccetto quella di coloro
che nella Chiesa di Dio possono fare del bene,
vedendo essa chiaramente che il Signore sa disporre
le cose meglio di come ella le desideri.
4 – Dovete avvertire che non tutte le pene sono del
medesimo genere. Alcune – come pure alcune gioie –
sono un prodotto spontaneo della natura e della
carità, come la compassione dei mali altrui,
sofferta pure da nostro Signore quando
risuscitò Lazzaro.
Queste non solo non impediscono che l’anima stia
unita alla volontà di Dio, e non la turbano
con moti violenti afflittivi e di lunga durata, ma
passano anche presto, e, come ho detto parlando
delle delizie dell’orazione, lungi dal penetrare
sino al fondo dell’anima, non toccano che i sensi e
le potenze.
Il loro campo principale è nelle mansioni
precedenti, mentre in quelle che dirò per
ultimo non entrano neppure.
In questa specie di unione la sospensione delle
potenze di cui ho fatto parola, non è
necessaria. Il Signore è onnipotente:
può arricchire le anime per molte vie, e
farle arrivare a questa mansione senza la
scorciatoia di cui ho parlato.
5 – Persuadetevi intanto, figliuole mie, che il
verme deve assolutamente morire, e morire a nostre
spese.
Nell’altra unione l’aiuta molto a morire la nuova
vita che l’attende; ma qui bisogna che l’uccidiamo
noi, pur continuando a vivere di questa vita.
Ciò non si può fare se non a prezzo di
grandi lotte; ma se ne avrà la ricompensa, e
tanto grande quanto la vittoria.
Nessun dubbio che vi si possa giungere,
purché l’unione con la volontà di Dio
sia vera.
Questa è l’unione che io ho sempre desiderato
e che non cesso mai di domandare a Dio,
perché più evidente e più
sicura.
6 – Oh, noi infelici! Come sono pochi quelli che la
raggiungono!
Si crede di aver fatto tutto perché si
è entrati in religione e si evita l’offesa di
Dio! Ma, ohimé! restano ancora certi vermi
che non si lasciano conoscere, finché, come
quello che rose l’edera di Giona, non abbiano
rovinata ogni virtù, quali l’amor proprio, la
propria stima, i più piccoli giudizi temerari
e certe mancanze di carità verso il prossimo
che non si ama come noi stessi...
Se adempiamo i nostri doveri per forza, unicamente
per non commettere peccato, siamo molto lontane
dalle disposizioni necessarie per essere unite del
tutto alla volontà di Dio!
7 – Secondo voi, figliuole mie, in che consiste
questa divina volontà?
Nell’esser noi così perfette da formare una
cosa sola col Figliuolo e col Padre, come
Gesù Cristo ha domandato. Ma quanto ci manca
per arrivare a questo punto!
Per me vi confesso che scrivendo queste cose, lo
faccio con grandissima pena, perché vedo che
per mia colpa ne sono ancora molto lontana. Per
arrivarvi non è necessario che il Signore ci
dia grandi consolazioni: basta quello che ci ha dato
con l’aver mandato suo Figlio ad insegnarci la
strada.
Non crediate però che la conformità
alla volontà di Dio consista nel non sentire
dispiacere se muore mio padre o mio fratello, oppure
nel sopportare con gioia eventuali tribolazioni o
infelicità.
Sarebbe buona cosa, ma alle volte potrebbe essere
frutto di umana discrezione, in quanto che, vedendo
che non v’è più rimedio, si fa di
necessità virtù. Quanti atti di questo
genere ed altri consimili seppero pur fare i
filosofi con la loro sapienza!
Per noi la volontà di Dio non consiste che in
due cose: nell’amore di Dio e nell’amore del
prossimo. Qui devono convergere tutti i nostri
sforzi.
E se lo faremo con perfezione, adempiremo la
volontà di Dio e gli saremo unite. Ma quanto
siamo lontane dall’osservare questi precetti nel
modo che un tal Signore si merita! Piaccia a Dio di
farci un giorno arrivare: cosa che del resto
è in nostra mano, purché lo vogliamo!
8 – Il segno più sicuro per conoscere se
pratichiamo questi due precetti è vedere con
quale perfezione osserviamo quello che riguarda il
prossimo.
Benché vi siano molti indizi per conoscere se
amiamo Dio, tuttavia non possiamo esserne sicuri,
mentre lo possiamo essere quanto all’amore del
prossimo.
Anzi, più vi vedrete innanzi nell’amore del
prossimo, più lo sarete anche nell’amore di
Dio: statene sicure. Ci ama tanto Iddio, che in
ricompensa dell’amore che avremo per il prossimo,
farà crescere in noi, per via di mille
espedienti, anche quello che nutriamo per Lui.
E di ciò non v’è dubbio.
9 – Di grande importanza per noi è osservare
attentamente come su questo punto ci
diportiamo,perché se vi mettiamo grande
perfezione, tutto è fatto.
Ma per la miseria della nostra natura credo che non
arriveremo mai ad avere perfetto amore del prossimo,
se non lo faremo nascere dalla medesima radice
dell’amore di Dio.
Perciò, sorelle mie, siccome l’affare
è importantissimo, procuriamo di esaminare
noi stesse fin nelle più piccole cose, senza
far conto di certe idee che alle volte ci vengono in
massa durante l’orazione, per le quali ci pare di
esser pronte per amore del prossimo a intraprendere
e a far cose molto grandi, anche per la salvezza di
un’anima sola.
Se le nostre opere non vi corrispondono, non abbiamo
motivo di crederci da tanto. Così si dica per
ciò che riguarda l’umiltà e le altre
virtù.
Le astuzie del demonio sono grandi. Per farci
credere che possediamo una virtù, mentre non
l’abbiamo, metterà in moto tutto l’inferno, e
ne avrà ragione per il gran danno che ci
può fare, perché queste virtù,
derivando da tale radice, saranno sempre con qualche
vanagloria, contrariamente a quelle di Dio, dalle
quali esula con essa anche la superbia.
10 – Non posso a meno di ridere, alle volte, nel
vedere quello che succede ad alcune anime. Quando
sono in orazione, sembra loro di esser disposte per
amor di Dio ad ogni umiliazione e pubblico scherno;
ma poi, potendolo, nasconderebbero anche il
più piccolo difetto!
Non parliamo se venissero accusate di una mancanza
non commessa! Dio ce ne liberi!..
Ora, chi non può sopportare queste cose, si
guardi bene dal far conto di ciò che in se
stesso crede di stabilire, perché i suoi
propositi non sono che un effetto di pura
immaginazione, non un’efficace determinazione di
volontà, nel qual caso la cosa sarebbe ben
diversa.
È appunto per l’immaginazione che il demonio
tende i suoi lacci e i suoi inganni. E a quelli che
sono poco istruiti, come noi donne, ne può
tendere moltissimi, perché non sappiamo
distinguere la differenza che passa fra le potenze e
l’immaginazione, né le molte altre cose che
sono nel nostro interno.
Com’è facile, sorelle, distinguere fra voi
chi ha il vero amore del prossimo da chi non lo
possiede con tanta perfezione! Se comprendeste
quanto importi tal virtù, non vi
applichereste ad altro studio.
11 – Quando vedo delle anime tutte intente a
rendersi conto dell’orazione che hanno, e
così concentrate quando sono in essa da far
pensare che rifuggano dal più piccolo
movimento e dal divertire il pensiero per paura di
perdere quel po’ di gusto e di devozione che
sentono, mi persuado che ancora non conoscono come
si arrivi all’unione. Pensano che sia tutto nel far
così.
No, sorella mia! Il Signore vuole opere. Vuole, ad
esempio che non ti curi di perdere quella devozione
per consolare un’ammalata a cui vedi di poter essere
di sollievo, facendo tua la sua sofferenza,
digiunando tu, se occorre, per dare a lei da
mangiare; e ciò non tanto per lei, quanto
perché sai che questa è la
volontà di Dio.
Ecco in che consiste la vera unione con il volere di
Dio!
Altrettanto se senti lodare una persona: devi
rallegrarti di più che se quelle lodi fossero
per te. E questo ti sarà facile, se avrai
l’umiltà, nel qual caso le lodi sono
piuttosto di pena. E ancora, godere che le
virtù delle sorelle, siano conosciute, sentir
pena di un loro difetto, come se fosse tuo, e
cercare di coprirlo. Ma su questo punto mi sono
già estesa in altro luogo.
12 – Sorelle, se in questo mancassimo, saremmo
perdute! Piaccia a Dio che ciò non avvenga!
Vi assicuro che facendo come ho detto, otterrete di
arrivare a questa unione, mentre in caso contrario
persuadetevi di non arrivarvi mai, nonostante che
possiate avere devozione e delizie spirituali sino a
credere d’esservi giunte, e andiate soggette,
durante l’orazione di quiete, ad alcune piccole
sospensioni, in base alle quali certe anime credono
che tutto sia fatto.
Pregate il Signore che vi conceda l’amore del
prossimo in tutta la sua perfezione e lasciate fare
a Lui.
Se da parte vostra vi sforzerete e farete il
possibile per procurarvelo; se costringerete la
vostra volontà ad accondiscendere in tutte a
quella delle sorelle, anche a scapito dei vostri
diritti; se nonostante tutte le ripugnanze della
natura, dimenticherete i vostri interessi per non
attendere che ai loro, e, presentandosene
l’occasione, prenderete su di voi ogni fatica per
esentarne le altre, Egli vi darà più
di quanto sappiate desiderare.
Non crediate che questo non vi debba costare, e che
abbiate già fatto ogni cosa.
Considerate quanto é costato al nostro Sposo
l’amore che ha nutrito per noi: per liberarci dalla
morte ha subito la morte più crudele, quella
della croce.
Capitolo 4
Prosegue sul medesimo argomento e dichiara
più ampiamente questa specie di orazione –
Quanto importi camminare con attenzione,
perché il demonio mette in opera ogni mezzo
per far retrocedere le anime dalla via incominciata
1 – Mi pare che bramiate conoscere cosa faccia la
colombina e dove vada a riposarsi, perché,
sapendo ormai volare molto alto, non si ferma
più né fra le dolcezze spirituali,
né fra le soddisfazioni della terra.
Ma non posso appagare il vostro desiderio che
all’ultima mansione; e anche allora piaccia a Dio
che mi ricordi e abbia tempo di farlo. Sono
già cinque mesi che ho cominciato questo
lavoro; e siccome la mia testa non mi permette di
rileggerlo, dev’essere un disordine completo, con
alcune cose dette forse due volte. Ma dovendo
servire per le mie sorelle, non me ne preoccupo.
2 – Vi voglio spiegare più chiaramente in che
consista l’orazione di unione, servendomi di un
paragone, conformemente al mio ingegno, e parleremo
più a lungo di questa piccola farfalla, la
quale, benché non sappia fermarsi né
trovare in nulla il suo riposo, tuttavia non cessa
di far del bene a sé e agli altri, nonostante
ogni contraria apparenza.
3 – Avrete spesso sentito dire che Dio si sposa
spiritualmente con le anime. Sia benedetta la sua
misericordia per tanta umiliazione!...
Si tratta di un paragone grossolano; eppure non
trovo nulla che faccia meglio intendere queste cose
come il sacramento del matrimonio. Certo che la
differenza è molto grande, perché
nell’alleanza di cui parliamo non vi è nulla
che non sia spirituale: quella corporea ne rimane
molto lontana, e lontane le mille miglia dai gusti e
dalle consolazioni spirituali che qui il Signore
concede, sono pure le soddisfazioni di chi contrae
matrimonio.
È l’amore che si unisce all’amore, e si hanno
operazioni così pure, delicate e soavi da non
aver parole per esprimersi. Ma il Signore sa farle
sentire benissimo.
4 – Benché l’unione non arrivi ancora ad
essere fidanzamento spirituale, tuttavia vi succede
come nel mondo, quando due devono fidanzarsi: si
esamina se uno conviene all’altro e se desiderano di
unirsi, poi si permette che si vedano,
affinché ne siano entrambi soddisfatti.
Supponiamo nel caso nostro che il contratto sia
già stipulato, che l’anima sia ben informata
di quanto quell’unione le convenga, e sia decisa a
sottomettersi in tutto alla volontà dello
Sposo, non tralasciando nulla di quanto vedrà
di suo gradimento.
Intanto il Signore, vedendo che l’anima è
proprio in queste disposizioni, si dichiara contento
di lei e, volendo farsi meglio conoscere, le concede
la grazia di venire, come suol dirsi, a un incontro,
per poi unirla a sé.
E tutto questo in brevissimo spazio di tempo, non
essendovi di mezzo più alcun contratto, ma
soltanto uno sguardo, mediante il quale l’anima vede
– e in maniera molto misteriosa – chi sia lo Sposo
che deve prendere, riportandone una tale conoscenza,
quale non potrebbe acquistare neppure in mille anni
con l’esercizio dei sensi e delle potenze.
Con quel semplice sguardo lo Sposo, essendo Quegli
che è, fa l’anima più degna di andare
a dargli la mano, mentre l’anima ne rimane talmente
rapita da far poi tutto il possibile per realizzare
il fidanzamento.
Ma se invece si trascura sino a porre le sue
affezioni sopra altro oggetto che non sia Lui, perde
ogni cosa, e con perdita tanto più grave
quanto più eccelse sono le grazie che Egli le
terrebbe riserbate: insomma, una perdita da non
potersi descrivere.
5 – Anime cristiane che Dio ha condotto fin qui, vi
prego per amor suo di non mai trascurarvi e di
fuggire le occasioni, perché qui l’anima non
è ancora così forte da saperle
affrontare come dopo il fidanzamento, che ha luogo
nella mansione seguente.
L’incontro con lo Sposo qui è soltanto con
uno sguardo; e il demonio mette in moto ogni cosa
per combattere l’anima e impedirle di fidanzarsi.
Dopo invece, vedendola tutta dello Sposo, va
più a rilento e ne ha paura, conoscendo per
esperienza che se qualche volta l’assale, egli ne
rimane con gran perdita, ed ella con maggior
vantaggio.
6 – Eppure ho conosciuto alcune persone molto
avanzate che dopo esser giunte sin qui, il demonio
è riuscito a far sue, mediante insidie ed
astuzie sottili. Credo che, pur di riuscirvi, debba
mobilitare tutto l’inferno, essendo persuaso che
rovinare un’anima sola di queste è rovinarne
una moltitudine.
V’è da ringraziare il Signore nel considerare
il gran numero di anime che Dio attira a sé
mediante il concorso di una sola. Quante migliaia ne
han convertite i martiri! Quante una donzella come
S. Orsola! Quante ne ha rapite al demonio un S.
Domenico, un S. Francesco ed altri fondatori di
Ordini! e quante gliene rapisce tuttora il P.
Ignazio, fondatore della Compagnia!
Se è vero che essi ricevevano da Dio queste
grazie, come appare dalla lettura della loro vita,
è pur vero che, se giunsero a tanto, fu solo
perché si sforzarono di non andar privi, per
loro colpa, di un sì divino fidanzamento.
Ah, figliuole mie, il Signore è disposto a
darci grazie non meno oggi che allora. Anzi, sembra
quasi che oggi abbia maggior bisogno che si
ricevano, perché pochi sono coloro che
zelano, come allora, la sua gloria. Ma è che
amiamo troppo noi stesse!
Siamo troppo attente a non perdere i nostri diritti
! Oh che grande inganno!...
Ci dia luce il Signore nella sua infinita
misericordia, per non cadere fra tante tenebre!...
7 – Mi potreste esporre od opporre due
difficoltà. Primo: se l’anima è
così conforme al volere di Dio, come si
è detto, e non vuol fare in nulla la propria
volontà, come può cadere in inganno?
Secondo: per quali vie il demonio può
introdursi in voi e rovinarvi in maniera tanto
pericolosa se siete lontane dal mondo, frequentate
tanto i sacramenti, senza poi dire che qui vivete in
compagnia di angeli, giacché, per
bontà di Dio, ognuna di voi non desidera che
di servire e piacere in tutto al Signore? Che
ciò accada a chi vive fra i pericoli del
mondo, nessuna meraviglia!
Vi rispondo che avete ragione e che in questo il
Signore ci ha fatto una grande grazia.
Tuttavia, quando penso che Giuda viveva con gli
apostoli e conversava con lo stesso Dio di cui udiva
le parole, comprendo che non ci può essere
sicurezza neppure nel nostro stato.
8 – Rispondendo ora alla prima difficoltà,
dico che quest’anima non si perderebbe se si tenesse
continuamente unita alla volontà di Dio. Ma
viene il demonio con le sue grandi astuzie, e sotto
colore di bene la distacca a poco a poco da quella
divina volontà in certe piccole cosette,
ingannandola in varie altre col farle credere che
non siano cattive.
Le offusca l’intelligenza, le raffredda la
volontà, le fa crescere l’amor proprio; e
così, da una in altra cosa, la vien separando
dal volere di Dio ed accostando al suo proprio.
Con questo rimane sciolta anche la seconda
difficoltà, perché non vi è
clausura tanto stretta che al demonio possa essere
inaccessibile, né deserto così
sperduto che egli non sappia rintracciare.
Però vi faccio osservare quest’altra cosa: il
Signore potrebbe permettere tutto questo per vedere
come si diporti quell’anima di cui vorrebbe servirsi
per illuminare le altre, perché se ella ha da
essere infedele, è meglio che lo sia subito,
piuttosto di divenirlo quando può far danno a
molte altre.
9 – Ecco il rimedio che mi sembra più
efficace. Presupposto che si preghi continuamente
per chiedere a Dio che ci sostenga con la sua mano,
pensando spesso che se Egli ci abbandona, cadiamo
subito e indubbiamente nell’abisso; presupposto di
non mai commettere la pazzia di confidare in noi
stesse, dobbiamo esaminare con particolare cura ed
attenzione come ci esercitiamo nella virtù,
se progrediamo o torniamo indietro, specialmente in
ciò che riguarda l’amore vicendevole, il
desiderio di essere tenute le ultime di tutte, e
così pure come disimpegniamo le cose
ordinarie.
Esaminandoci seriamente e pregando il Signore a
illuminarci vedremo subito dove guadagniamo e dove
invece perdiamo.
Non dovete credere che Dio, dopo avere elevato una
anima tanto in alto, l’abbandoni poi sì
facilmente che il demonio, per ciò ottenere,
non debba molto faticare. Anzi, gli dispiace tanto
la sua perdita che non cessa d’inviarle molti avvisi
interiori: per cui il pericolo che corre non le
può essere nascosto.
10 – Insomma, procuriamo di andar sempre innanzi e
temiamo molto se non facciamo progressi,
perché vuol dire che il demonio sta meditando
qualche assalto. Non avanzare è un segno
molto cattivo, perché l’amore non è
mai ozioso: è impossibile che un’anima giunta
tanto in alto cessi di andare innanzi.
Se aspira a diventare sposa di Dio, con il quale
è già venuta ai primi accordi, non
deve certo dormire.
Intanto, figliuole mie, per mostrarvi come il
Signore tratta le anime che già considera sue
spose, entriamo a parlare delle seste mansioni, e
vedrete come sia insufficiente per disporci a tali
grazie, non solo il poco che facciamo, ma neppure il
molto che potremmo fare e soffrire.
Ben può essere che il Signore abbia disposto
che mi ordinassero di scrivere queste cose,
affinché, fissati gli sguardi sul premio, e
vedendo quanto sia infinita la sua misericordia nel
manifestarsi e comunicarsi con dei vermi come noi,
dimentichiamo le nostre piccole
soddisfazioni terrene, e corriamo infiammate dal suo
amore, occupate soltanto della sua grandezza.
11 – Piaccia a Dio che di un argomento così
difficile sappia almeno dire qualche cosa!
Certo che se Egli e lo Spirito Santo non muovono la
mia penna, ne sarò affatto
incapace.
Ma nel caso che questo scritto non vi debba essere
di profitto, prego i1 Signore di non permettermi di
dir parola, non avendo io altro di mira – come Egli
conosce e io ne posso giudicare – che di dar gloria
al suo nome e ottenere che ci sforziamo di servirlo,
dato che tanto ricompensa fin da questa terra, dove
le sue grazie ci fanno intravedere quanto ci
darà un giorno nel cielo senza le
interruzioni, i travagli e i pericoli che
s’incontrano in questo mare tempestoso. Sarebbe un
gran conforto poter vivere e lavorare sino alla fine
del mondo per la gloria di un Dio così
grande, nostro Sposo e Padrone! Ma vi è il
pericolo di offenderlo e di finire col perderlo!...
Piaccia al Signore che meritiamo di rendergli almeno
qualche servizio, scevro di quelle imperfezioni che
sempre ci accompagnano, anche nelle buone opere!
Amen.
Capitolo 1
Quanto più grandi sono le grazie che il
Signore comincia a compartire, tanto più
gravi sono i travagli che ne vengono – Si parla di
alcuni di essi, e si dice come li sopporti chi
è entrato in questa mansione – Utile per le
anime che soffrono pene interiori
1 – Con l’aiuto dello Spirito Santo, veniamo ora a
parlare delle seste mansioni, nelle quali l’anima,
già ferita dall’’amore dello Sposo, cerca con
maggior cura di starsene in solitudine, sfuggendo,
per quanto il suo stato glielo permette, tutto
ciò che la potrebbe distrarre. La vista dello
Sposo l’ ha così colpita, che ora ogni suo
desiderio è di tornare a goderlo. Qui
veramente non si vede nulla per dover usare la
parola vista, neppure con l’immaginazione; ma se
l’adopero è per il paragone che ho adottato.
L’anima, dunque, è fermamente decisa di non
prendere altro sposo. Ma lo sposo, invece di
guardare all’ardore con cui ella desidera che si
celebri il fidanzamento, vuole che i suoi desideri
si rendano più intensi, e che quel bene,
superiore a ogni bene, le costi almeno qualche cosa.
È vero che di fronte a un tanto bene vi
è ben poco che valga; ma vi devo pur dire,
figliuole, che non meno grandi sono anche le prove
che d’ora innanzi le succedono, tanto che per
sopportarle ha bisogno di quei pegni di cui si vede
favorita.
Oh, mio Dio!... Quali pene interiori ed esteriori
deve mai ella soffrire prima di entrare nella
settima mansione!...
2 – In verità, quando vi penso temo che,
prevedendole, sia assai difficile che la nostra
debolezza si risolva a sopportarle, neppure con la
prospettiva di una infinità di vantaggi, a
meno che non si sia già arrivati alla settima
mansione, dove non si ha più paura di nulla e
dove l’anima è decisamente risoluta a
sopportare qualsiasi cosa per amore di Dio. La
ragione è che allora è quasi sempre in
intima unione col Signore, da cui le deriva ogni
forza.
Credo utile descrivervi alcune pene che qui si
soffrono, e che io conosco assai bene.
Certo che non tutte le anime sono condotte per
questa strada. Tuttavia, quelle che Dio favorisce di
tali cose di cielo, sia pure ad intervalli, è
mio parere che, in un modo o in un altro, debbano
andar soggette alle sofferenze della terra.
Non era mia intenzione fermarmi su di ciò; ma
poi ho pensato che la cognizione di ciò che
soffrono le anime, a cui Dio comparte tali grazie,
può essere di conforto a chi si trova in
dette angustie, nelle quali sembra veramente che
tutto sia perduto. Nel parlarne non seguirò
l’ordine con cui si succedono, ma come mi si
presenteranno alla mente.
3 – Voglio cominciare dalle più piccole, che
sono le mormorazioni, tanto delle persone con cui si
hanno rapporti, come di quelle con cui non se ne
hanno, e di cui non si avrebbe mai pensato che
potessero occuparsi delle cose nostre.
Dicono: «Vuol far la santa! Fa di tutto per
ingannare il mondo e screditare gli altri, che sono
assai migliori di lei, benché senza tante
cerimonie!». Si noti intanto che ella non fa
proprio cerimonie, ma cerca solo di osservare
esattamente ciò che esige il suo stato.
Tuttavia, quelli che riteneva per amici si
allontanano da lei, e facendosi suoi nemici
l’assalgono con i morsi più dolorosi e
più sensibili: «Quell’anima è
un’illusa! È in inganno evidente! Sono
artifizi del demonio! Le avverrà come a
quella e a quell’altra che andarono perdute!
Dà motivo di screditare la virtù!
Inganna i confessori!...
E andranno a dirlo agli stessi confessori, citando
l’esempio di coloro che per quella, via si sono
perduti. E mille altri scherni e dicerie.
4 – Io so di una persona che, al punto a cui le cose
eran giunte, temeva di non poter più trovare
chi volesse confessarla. Non mi fermo a raccontare i
particolari, perché troppo numerosi.
Il peggio è che questa guerra non termina
tanto presto, ma dura tutta la vita, perché
gli uni raccomandano agli altri di stare in guardia
e di non trattare con tali anime.
Mi direte che vi sono anche di quelli che ne parlano
bene.
Si, figliole, ma come pochi di fronte al gran numero
dei denigratori! Del resto, per quell’anima le lodi
non sono che un motivo di tormento, perché,
essendosi veduta poco prima in grandi peccati e
molto povera, riconosce che se ora ha qualche bene,
questo non è suo, ma di Dio che gliel’ ha
dato, per cui la stima degli uomini le si fa
intollerabile: almeno da principio, poi la pena
diminuisce, e ciò per più motivi.
Primo, perché l’esperienza la persuade che
gli uomini tono tanto pronti a dir bene che a dir
male, per cui non fa più conto di una cosa
che dell’altra.
Secondo, perché Dio le fa maggiormente
conoscere non essere in lei alcun bene che non
provenga da Lui, e perciò non fa che
ringraziarlo, dimenticando la parte che ella vi
ebbe, quasi sia di altri.
Terzo, perché vedendo alcune anime far
progressi nel conoscere le grazie di cui ella
è favorita, pensa che il Signore voglia ad
esse giovare mediante la stima di cui quelle la
circondano senza suo merito.
Quarto, perché occupandosi dell’onore e della
gloria di Dio più che di se stessa, si sente
libera dal timore, comune ai principianti, che
quelle lodi le siano di danno, come lo furono ad
alcune persone di sua conoscenza. Pur di ottenere
che per suo mezzo Dio sia lodato una volta sola di
più, non si cura neppure di cadere nel
disonore: avvenga quel che vuole avvenire.
5 – Queste ed altre ragioni attenuano la gran pena
che le lodi le producono. Tuttavia, ne sente sempre
qualche cosa, a meno che non vi presti attenzione.
Ma incomparabilmente più grave di tutti
è il tormento di vedersi pubblicamente
ritenuti per buoni senza alcuna ragione.
Quando un’anima arriva a non curarsene, molto meno
si curerà delle critiche: queste anzi la
ricreeranno come una musica soave. E ciò
è verissimo, perché i frutti di quel
cammino fanno l’anima più forte: lei stessa
lo riconosce e vede che chi la perseguita non lo fa
con offesa di Dio, ma solo perché così
Egli permette allo scopo di farle ricavare maggiori
beni.
E siccome vede che è così, circonda
quelle persone di una tenerezza tutta particolare,
le riguarda come le sue amiche più sincere,
perché le procurano maggiori vantaggi che non
coloro che dicon bene di lei.
6 – Oltre a ciò il Signore suole inviare
infermità molto gravi.
Questa prova supera la precedente, soprattutto
quando i dolori sono acuti: credo infatti che fra le
prove esteriori non ve ne sia alcuna sulla terra che
eguagli il tormento di gravissimi dolori. Intendo
dolori molto forti: degli altri, ne vengano quanti
vogliono.
Dolori siffatti mettono sossopra l’interiore e
l’esteriore: l’anima si altera, non sa più
cosa fare, tanto che pur di sottrarsi a quel
tormento, accetterebbe di buona voglia qualunque
rapido martirio.
Bisogna però dire che il dolore non dura
sempre nella sua più alta intensità,
perché Dio non dà più di quello
che si può sopportare, e prima di tutto
infonde pazienza. Ma in via ordinaria manda
sofferenze molto gravi e malattie di ogni specie.
7 – Conosco una persona che da quando
cominciò ricevere la grazia di cui ho
parlato, vale a dire da quarant’anni a questa parte,
può affermare di non aver mai avuto un sol
giorno senza dolori e senza soffrire in diverse
altre maniere, tanto per mancanza di salute
corporale che per altri travagli molto gravi.
È vero che era stata molto cattiva, e
perciò di fronte all’inferno che aveva
meritato, stimava tutto poca cosa. Forse chi non ha
tanto offeso il Signore sarà condotto per
altre vie, ma io preferisco sempre quella della
croce, se non altro per imitare nostro Signore
Gesù Cristo. Lo farei anche se non vi fosse
alcun altro vantaggio: a maggior ragione nel vederne
un sì gran numero.
8 – Che dire poi delle pene interiori? Se si
potessero ben descrivere, come parrebbero leggere le
esteriori! Ma chi può descriverle nella
maniera in cui si sentono?
Cominciano col tormento d’incontrarci con un
confessore così pauroso e poco sperimentato
che non trova nulla di sicuro. Vedendo cose
straordinarie, teme di tutto, dubita di tutto e
condanna tutto come opera del demonio o effetto di
melanconia, specialmente se nell’anima così
favorita viene a scorgere qualche imperfezione,
quasi che le persone a cui Dio fa tali grazie,
debbano essere angeli, cosa assolutamente
impossibile finché siamo in questo corpo.
Ciò del resto non mi meraviglia. Ai nostri
giorni la melanconia ha invaso il mondo: si è
tanto diffusa, e il demonio se ne serve per tanti
mali, che i confessori han ragione di temere e di
guardarsene attentamente.
Ma la povera anima che, essendo agitata dai medesimi
timori, ricorre al confessore come a un giudice e si
vede da lui condannata, cade in preda ad angosce e a
inquietudini così vive da non essere comprese
se non da chi le ha provate.
Altro supplizio di tali anime – specialmente se sono
state imperfette – è di pensare che Dio
permetta tale inganno in castigo dei loro peccati.
È vero che quando ricevono tali grazie ne
sono affatto sicure, e nemmeno possono dubitare che
non siano dallo spirito di Dio; ma siccome quei
favori passano rapidamente, mentre il ricordo dei
peccati persevera, il loro tormento non tarda molto
a ricominciare, specialmente se vedono in sé
dei difetti, che non mancano mai. Godono un po’ di
pace quando il confessore le rassicura; ma se egli
le impaurisce, la loro pena diviene insopportabile,
specialmente se sono in una di quelle aridità
in cui pare che non si abbia mai avuto, né si
avrà mai alcun pensiero di Dio, udendo
parlare del quale sembra che si accenni a una
persona che si è sentita nominare molto tempo
addietro.
9 – Ma questo è ancora nulla. Guai se oltre a
ciò l’anima si lascia vincere dal timore di
non sapersi manifestare e di ingannare i confessori!
Allora non le giova a nulla neppure se, esaminandosi
attentamente, non scorge in sé nemmeno un
primo moto che tenga loro nascosto. L’intelletto
è così al buio che non è
più capace di vedere la verità, crede
a tutte le rappresentazioni della fantasia, che
allora è padrona, e a tutte le insinuazioni
del demonio a cui Dio deve certo permettere di porre
l’anima alla prova, sino a farle intendere di essere
da Lui rigettata.
Sono tanti gli assalti da cui è combattuta,
ed ha un’angoscia interiore così tormentosa e
intollerabile, che io non so ad altro paragonarla
che alle pene dell’inferno. In tanta tempesta, ogni
consolazione è proscritta; e se ne cerca
qualcuna dal confessore, le vien da pensare che
tutti i demoni si colleghino con lui per tormentarla
di più.
Un confessore che dirigeva un’anima sottoposta a
questo supplizio le aveva detto, dopo che la prova
era passata, che quando vi andasse soggetta, glielo
facesse sapere, perché quell’angoscia,
risultando da tante cose, gli pareva molto
pericolosa.
Ma siccome il male peggiorava dovette persuadersi
che neppur lui vi poteva nulla. Se quell’anima
prendeva un libro in volgare, le accadeva di non
capirvi niente, come se non conoscesse neppur
l’alfabeto, benché sapesse leggere benissimo:
la sua intelligenza ne era affatto incapace.
10 – Per questa tempesta non vi è rimedio di
sorta: bisogna aspettare la misericordia di Dio, il
quale, con una sola parola o con qualunque fortuito
avvenimento, toglie immediatamente ogni angoscia
quando meno si pensa.
Allora l’anima si sente inondata di gioia, e
così piena di sole da sembrarle di non essere
mai stata fra le tenebre. È come un soldato
uscito vittorioso da una tremenda battaglia, e
ringrazia il Signore che ha combattuto per lei,
ottenendole di vincere.
Da parte sua è persuasissima di non aver
affatto combattuto, perché le armi con cui
poteva difendersi le sembravano tutte fra le mani
dei nemici. E così conosce la sua grande
miseria e il poco che noi possiamo, quando Dio ci
abbandona.
11 – Le pare che per intendere questa verità
non abbia più bisogno di riflettere,
perché l’esperienza avuta e la totale
impotenza in cui si è trovata le hanno fatto
conoscere il nulla del nostro essere e la bassezza
della nostra miseria.
Durante quella tempesta non ha offeso e non avrebbe
offeso il Signore per alcuna cosa al mondo:
perciò è in grazia, ma ella non lo
sente. Anzi, le pare di non avere in sé
neppure una scintilla di amor di Dio, né di
averne mai avuto, sogno le buone opere compiute, e
fantasia le grazie da Dio ricevute. Non vede altro
che i suoi peccati, e questi con chiarezza.
12 – Oh, Gesù! ... Che spettacolo veder
un’anima così abbandonata, a cui giovano a
nulla tutte le consolazioni della terra! Sorelle, se
vi succede di trovarvi in questo stato, non crediate
che i ricchi e quelli che godono libertà
siano in grado di aver rimedio più di voi.
No, no.
A quel modo che tutti i piaceri del mondo, posti
innanzi ai condannati a morte, non solo non li
confortano, ma accrescono il loro tormento,
così qui, perché si tratta di una pena
che vien dall’alto e non può esser guarita da
alcuna cosa al mondo. Dio vuole che conosciamo la
sua sovranità e la nostra miseria, essendo
ciò importantissimo per quello che ha da
venire.
13 – Che deve fare la povera anima se quel suo stato
si prolunga per vari giorni? Se prega, è come
se non pregasse (in riguardo, dico, ad averne
consolazione) perché non solo non penetra il
senso della preghiera, ma non sa neppure cosa dice,
nonostante preghi vocalmente.
Per l’orazione mentale, meno che meno: le sue
potenze non vi sono disposte. Di maggiore
pregiudizio le è pure la solitudine: e,
ciò nonostante, non può soffrire la
compagnia, né sentire alcuno che le parli
senza sperimentarne un nuovo e particolare tormento.
E così, malgrado ogni suo sforzo in
contrario, non può a meno di mostrare
all’esterno una certa noia e malumore che è
impossibile non vedere. Sa dire ciò che
prova? No.
Si tratta di cose indicibili, di pene ed angustie
spirituali che non si sanno nominare. Il miglior
rimedio, non già per farle scomparire – che
non ve n’è – ma solo per poterle alquanto
sopportare, è di occuparsi in opere di
carità o in altre cose esteriori, fiduciosi
nella misericordia di Dio che non manca mai a chi in
Lui confida. Sia Egli sempre benedetto! Amen.
14 – Quanto alle sofferenze esteriori causate dal
demonio, non credo utile parlarne, perché
devono essere molto rare e non tanto penose. Per
quanto facciano, credo che i demoni non arrivino mai
a inabilitare le potenze e a turbare l’anima nel
modo che ho detto, rimane sempre la ragione per
pensare che non possono andare più in
là di quanto il Signore permette; e
finché rimane la ragione, ogni pena è
leggera di fronte a quello che ho detto.
15 – Parleremo di altre pene interiori trattando dei
diversi modi di orazione e dei favori che Dio
accorda in queste mansioni.
Molte di esse superano in intensità le
precedenti, come appare dallo stato in cui lasciano
il corpo. Tuttavia non meritano il nome di pene, e
non è giusto che così si chiamino:
sono elettissime grazie di Dio, riconosciute come
tali anche dall’anima che le soffre, tanto da
giudicarle superiori a ogni suo merito.
La più grande di queste pene sopraggiunge
all’ingresso della settima mansione, ed è
accompagnata da molte altre. Parlerò soltanto
di alcune, perché di tutte è
impossibile, come è impossibile dichiararne
la natura.
Hanno un’origine molto più alta delle
precedenti; e se di quelle che sono di ordine
più basso io non ho saputo dire che questo,
meno ancora ne saprò dire della altre. Si
degni Iddio, per i meriti di suo Figlio, di
prestarmi in tutto il suo aiuto! Amen.
Capitolo 2
Diversi modi con i quali Iddio eccita l’anima – Si
tratta di favori molto grandi e preziosi, nei quali,
a quanto sembra, non vi è nulla da temere
1 – Sembra che abbiamo dimenticato la nostra piccola
colomba, ma non è così perché
le prove di cui ho parlato sono appunto quelle che
la impennano a un volo più alto.
Cominciamo ora a vedere come lo Sposo si comporta
con lei.
Prima di darsi a lei totalmente, la fa sospirare a
lungo, usando certi mezzi molto delicati che la
stessa anima non comprende, e che io non penso di
saper spiegare se non per farmi intendere da chi ne
ha l’esperienza. Si tratta di certi impulsi che
procedono dal profondo dell’anima, così
delicati e sottili da non aver paragoni neppure per
darne un’idea.
2 – Differiscono molto da quei sentimenti che
possiamo procurare da noi stessi, come pure da quei
gusti spirituali di cui abbiamo parlato. Spesso,
quando meno si pensa e neppure si è occupati
di Dio, Sua Maestà scuote l’anima come per un
colpo di tuono o a guisa di cometa che passi
rapidamente.
Non si sente alcun rumore, ma l’anima intende che
Dio l’ ha chiamata, e lo intende così bene
che alle volte, specialmente sul principio, trema ed
esce in lamenti, benché nulla le dolga.
Sente di essere stata ferita, ma non sa da chi,
né in che modo. Però riconosce che
è una ferita preziosa e non vorrebbe
guarirne.
Si lamenta con lo Sposo con esterne parole di amore,
senza potersi frenare, perché conosce che
Egli è presente e che ciò nonostante
non vuol manifestarsi onde non lo goda. Intensissima
è la pena che ne sente, ma deliziosa e soave:
l’anima non potrebbe sottrarsene, neppure volendolo.
Del resto, non lo vorrebbe nemmeno, perché
prova più gioia in questa pena che non nella
deliziosa sospensione dell’orazione di quiete, priva
di ogni pena.
3 – Sto struggendomi per darvi ad intendere in che
consista questa operazione di amore, ma non so come
fare. Dire che l’Amato dia chiaramente a conoscere
di essere con l’anima, e che ciò nonostante
chiami l’anima con un segno così evidente da
escludere ogni dubbio, con un fischio così
penetrante che essa ode e le è impossibile di
non udire, sembra importare contraddizione.
Eppure, pare che lo Sposo, dalla settima mansione
ove risiede, faccia sentire la sua voce senza dire
parola, e che gli abitanti delle altre mansioni –
sensi, immaginazione e potenze – non osino muoversi.
O mio potente Signore, come sono grandi i vostri
segreti! Come diverse le cose dello spirito da
quanto si può vedere e intendere
quaggiù, dove non c’è nulla che possa
lumeggiare un fenomeno come questo, che pure
è tanto piccolo di fronte ai molti che Voi
operate nelle anime!
4 – L’effetto che ne risulta è che l’anima si
va struggendo in desideri, pur senza sapere cosa
brami, perché vede d’avere Iddio con
sé.
Voi mi direte: Ma se l’anima ha questa conoscenza,
che altro desidera? Di che si affligge? Che cosa
vuole di più?
Non lo so. Ma so che questa pena sembra
compenetrarla intimamente, e che quando le vien
tolta la saetta da cui è stata ferita, le
pare, per il grande amore di cui arde, che con la
saetta le strappino pure le viscere.
Ecco ciò che mi vien da pensare. Non potrebbe
essere che dal fuoco dell’acceso braciere che
è il mio Dio, si fosse spiccata una scintilla
e fosse venuta a toccare l’anima facendole sentire
l’ardore di quell’incendio? Non potrebbe essere che,
essendo una scintilla molto deliziosa ma non tanto
forte per consumarla, lasciasse l’anima in
balìa della pena prodottale nel toccarla?
Ecco, a mio parere, il miglior paragone che ho
potuto trovare.
Si tratta di un dolore delizioso che non è
dolore e che non si fa sempre sentire nel medesimo
grado. Alle volte dura a lungo e alle volte
pochissimo, conforme piace al Signore comunicarlo,
non essendo cosa che si possa ottenere con industria
umana.
Anche se si prolunga per un buon tratto di tempo,
non è mai costante, ma va e viene.
Perciò l’anima non finisce mai di
abbruciarsi. Anzi, quando sta per accendersi, la
scintilla si spegne, ed ella rimane con il desiderio
di tornare all’amoroso tormento di cui quella
scintilla le è causa.
5 – Qui non si tratta né di un effetto della
natura o della melanconia, né di un’illusione
prodotta dal demonio o dall’immaginazione: lo si
vede assai bene, e se ne può essere sicuri.
È un movimento che proviene da dove abita
Colui che è immutabile, e i cui effetti sono
molto diversi da quelli delle altre devozioni, nelle
quali il profondo assorbimento causato dal gusto
spirituale può appunto ispirare qualche
dubbio. Siccome i sensi e le potenze non sono
sospesi, vanno considerando ciò che succede,
ma senza mettervi ostacolo. Anzi, quanto a quella
pena deliziosa, credo che non possano far nulla,
né aumentarla né toglierla.
Chi ha ricevuto da Dio questa grazia – e se l’ ha
ricevuta lo vedrà benissimo leggendo questo
scritto – lo ringrazi infinitamente e non abbia
paura di essersi ingannato. Tema soltanto di
mostrarsene ingrato, e faccia il possibile per
meglio servire il Signore e perfezionare la propria
vita.
Allora Iddio non cesserà di favorirlo e non
si sa dove andrà a finire. Una certa persona
che aveva ricevuto questa grazia l’aveva goduta per
vario tempo, ne era talmente contenta che con essa
si sarebbe ritenuta abbondantemente ripagata anche
se avesse servito il Signore per molti anni in mezzo
a grandi sofferenze. Sia Egli per sempre benedetto!
Amen.
6 – Può essere che mi domandiate
perché questo favore sia più sicuro
degli altri. Ed eccone le ragioni. Primo,
perché credo che il demonio non produca mai
una pena così deliziosa come questa. Se
può dar delizie e soavità che sembrano
spirituali, non è però in suo potere
unire alla sofferenza – e a tale sofferenza – tanta
gioia e tranquillità di spirito.
La sua potenza non si esplica che al di fuori; e le
sue pene, quando le produce, nonché essere
deliziose e tranquille, sono torbide e inquiete.
Secondo, perché questo dolce uragano si
scatena da una regione nella quale il demonio non
può far nulla.
Terzo, per i grandi vantaggi che ne derivano
all’anima, i più comuni dei quali sono, fra
gli altri, la risoluzione di patire per Iddio, il
desiderio di avere molte croci e una determinazione
fermissima di fuggire le soddisfazioni e le
conversazioni del mondo, e altre cose consimili.
7 – Che non sia effetto d’immaginazione, lo si prova
con l’incapacità di riprodurlo, neppure
volendolo. È così chiaro, che
l’illusione ne è assolutamente impossibile:
impossibile, dico, che ci sembri essere quando non
è, o si possa solo dubitarne.
Anzi, se si rimane con dubbio – d’esserne o di non
esserne stati favoriti – bisogna dire che non sono
veri impeti, perché questi si fan sentire
così bene, come alle orecchie del corpo una
voce molto forte.
E nemmeno si può dubitare che provenga da
melanconia, perché questa fabbrica le sue
chimere nell’immaginazione, mentre la pena di cui
parlo procede dall’interno
dell’anima. Ben può essere che m’inganni ma
fino a quando persone competenti non mi apporteranno
altre ragioni, io sarò sempre di questo
parere.
So di un’anima che temeva sempre di essere in
inganno: eppure di questa orazione non poté
mai dubitare.
8 – Il Signore ha pure altri mezzi per eccitare
l’anima. Talvolta, ad esempio, mentre si prega
vocalmente, senza alcun pensiero di cose interiori,
par di sentire, tutto a un tratto, una certa soave
infiammazione, simile a un profumo molto delizioso
che ci investa d’improvviso, diffondendosi per tutti
í sensi.
Non già che si senta profumo o altra cosa
somigliante: se adopero questo paragone, è
per far intendere che lo Sposo è presente e
che muove l’anima a un dolcissimo desiderio di
goderlo, per cui essa rimane disposta a grandi atti
e a impiegarsi tutta nel lodarlo.
L’origine di questa grazia – che per l’anima
è assai ordinaria – è la medesima
della precedente. Tuttavia non vi è nulla che
dia pena, neppure i desideri di vedere Iddio. Per
alcune ragioni già dette, mi pare che non vi
sia da temere nemmeno qui: ma bisogna ricevere
questo favore con rendimento di grazie.
Capitolo 3
Ancora sul medesimo argomento e dice del modo con
cui Dio parla alle anime: nel qual caso non bisogna
condursi a seconda dei propri lumi – Alcuni segni
per conoscere se vi sia o non vi sia illusione –
Capitolo molto utile
1 – Ecco un altro modo con cui Dio suole eccitare le
anime. Sembra una grazia superiore alle precedenti;
ma siccome può andar soggetta a maggiori
pericoli, ne voglio parlare un po’ più a
lungo.
Si tratta di certe parole che Egli dice all’anima e
che possono essere di diverso genere.
Alcune sembra che vengano dal di fuori, altre
dall’intimo più segreto dell’anima, altre
dalla sua parte superiore, ed altre dall’esterno, in
modo da udirle con le orecchie del corpo e da
sembrare che siano dette con voce articolata.
Qualche volta – spesso, anzi, – possono essere
effetto di fantasia, specialmente in persone di
debole immaginazione o melanconia: intendo di una
melanconia notevole.
2 – Secondo me, di queste due classi di persone, non
è il caso di occuparsi, neppure se dicono di
vedere, sentire ed intendere; e guardarsi anche
dall’inquietarle con dir loro che sono vittime del
demonio, ma ascoltarle come persone inferme.
La Priora o il confessore, con cui esse si
confidano, raccomandino loro di non annettervi
importanza, perché nel servizio di Dio non
è questo che vale, e che per tale via il
demonio ne ha ingannati parecchi.
Tuttavia, per non affliggerle di più – che
già lo sono per il loro umore – aggiungano
che così non sarà di loro. Dicendo che
si tratta di melanconia, non si finirebbe
più: affermerebbero di vedere e di sentire
anche con giuramento, perché a loro sembra
proprio così.
3 – Bisogna dispensarle dall’orazione e far di tutto
per indurle a non curarsi di quel che sentono,
perché il demonio, anche se non nuoce a
queste anime ammalate, può servirsi di esse
per far del male alle altre. Ma si tratti di anime
inferme o sane, in queste cose bisogna sempre
diffidare, fino a quando non si abbia conosciuto da
che spirito provengano.
Perciò da principio è sempre meglio
opporsi: se sono cose di Dio, le prove non
serviranno che a farle crescere e ingrandire di
più. Tuttavia, bisogna guardarsi
dall’inquietare e stringere troppo l’anima,
perché qui essa non può far altro.
4 – Ritornando ora alle locuzioni interiori di cui
ho parlato, in qualsiasi modo esse avvengano,
possono procedere da Dio, dal demonio o dalla
propria immaginazione.
Voglio ora dire – se con l’aiuto di Dio vi
riuscirò – quali siano i segni per
riconoscere la loro origine e quando possono essere
pericolose.
Molte sono le persone di orazione che ne vanno
favorite, e io vi vorrei persuadere, sorelle, che
non vi è alcun male, sia nel prestarvi che
nel non prestarvi fede.
Quando riguardano soltanto voi, e sono parole di
consolazione, oppure di avviso circa i vostri
difetti, qualunque ne sia l’autore – siano pure
effetto di fantasia – importa poco.
Solo che non abbiate a credere – neppure se vengono
da Dio – che per questo siate migliori delle altre.
Forse che Egli non ne ha dette molte anche ai
farisei?... L’importante è di trarne
profitto. Di quelle che non sono pienamente conformi
alla sacra Scrittura, non fatene più conto
che se le udiste dal demonio in persona.
Dobbiamo ritenerle per una tentazione contro la fede
anche se sono frutto di nostra debole immaginazione,
e resistere sino a farle cessare. E cesseranno
sicuramente, perché non hanno forza.
5 – Per giudicare se tali parole vengano da Dio, non
è buon criterio badare al modo con cui si
sentono, se dall’esterno, dall’interno dell’anima o
dalla sua parte superiore.
Secondo me, i segni più sicuri sono i
seguenti.
Il primo e più rassicurante è la
sovrana potenza che quelle parole hanno in
sé, perché sono insieme parole ed
opere.
Mi spiego meglio. Un’anima si trova immersa in
quelle pene ed inquietudini interiori di cui ho
parlato, arida e con l’intelletto fra le tenebre; ma
con una sola di quelle parole, come: Non
affliggerti! ella si ritrova nella pace e nella
tranquillità, immersa nella luce e affatto
libera da quella afflizione da cui credeva di non
poter essere alleviata neppure da tutto il mondo e
da tutti i dotti insieme uniti, malgrado ogni loro
sforzo nel suggerirle ragioni per calmarsi.
È forse afflitta e piena di paura
perché il confessore o altre persone le hanno
detto che si tratta del demonio; ma a questa sola
parola: Sono io, non temere! si riacquieta
completamente, rimane piena di consolazione, e le
pare che più nessuno le possa far credere
altra cosa.
Altre volte invece si trova gravemente preoccupata
per alcuni affari importanti che non sa come
andranno. Le vien detto di rassicurarsi
perché tutto andrà bene, e ne esce
più che certa, e pienamente tranquilla. E
così si dica di molti altri casi.
6 – Il secondo segno è che l’anima rimane in
una grande quiete, in un devoto e pacifico
raccoglimento e in una disposizione che la porta a
lodare Iddio.
Oh, Signore! ... Se ha tanta forza una parola
trasmessa per un vostro paggio, – giacché in
questa mansione, a quanto dicono, non siete Voi che
parlate, ma un vostro angelo, – che cosa farete Voi
quando l’anima vi sarà unita e Voi lo sarete
con lei mediante l’amore?
7 – Il terzo segno è che queste parole non
escono di mente neppure dopo moltissimo tempo.
Alcune poi non si dimenticano mai, ciò che
non avviene di quelle che si odono quaggiù;
dico di quelle che udiamo dagli uomini, le quali,
benché dette da persone gravi e sapienti,
tuttavia non s’imprimono come queste, né come
queste si credono nel caso che si riportino ad
avvenimenti futuri.
Queste infatti lasciano con una certezza assoluta,
per cui, anche se sul loro avveramento sorgono dei
dubbi, e l’intelletto – trattandosi di cose che
paiono impossibili – si rilasci alquanto e vacilli,
l’anima perdura in tale sicurezza da non mai
dubitarne, nonostante le sembri che tutto vada al
contrarío di quanto abbia inteso.
Passeranno pure degli anni, ma ella non
cesserà di pensare che Dio le
avvererà, ricorrendo anche a dei mezzi che
gli uomini nemmeno sospettano, come sempre avviene.
Non lascia però di soffrirne se
all’avveramento si frappongono ostacoli. Anzi,
siccome le furono rivolte molto tempo addietro, e
non sente più gli effetti e la certezza di
allora sulla loro origine, l’assalgono dei dubbi, e
si domanda se non siano state dal demonio o dalla
sua immaginazione.
Però, quando le intende, non solo non ha
alcun dubbio, ma per attestarne la verità
sarebbe pronta a morire.
Secondo me, queste incertezze devono provenire dal
demonio che cerca di angustiare e intimorire l’anima
soprattutto se dall’avveramento delle parole intese
devono seguire immensi beni agli altri, o si tratta
di opere di grande onore e servizio di Dio.
Se poi si frappongono difficoltà, oh, come se
ne giova il maligno!
Se non altro per indebolire la fede. E non credere
che Dio sia così potente da far cose
superiori alla nostra intelligenza, è
già un gran danno.
8 – Però, nonostante tutti questi assalti,
nonostante che i confessori affermino che sono
illusioni, nonostante che un gran numero d’incidenti
diano a credere che l’avveramento sia impossibile,
rimane sempre – non so dove – una così viva
scintilla di certezza che la stessa anima non
potrebbe spegnere neppure volendolo, neanche allora
che tutte le altre speranze fossero già
morte.
Finalmente la parola di Dio si avvera, e l’anima ne
rimane così lieta da non voler altro che
effondersi in continue lodi al Signore, a ciò
mossa più dal vedere adempiuto quello che
Egli le disse, che non dalla stessa opera, malgrado
che per lei possa essere di grandissima importanza.
9 – Non so perché l’anima abbia tanto
interesse che queste locuzioni si avverino. Non
credo però che, mancandone l’avveramento,
ella ne abbia tanta pena, perché dopo tutto,
non fa che riferire quanto le vien detto.
In simili circostanze una persona si ricordava del
profeta Giona quando temeva che Ninive non venisse
distrutta. Del resto, siccome si tratta dello
spirito di Dio, che è somma verità,
è giusto che l’anima gli si mostri fedele,
desiderando che non sia sorpreso in menzogna.
Perciò grandissima è la sua gioia,
quando dopo mille alternative e malgrado ogni
difficoltà, assiste all’avveramento di
ciò che ha inteso. Preferirebbe sopportare
ogni travaglio piuttosto che non si adempissero le
parole che indubbiamente ella crede di Dio.
Forse non tutte le anime avranno questa debolezza,
se debolezza può chiamarsi. Per conto mio,
non la ritengo cattiva, e non oso condannarla.
10 – Quando tali parole provengono
dall’immaginazione non hanno alcuno di questi segni,
non la certezza, non la pace, non il gaudio
interiore, eccetto il caso che si sentano quando
l’anima è profondamente assorta nell’orazione
di quiete o nel sonno spirituale.
So che la cosa è possibile, perché
avvenuta a persona di mia conoscenza.
Vi sono anime di temperamento o d’immaginazione
così ,deboli – o non so per che altra causa –
che una volta immerse in questo profondo
raccoglimento, rimangono talmente fuor di sé
che dall’esterno non sentono più nulla: i
sensi sono tutti assopiti, ed esse somigliano a uno
addormentato, per non dire che alle volte dormano
per davvero.
In questo stato s’immaginano, quasi sognando, che
alcuno parli con loro; vedono delle cose e pensano
che siano da Dio, benché in fine non
rimangano che con gli effetti di un sogno.
Può anche avvenire ciò che alle volte
accade veramente: cioè, che mentre pregano il
Signore con grande devozione, sembri loro che Egli
risponda in conformità dei desideri che
hanno. Tuttavia, chi ha grande esperienza non
potrà mai scambiare le parole di Dio con
quelle dell’immaginazione.
11 – Il timore più grande è che siano
dal demonio. Ma se hanno i segni che ho detto, si
può essere sicuri che sono da Dio.
Tuttavia, benché sembri e si sia convinti che
vengano da Lui, non bisogna mai esserne così
persuasi da fare alcuna cosa – o anche solo pensarla
– senza il consiglio di un confessore dotto,
prudente e vero servo di Dio, specialmente se tali
parole importino cose gravi da dirsi o da farsi,
concernenti tanto la stessa anima che altre persone.
Questa è la volontà di Dio, e con
questo si osserverà il suo comando, avendoci
Egli detto di tenere il confessore il luogo suo.
Ecco delle parole sulla cui provenienza non si
può, dubitare, e che sono di grande
incoraggiamento nelle difficoltà.
Il Signore assisterà il confessore e,
volendolo, lo porterà a credere che si tratta
del suo spirito. In caso contrario, non si
sarà obbligate a nulla. Agire diversamente e
condursi secondo il proprio parere mi sembra molto
pericoloso. Perciò, sorelle, vi raccomando,
da parte di nostro Signore, di non far mai
così.
12 – Iddio parla anche in un altro modo, con una
azione che mi pare molto evidente: cioè, come
appresso dirò, per via di visione
intellettuale.
Il fatto si svolge nel più intimo dell’anima:
con l’udito dell’anima s’intende il Signore che
pronuncia delle parole, ma in un modo così
chiaro e segreto da non dovervi temere alcuna
ingerenza diabolica, sia per la maniera con cui
s’intende, come per gli effetti che ne vengono e che
ci permettono di crederlo. Se non altro si ha la
sicurezza che ciò non viene
dall’immaginazione: sicurezza che con un po’ di
avvertenza si può sempre avere per le ragioni
seguenti.
Primo, per la differenza che v’interviene in fatto
di chiarezza, tanto che dalle parole di Dio non si
può togliere una sillaba senza che ce
n’accorgiamo, ricordandoci perfino se ci furono
dette in questa o in quella maniera, benché
nell’una e nell’altra si abbia sempre il medesimo
senso; mentre le parole dell’immaginazione non sono
né chiare, né distinte, ma come mezzo
sognate.
13 – Secondo, perché spesso non vi si pensa
neppure: vengono all’improvviso, anche in mezzo a
una conversazione. Se qualche volta rispondono ai
pensieri che passano allora per la mente, oppure a
quelli che si ebbero prima, spesso riguardano
avvenimenti non mai pensati, né creduti
possibili. Perciò l’immaginazione non
potrebbe fabbricarle, né ingannare l’anima
col farle credere una cosa mai desiderata, voluta o
conosciuta.
14 – Terzo, perché nelle locuzioni di Dio
l’anima è come una persona che ode, mentre in
quelle dell’immaginazione è come una che
compone a poco a poco quel che desidera di udire.
15 – Quarto, perché le parole sono molto
differenti: con una sola di Dio si comprendono
più cose che non sappia comporne l’intelletto
in così breve spazio di tempo.
16 – Quinto, perché spesso, mentre si
percepiscono, si comprende assai di più di
quello che esse significano, benché senza
suoni e in un modo che io non so spiegare. Ma di
questo modo d’intendere parlerò altrove
più a lungo, perché si tratta di una
cosa molto sorprendente che serve a far lodare il
Signore.
Intorno a questi modi d’intendere, alcune persone
hanno avuto dei dubbi, specialmente una che ne ha
sofferto moltissimo, e come lei ve ne saranno altre
che non finiranno mai di rassicurarsi.
Quella persona ne è stata favorita molte
volte, per cui ha potuto esaminare la cosa con
maggiore attenzione. Da principio il suo timore
più grande era che si trattasse di una sua
fantasia.
Se è il demonio che parla, lo si conosce
più presto. È vero che le sue astuzie
sono molte e che sa trasformarsi anche in angelo di
luce; ma ciò soltanto nelle parole,
pronunciandole così chiare come quelle dello
spirito di verità senza lasciare alcun
dubbio.
Tuttavia non potrà simularne gli effetti: non
solo non lascerà nella tranquillità e
nella luce, ma riempirà di confusione e
d’inquietudine. Aggiungo però che se l’anima
è umile e nonostante le parole che ode, non
agirà che dopo aver preso consiglio, il
demonio non le potrà fare gran danno: anzi,
non gliene farà affatto.
17 – Se si tratta di grazie e di favori divini,
l’anima consideri attentamente se per essi si
ritenga migliore. Se non rimane tanto più
confusa quanto più amorevoli sono le parole
che intende, si persuada che non sono da Dio,
essendo assolutamente sicuro che quando vengono da
Lui, più il favore è grande e
più l’anima si umilia, più ricorda i
suoi peccati, più dimentica i suoi interessi,
più si applica con memoria e volontà a
procurare l’onore di Dio, trascura di più i
suoi progressi e più si guarda dall’opporsi
al suo volere, rimanendo maggiormente convinta di
aver essa meritato, non già quelle grazie, ma
l’inferno.
Se i doni e i favori dell’orazione producono questi
effetti, l’anima deponga ogni dubbio e confidi nella
misericordia di Dio che è fedele, e non
permetterà mai al demonio d’ingannarla.
Tuttavia, è bene andar sempre con timore.
18 – Chi non è condotto per questa strada,
può forse pensare che, per liberarsi da ogni
pericolo, sia meglio non ascoltare quanto vien
detto; e se le locuzioni sono interiori, distrarsi
in modo da non intenderle. Ma ciò è
impossibile.
Prescindo dalle parole dell’immaginazione, alle
quali ci si può opporre facilmente col non
farne caso e col non nutrire desideri troppo forti.
Ma quanto alle altre, non v’è rimedio che
valga, perché lo spirito che parla arresta
ogni pensiero e rende così attenti a quanto
dice, da sembrare che sia meno impossibile a una
persona di finissimo udito non intendere chi le
parli molto forte.
Tuttavia questa persona può sempre divertire
l’attenzione e fissare il pensiero e l’intelligenza
in altre cose. Ma qui no, perché non vi sono
orecchie da chiudere, né possibilità
di pensare ad altro fuorché a quanto vien
detto.
Può arrestare le nostre potenze e tutto il
nostro interiore solo Colui che, pregato da
Giosué, ha fermato il sole.
E da ciò l’anima comprende che un Signore
assai grande governa il castello: cosa che la
compenetra di devozione ed umiltà. No, non vi
è alcun mezzo per evitare di ascoltarlo. Si
degni Sua Maestà di dirigere i nostri
pensieri a non contentare che Lui, dimenticandoci di
noi stessi! Amen!
Piaccia a Dio che mi sia spiegata nel modo che mi
sono prefisso, e che sia di qualche utilità a
coloro che avranno queste grazie!
Capitolo 4
Iddio sospende l’anima nell’orazione mediante i
rapimenti, le estasi e i ratti: insieme di cose che
credo formino un tutt’uno – Per ricevere da Dio
grandi grazie occorre un coraggio particolare
1 – Che riposo può mai avere la povera
farfalletta fra i travagli e le altre cose di cui ho
parlato? Tutto contribuisce a farle desiderare il
godimento dello Sposo.
Intanto, il Signore che conosce la sua debolezza, la
va abilitando con questi e molti altri espedienti,
affinché si animi ad unirsi a Lui,
prendendolo per suo Sposo.
2 – Voi forse riderete nel sentirmi parlare in
questo modo, e vi parrà di udire una
sciocchezza, sembrandovi che per far questo non
occorra aver del coraggio, poiché a nessuna
donna, neppure della più bassa condizione,
può mancar animo di sposarsi con un re.
Lo crederei anch’io se si trattasse di un re
terreno; ma con il Re del cielo vi dico che ne
occorre più di quanto ne pensiate,
perché per favori così grandi la
nostra natura è molto timida, e vile.
Se il Signore non c’infondesse coraggio, sono
persuasa che sarebbe impossibile,
nonostante i vantaggi che vi trovassimo.
Osservate ora in che modo il Signore viene a
conchiudere questo fidanzamento:
favorendo l’anima con dei rapimenti che la fanno
uscire dai sensi.
Se l’anima conservasse l’uso dei sensi, credo che
nel vedersi vicina a così grande
Maestà non le sarebbe possibile rimanere in
vita.
Sempre che si tratti di veri rapimenti, e non di
certe debolezze a cui noi donne andiamo soggette,
ritenendole per estasi e rapimenti. Come ho
già detto, vi sono complessioni così
deboli che sembrano morire con una semplice orazione
di quiete.
Avendo trattato con molte persone spirituali, ho
potuto conoscere varie specie di rapimenti, e ve ne
voglio parlare. Non so se riuscirò a
spiegarmi così bene come ho fatto in un altro
scritto, dove ho parlato pure di altre cose che qui
avvengono.
Credo per più ragioni che non sia fuor di
luogo ripetermi anche qui, se non altro per unire
insieme quanto concerne le mansioni.
3 – Una specie di rapimenti è questa.
L’anima, pur non essendo in orazione, si sente
toccata da una parola di Dio che le viene in mente o
che ode. Sembra allora che il Signore, mosso a
compassione per averla veduta languire tanto tempo
nel desiderio di lui, avvivi nel suo interno la
scintilla di cui ho detto e così l’anima,
dopo essersi completamente bruciata, risorge a nuova
vita a guisa di fenice, con il perdono di tutte le
sue colpe, come piamente si può credere,
sempre inteso che ne abbia le disposizioni e si
serva dei mezzi che la Chiesa insegna.
Così purificata, il Signore la unisce a
sé, senza che alcuno ne sappia il modo,
eccetto loro due. Anzi, neppur l’anima lo sa.
Benché mantenga l’uso delle sue interne
facoltà, non essendo qui come in uno stato di
svenimento o parossismo nel quale non si ha
percezione di sorta, né interna né
esterna, tuttavia non sa dirne nulla.
4 – Per quanto io ne capisca, l’anima non è
mai stata così sveglia per le cose di Dio,
né con tanta luce e conoscenza di Sua
Maestà come in questo caso. Sembrerà
impossibile, perché se i sensi e le potenze
si trovano così sospesi da dover dire che
sono come morti, in che modo si può conoscere
che l’anima comprende?
È un segreto che io non capisco, nascosto
forse a qualsiasi creatura e noto solo al Creatore,
non meno di molte altre cose che avvengono in questo
stato, voglio dire in queste due ultime mansioni, le
quali del resto, non ammettendo fra loro porta
chiusa, si possono unire benissimo: se mi sembra
bene dividerle è perché nell’ultima
avvengono certi fenomeni che non si sanno conoscere
se non entrandovi.
5 – Quando l’anima è in questa sospensione e
il Signore crede opportuno di svelarle qualche suo
segreto, come certe cose del cielo, o le accorda
delle visioni immaginarie, ella lo sa dire
benissimo, perché la sua memoria ne rimane
così colpita da non potersene più
dimenticare.
Ma non così nelle visioni intellettuali, non
essendo conveniente che, viventi ancora di questa
vita, se ne abbia tale conoscenza da saperne
parlare. Tuttavia, siccome in quel tempo ne deve
avere di assai sublimi, di molte di esse l’anima
può dire qualche cosa dopo aver ripreso l’uso
dei sensi.
Può darsi che alcuna non sappia ancora cosa
sia visione, specialmente intellettuale. A suo tempo
ne dirò qualche cosa, avendomelo comandato
chi ne ha il diritto.
Benché vi sembri fuori di luogo, forse per
qualche anima può essere utile.
6 – Ma voi mi direte: Se di queste grazie
così sublimi non rimane alcun ricordo, che
utilità ne ha l’anima nell’esserne favorita?
Ah, figliuole! Ne ha vantaggi così grandi da
non saperli abbastanza magnificare. Si tratta di
beni che rimangono impressi nella parte più
intima dell’anima: non si sanno esprimere, ma non si
sanno nemmeno dimenticare.
Ma come ricordarli se non sono accompagnati da
alcuna immagine, e le potenze non li intendono? Non
lo so. Tuttavia, so che certe verità
riguardanti la grandezza di Dio rimangono nell’anima
così scolpite, che quand’anche non vi fosse
la fede a dirle chi Egli sia, e a imporle di
riconoscerlo per suo Dio, l’adorerebbe come tale fin
da quel momento, come fece Giacobbe dopo aver veduto
la scala.
In quella visione egli dovette intendere molti altri
segreti che poi non seppe manifestare, perché
se avesse visto soltanto una scala sulla quale
scendevano e salivano gli Angeli, e non avesse avuto
una maggiore luce interiore, non avrebbe certo
inteso così grandi misteri.
Non so se in quello che dico do nel segno: l’ho
udito raccontare e nemmeno so se mi ricordo bene.
7 – Neppur Mosé seppe dire tutto quello che
vide nel roveto: disse soltanto quello che Dio gli
permise. Certo che se il Signore non gli avesse
mostrato dei segreti, e con tale certezza da fargli
credere e vedere che Egli era Dio, mai Mosè
si sarebbe gettato in tanti e così gravi
travagli.
Sotto le spine del roveto dovette intendere grandi
cose che gli dettero coraggio per tutto quello che
poi fece in favore del popolo d’Israele.
Perciò, sorelle, dobbiamo guardarci dal voler
intendere le cose occulte di Dio e dai cercarne le
ragioni.
Come crediamo che Egli è onnipotente,
dobbiamo pur credere che vermiciattóli di
così poca capacità come noi non
possono comprendere le sue grandezze. Lodiamolo
molto, affinché si compiaccia di farcene
intendere qualcuna.
8 – Vorrei trovare qualche paragone per lumeggiare
alquanto quel che dico. Ma credo che non ve ne siano
di adatti. Tuttavia, eccone uno.
Voi entrate in una di quelle sale che hanno i re o i
gran signori, e che credo si chiamino camerini, dove
si conservano innumerevoli cristalli di vario
genere, terrecotte e molti altri oggetti, disposti
in tal modo che, appena entrati, si vedano subito.
Fui introdotta in una di queste sale in casa della
duchessa d’Alba, presso la quale i Superiori mi
avevano comandato di fermarmi durante un mio viaggio
dietro istanza della medesima.
Appena entrata, rimasi molto sorpresa, e
domandandomi a che fosse utile quell’ammasso di
cose, vidi che tanta diversità di oggetti
poteva servire per lodare il Signore.
Ma ora sono molto contenta di potermene giovare
nella presente circostanza. Mi sono trattenuta
là dentro per un bel pezzo, ma vi era tanto
da vedere che dimenticai subito ogni cosa: non mi
rimase memoria di alcun oggetto, come se non li
avessi visti, per cui non saprei dire come fossero.
Mi ricordo soltanto di averli veduti.
Così qui. L’anima è divenuta una cosa
sola con Dio, e si trova nella stanza del cielo
empireo che dobbiamo avere nel nostro interno,
perché se Dio risiede in noi, è chiaro
che di queste mansioni ne abbiamo almeno qualcuna.
Ora, se il Signore non svela all’anima i suoi
segreti tutte le volte che essa è in estasi,
bastandole soltanto il gran bene di rimanere assorta
nel godimento di Lui, talvolta però si
compiace sospenderle quel godimento affinché
dia una rapida occhiata a quanto vi è nella
stanza. E allora ella ritornando in sé,
riporta l’impressione delle grandezze vedute, senza
che tuttavia ne sappia dire qualche cosa, e senza
che la sua natura possa arrivare più in
là di quanto il Signore le ha voluto
soprannaturalmente far vedere.
9 – Ho detto vedere: dunque, è visione
immaginaria? No, io non parlo che di visioni
intellettuali, ma siccome sono ignorante, la mia
rozzezza non si sa meglio spiegare.
Perciò, se di questa orazione ho detto
qualche cosa che va bene, è chiaro che non
è venuto da me.
Se in questi rapimenti l’anima non intende alcun
segreto, ritengo che non si tratti di veri
rapimenti, ma di certe debolezze naturali che
sogliono venire alle persone di gracile
complessione, come sono le donne, le quali, appena
lo spirito supera con un po’ di forza il naturale,
rimangono così assorte, come mi sembra di
aver detto parlando dell’orazione di quiete.
Questi fenomeni non hanno a che fare con i
rapimenti, perché in questi, credetemi, Dio
rapisce a sé tutta l’anima e le mostra una
qualche piccola porzione del regno che le ha
acquistato, come a sua sposa e proprietà.
La quale porzione, per piccola che sia, è
sempre immensa, come tutto quello che vi è in
un Dio così grande. Egli intanto non vuol
disturbo di cosa alcuna, non dalle potenze,
né dai sensi.
Perciò, ordina che si chiudano le porte di
tutte le mansioni, lasciando aperta soltanto quella
in cui Egli abita, acciocché l’anima vi possa
entrare.
Sia benedetta una così grande misericordia!
Con quanta ragione sarà maledetto chi non
vorrà giovarsene, perdendo Dio per sempre!
10 – Ah, è un nulla, sorelle, quello che
abbiam lasciato! È un nulla quello che
facciamo o possiamo fare per un Dio che così
si comunica con un verme!
E se un tanto bene possiamo sperarlo fin da questa
vita, che facciamo, sorelle, in che ci fermiamo? Che
cos’è che ci distrae dal cercare questo
Signore, come la sposa per le vie e per le piazze?
Ah, che tutto è illusione nel mondo se non ci
aiuta a fare questo! Anche se i suoi piaceri,
ricchezze e godimenti durassero per sempre, e
fossero tanto numerosi da superare ogni
immaginazione, non sarebbero che sterco è
schifezza, paragonati ai tesori che si hanno a
godere senza fine.
Eppure, nemmeno questi possono reggere al paragone
di possedere il Signore di tutti i tesori, del cielo
e della terra.
11 – Oh, cecità umana! E. fino a quando, fino
a quando terremo gli occhi impiastricciati di terra?
Benché fra noi la terra non sembri tale da
accecarci del tutto, scorgo però delle
pagliuzze e delle piccole pietre che, lasciate
aumentare, ci possono essere di danno.
Per amor di Dio, sorelle, serviamoci di questi
difetti almeno per approfondire la nostra miseria ed
averne miglior vista, come dal fango il cieco nato,
guarito dal nostro Sposo.
Vedendoci tanto imperfette, intensifichiamo la
preghiera per ottenere che dalle nostre miserie il
Signore abbia a ricavare del bene, onde contentarlo
in ogni cosa.
12 – Come mi sono dilungata senza accorgermi!...
Perdonatemi, sorelle! Giunta a queste grandezze di
Dio – intendo dire a parlare di esse – non posso
lasciare di lamentarmi nel vedere il bene che per
nostra colpa perdiamo.
È vero che Dio l’accorda a chi vuole; ma se
noi l’amassimo come Egli ci ama, lo darebbe anche a
noi, perché non desidera che di trovar anime
a cui dare, senza che le sue ricchezze abbiano per
questo a diminuire.
13 – Ritornando ora a quello che dicevo, lo Sposo
comanda di chiudere le porte delle mansioni,
nonché quelle del castello e del muro di
cinta. Infatti, quando il rapimento comincia, cessa
il respiro e manca la forza di parlare, nonostante
che gli altri sensi si conservino alle volte un po’
di più.
Talvolta invece si perde subito ogni senso: il corpo
e le mani si raffreddano sino a sembrare di non
avere più anima, tanto che alle volte non si
sa nemmeno se si respiri.
Ma ciò non dura molto – intendo dire nel
medesimo grado – perché, scemando un poco
questa grande sospensione, il corpo ritorna alquanto
in se stesso e si rianima, ma per tornare a morire e
a dar maggior vita all’anima. Però questa
estasi così grande non dura molto.
14 – Tuttavia, accade che, finita l’estasi, la
volontà rimanga così assorta e
l’intelletto tanto astratto da durare in questo
stato uno o più giorni senz’essere capaci, a
quanto sembra, d’occuparci in altre cose che non
muovano la volontà ad amare: per la qual cosa
essa è molto sveglia, mentre è
intorpidita quanto a determinarsi verso oggetti
creati.
15 – Oh, la confusione che prova l’anima nel
ritornare in se stessa! Quali ardenti desideri
d’impiegarsi nel servizio di Dio in qualunque modo
Egli lo desideri! Se dalle precedenti orazioni
derivano gli effetti che ho descritto quali ne
verranno da una così sublime, come questa?
Si vorrebbero avere mille vite per impiegarle tutte
per Iddio, e si desidera che tutte le cose della
terra siano altrettante lingue che lo lodino in nome
nostro. Vivissimi i desideri di penitenza,
benché nell’effettuarli non si soffra molto,
per la gran forza dell’amore che impedisce di
sentire ciò che si fa.
Perciò l’anima, pensando ai martiri, vede
chiaramente che nel sopportare i loro tormenti essi
non hanno fatto poi molto, perché con un tal
aiuto di Dio diviene facile ogni cosa. E così
queste anime si lamentano con Dio quando non hanno
nulla da soffrire.
16 – L’anima stima assai di più questa grazia
quando la riceve in segreto, perché quando ne
è favorita in presenza di qualcuno, la
confusione e la gran vergogna che ne sente le fan
quasi dimenticare quello che ha goduto, per la pena
e l’inquietudine di quello che dirà chi l’ha
vista.
Conoscendo la malizia del mondo, teme che
quell’effetto venga attribuito a tutt’altra causa, e
che si prenda per una occasione di giudizi temerari
ciò che dovrebbe servire per lodare il
Signore.
Però, questi sentimenti di pena e di vergogna
mi pare che denotino una certa mancanza di
umiltà. È vero che l’anima non
può impedirseli, ma se brama di essere
disprezzata, che gliene importa?
Disse il Signore a una persona che soffriva di
queste pene: Non affliggerti, perché o
daranno lode al mio nome o mormoreranno di te, e in
ambedue le cose tu avrai da guadagnare.
E queste parole, come poi seppi, la consolarono e la
incoraggiarono molto, per cui ho voluto scriverle
qui, a istruzione di coloro che si troveranno nelle
sue medesime afflizioni.
Sembra che il Signore voglia far intendere che
quell’anima è sua, e che nessuno la deve
toccare. Che si attenti al suo corpo, al suo onore,
ai suoi beni, ciò sia alla buon’ora, ne
verrà gloria al Signore; ma all’anima no.
Egli la difenderà contro tutto il mondo e
contro tutto l’inferno, sempre inteso che ella non
sia così sfacciata da volerlo abbandonare.
17 – Non so se sono riuscita a far un po’
comprendere che cosa sia il rapimento, dato che a
spiegarlo del tutto è impossibile.
Però nel parlarne non si è perduto
nulla: si saprà distinguere i veri dai finti,
i cui effetti sono molto diversi.
Li chiamo finti non già perché l’anima
che ne va soggetta voglia ingannare, ma
perché ne rimane ingannata. E siccome i segni
e gli effetti non corrispondono alla grandezza del
favore, ne resta così infamata che poi non si
crede più, e a ragione, neppure a quelle che
così il Signore favorisce.
Sia Egli per sempre benedetto e ringraziato! Amen.
Amen.
Capitolo 5
Prosegue sul medesimo argomento, e dice che Ilio
eleva l’anima anche in altro modo, mediante il volo
di spirito – Motivi per i quali occorre aver
coraggio – Spiega qualche cosa di quest’altra
grazia, esprimendosi in modo piacevole – Capitolo
assai utile
1 – Ecco un’altra specie di rapimento che io chiamo
volo di spirito: sostanzialmente è un
tutt’uno, ma agisce sull’anima in modo assai
diverso.
Si sente un movimento di anima così impetuoso
da sembrare che lo spirito ci venga rapito, e
ciò con tale velocità e così
d’improvviso da sentirne, specialmente da principio,
non poca paura. Per questo vi ho detto che chi
riceve queste grazie ha bisogno non solo di gran
coraggio, ma di fede, di fiducia e di pieno
abbandono a quello che il Signore vorrà da
lui.
Credete che sia di poco sgomento per una persona
pienamente in se stessa, sentirsi portar via
l’anima, e alle volte anche il corpo, come di alcuni
abbiam letto, senza sapere chi li porti, dove e come
li porti, giacché quando questo improvviso
movimento comincia, non si è ancora sicuri
che sia da Dio?
2 – Vi è forse qualche mezzo per resistere?
No. Anzi, so da una persona che a voler resistere
è peggio.
Siccome l’anima si è rimessa tante volte e
tanto sinceramente nelle mani di Dio offrendosi a
Lui con risoluta volontà, sembra che Dio le
voglia far vedere che ormai non è più
padrona di sé, e la rapisce con movimento
evidente e impetuoso.
Perciò quella persona aveva stabilito
d’imitare la pagliuzza attratta dall’ambra, come
forse avrete visto, e abbandonarsi nelle mani di
Colui che è tanto potente, vedendo anch’ella
che allora il partito più saggio è
fare di necessità virtù. Ho detto una
paglia, ed è così. Con la stessa
facilità con cui un gigante solleva una
paglia, il nostro grande e valoroso Gigante rapisce
lo spirito.
3 – Il bacino di quella fontana di cui abbiamo
parlato – non ricordo bene se nelle Quarte Mansioni
– prima si riempiva con soavità e
piacevolezza, senza alcun movimento. Ora invece quel
gran Dio che ritiene le sorgenti delle acque e non
permette al mare di oltrepassare i suoi confini,
sembra che ne dischiuda le vene alimentatrici, per
cui un’onda potente si solleva con impeto e porta in
alto la navicella dell’anima.
E a quel modo che tutti gli sforzi del pilota e di
coloro che governano la nave non possono fare che
questa si fermi dove vogliono quando le onde la
investono con furia, così non può
fermarsi dove vuole l’interiore dell’anima,
né fare che i sensi e le potenze si
sottraggano all’impulso di chi li muove. Del corpo,
non se ne fa alcun caso.
4 – Vi confesso, sorelle, che scrivendo queste cose
mi sento tutta trasecolare per l’eccelsa potenza che
il nostro gran Re e Imperatore mi manifesta. E che
sarà per chi ne farà l’esperienza?
Se, come si svela a queste anime, Egli si svelasse
ai più perversi del mondo, sono convinta che
più nessuno l’offenderebbe, non per amore,
per il gran terrore che se n’avrebbe.
Assai ben gravi son quindi gli obblighi di coloro
che per vie così sublimi sono stati istruiti
a far di tutto per non offendere Iddio!
Voi, sorelle, che ricevete queste o altre simili
grazie, vi scongiuro, per amor di Dio, di non mai
trascurarvi, badando di non contentarvi soltanto di
ricevere. Ricordatevi che chi molto riceve, molto
pure ha da rendere.
5 – È questa una verità che dà
vive apprensioni, ed occorre che l’anima si armi di
gran coraggio. Ma se non è Dio che glielo
dà, essa va innanzi con timore,
perché, dopo aver considerato ciò che
Dio le concede, porta il pensiero su se stessa e
vede che di fronte al molto a cui è
obbligata, lo serve troppo poco, e anche in quel
poco con mancanze, imperfezioni e tiepidezze senza
numero.
Se fa qualche opera buona, preferisce e si studia di
dimenticarla immediatamente, per non ricordare i
difetti con cui l’ha compiuta. Non fa che pensare ai
suoi peccati, e siccome non ha con che riparare, si
rimette alla misericordia di Dio, supplicandolo per
quella bontà e clemenza che Egli ebbe con i
peccatori.
6 – Allora Sua Maestà le potrebbe rispondere
come a una certa persona, la quale afflitta per
questo stesso motivo, considerava innanzi a un
crocifisso di non aver mai avuto di che dare,
né di che lasciare per Iddio.
Quel crocifisso la consolò, dicendole che
Egli le offriva í dolori e i travagli della
sua passione, affinché li considerasse come
propri e li presentasse a suo Padre.
Ed ella rimase così ricca e così piena
di gioia da non dimenticarsene mai più. Ogni
qualvolta avvertiva il peso della sua miseria,
bastava che se ne ricordasse per subito rianimarsi
ed uscirne consolata.
Di queste cose potrei raccontarne varie altre,
perché, avendo trattato con molte persone
sante e di orazione, ne conosco parecchie; ma non lo
faccio affinché non crediate che si tratti di
me.
Il fatto riportato mi è parso assai utile per
farvi intendere quanto il Signore si compiaccia che
noi ci sforziamo di conoscerci, procurando
continuamente di mirare e rimirare la nostra miseria
e povertà, persuase di non aver nulla che non
ci venga da Lui.
Perciò occorre aver coraggio, sia per questo
che per le molte altre cose che si presentano quando
Dio tiene l’anima in questo stato. Anzi, se vi
è umiltà, occorre più coraggio
in questo stato che non negli altri. Il Signore ci
soccorra per Quegli che è!...
7 – Ritorno a quell’improvvisa elevazione di spirito
di cui ho parlato. Avviene in tal modo da far
credere che veramente lo spirito si stia separando
dal corpo. Benché la persona non muoia, ha
però dei momenti in cui ella non sa dire se
l’anima si trovi o non si trovi nel corpo.
Si crede trasportata per intero in una regione molto
diversa dalla nostra, dove in una luce che non ha
paragone con la nostra, le vengono mostrate cose
così grandi che da sé non potrebbe
immaginare, neppure lavorandovi intorno per tutta la
vita.
Perciò avviene che in un solo istante le
siano spiegati un’infinità di segreti, dei
quali ella non giungerebbe a conoscere la millesima
parte, neppure se per ordinarli vi si affaticasse
molti anni con l’immaginazione e l’intelletto.
Questa è visione immaginaria, non
intellettuale. Con gli occhi dell’anima vi si vede
molto meglio che non qui con quelli del corpo, come
pure s’intendono varie cose senza l’aiuto delle
parole: voglio dire che se si vedono alcuni santi,
si riconoscono così bene come se si fossero
spesso frequentati.
8 – Alle volte, unitamente alle cose che si vedono
con gli occhi dell’anima, se ne presentano altre in
visione intellettuale, specialmente angeli in gran
numero che accompagnano il loro Dio. Queste e molte
altre meraviglie che non è possibile
manifestare si presentano per via di una cognizione
ammirabile che io non so dichiarare e nella quale
non si vede nulla, né con gli occhi del
corpo, né con quelli dell’anima.
Saprà meglio spiegarsi chi avrà
maggiore esperienza e abilità, benché
mi sembri assai difficile.
Non so se mentre avvengono queste cose l’anima sia o
non sia nel corpo. Non affermerei con giuramento
né che l’anima sia nel corpo, né che
il corpo sia privo di anima.
9 – Ecco il pensiero che mi è venuto varie
volte. Come il sole ha tanta forza da mandare in un
istante i suoi raggi sulla terra senza muoversi dal
cielo dove si trova, così l’anima – la quale
è un tutt’uno con lo spirito, come il sole
con i suoi raggi – può essere che per la
forza del calore che le viene dal vero Sole di
Giustizia si elevi sopra se stessa mediante una
qualche sua parte superiore senza abbandonare il suo
posto.
Ma io non so quel che dico. La verità
è che con la prestezza con cui la palla esce
dall’archibugio quando gli è dato fuoco, si
leva nell’interno una specie di volo – non so che
altra parola adoperare – il quale, benché
senza rumore, ha tuttavia, un movimento così
evidente che l’illusione non è possibile.
Mentre l’anima è fuori di sé, le
vengono mostrate grandi cose, e quando ritorna in
sé si ritrova con grandissimi vantaggi. Le
cose della terra le appaiono così spregevoli
che, di fronte a quelle vedute, le sembrano
immondezze.
D’allora in poi non vive quaggiù che con
pena, non essendovi nulla che la possa ancora
interessare di ciò che prima le soleva essere
attraente. Sembra che il Signore le abbia mostrato
qualche cosa di quanto valga il paese che l’attende
– come coloro che mostrarono i segni della terra
promessa nella quale si erano recati per incarico
del popolo d’Israele – acciocché, conoscendo
in che luogo deve andare a riposarsi, sopporti
più tranquillamente le fatiche di questo
aspro cammino.
Vi sembrerà che una grazia così
istantanea non debba essere di tanti vantaggi; ma ne
lascia nell’anima di così grandi, da non
poter essere apprezzati se non da coloro che ne sono
favoriti.
10 – Da ciò si vede che non è opera
del demonio, e meno ancora dell’immaginazione.
Effetti così sublimi non possono essere del
demonio. No.
La pace, il conforto e il profitto di cui l’anima si
sente in possesso non possono venire da lui. E meno
ancora queste tre cose che si sentono in grado molto
alto: la prima, il conoscimento e la grandezza di
Dio, perché, più son le cose che di
Lui si vedono, più Egli ci appare magnifico;
la seconda, l’umiltà e il conoscimento di noi
stessi, nel pensare che un essere così vile
abbia osato offendere il Creatore di tante
meraviglie e osi ancora guardarlo; la terza, il
disprezzo di tutte le cose della terra, eccetto di
quelle che siano di aiuto nel servizio di
così grande Signore.
11 – Queste le gioie che lo Sposo comincia a
regalare alla sposa: gioie di tanto valore che da
lei non potranno mai essere sciupate, perché
quello che ha veduto le rimane così impresso
da esserle impossibile di dimenticarsene fino a
quando non ne godrà eternamente. Lei
sventurata se dovesse perderle!
Ma lo Sposo che l’ha così favorita può
anche concederle di non perderle mai.
12 – Tornando al coraggio che bisogna avere, vi par
forse da nulla accorgersi di perdere l’uso dei sensi
senza saperne il motivo, sino a sembrare che l’anima
si separi realmente dal corpo?
Ma ci vuole il coraggio che può dar solo
Colui che dà tutto il resto. Però, voi
mi farete osservare che quella paura rimane ben
ripagata. È quello che dico anch’io.
Lodi senza fine a Colui che può fare questi
doni! E piaccia a Dio che meritiamo di servirlo!
Amen.
Capitolo 6
Espone un effetto dell’orazione precedente, e dice
in che modo si può conoscere se sia vera o se
si tratti d’inganno – Altra grazia che Dio accorda
alle anime per impiegarle nelle sue lodi
1 – Con queste grazie così elevate l’anima
desidera sì al vivo di godere in pieno Chi
gliele fa, che vivere per lei diviene un grande,
benché delizioso tormento.
Sospira ardentemente di morire, e con lacrime
incessanti supplica il Signore di toglierla da
questo esilio, dove tutto l’annoia. Ha un po’ di
sollievo nel ritirarsi in solitudine, ma la pena non
tarda molto a tornare e l’accompagna dovunque, per
cui la farfalletta non sa trovar riposo che duri.
Siccome è ripiena d’amore, basta la minima
occasione che stimoli il suo fuoco per farle
prendere il volo. E ciò spiega perché
in questa mansione i rapimenti sono molto frequenti,
senza che vi sia modo di evitarli, neppure quando
vengono in pubblico. Di qui le persecuzioni e le
mormorazioni. E benché l’anima non voglia
temere, pure alle volte non può, per il gran
numero di coloro che cercano di spaventarla,
specialmente confessori.
2 – Mentre da una parte sembra che sia molto sicura,
specialmente quando sta sola con Dio, dall’altra non
lascia di essere in angustia per la paura che il
demonio l’inganni sino a farle offendere il suo
Amore. Le chiacchiere della gente non la preoccupano
che di poco, a meno che non sia sgridata dal
confessore come se ella possa in ciò qualche
cosa.
Non fa che domandare a tutti preghiere, e supplica
incessantemente il Signore di condurla per altra
via.
Le hanno detto di far così perché
quella è assai pericolosa.
Ma siccome su quella via ha sperimentato molti e
grandissimi vantaggi, e non può impedirsi di
pensare – secondo quello che legge e sa – che,
importando essa l’osservanza dei comandamenti di
Dio, è diretta verso il cielo, non le riesce
di desiderarne l’uscita, malgrado ogni sua buona
volontà, e si rimette nelle mani del Signore.
Causa di pena è pure questa sua impotenza,
perché le sembra di non obbedire al
confessore, mentre nell’obbedienza e nella premura
di non offendere Iddio vede l’unico mezzo per non
cadere in inganno. Tuttavia, non commetterebbe un
peccato veniale avvertito neppure se la facessero in
brani.
Così almeno le sembra e si affligge
grandemente nel vedere di non potersi difendere dal
commetterne molti senza accorgersi.
3 – Il Signore ispira a quest’anima un così
vivo desiderio di non offenderlo, neppure nelle
più piccole cose, e di evitare, potendolo,
qualunque minima imperfezione, che per questo solo
motivo, se altri non ve ne fossero, vorrebbe fuggire
gli uomini, e invidia grandemente coloro che vivono
e son vissuti nei deserti.
Nel contempo vorrebbe anche cacciarsi in mezzo al
mondo, per fare che anche un’anima sola
lodasse Iddio di più. Si duole, se è
donna, che il suo sesso le sia in ciò
d’impedimento, e invidia coloro che possono alzare
la voce per dire a tutti chi sia questo gran Dio
degli eserciti.
4 – Oh, povera farfalletta, legata con tante catene
che non ti permettono di volare come vuoi! Abbiate
pietà di lei, o mio Dio, e fate che ella
possa soddisfare, almeno in parte, a quanto desidera
in vostra gloria ed onore.
Non guardate alla pochezza dei suoi meriti,
né alla miseria della sua natura! Non foste
Voi sì potente da ordinare al vasto mare di
dividersi e al gran Giordano di trattenere le sue
acque per lasciar libero il passo ai figliuoli di
Israele?
Ma perché avere compassione di lei? Non
può ella forse, sostenuta dalla vostra
fortezza, soffrir travagli in gran numero? Orbene,
poiché ella è a ciò disposta, e
tali sono le sue brame, stendete, Signore, il vostro
braccio potente, e non trascorra ella la sua vita in
mezzo a cose tanto basse.
Risplenda la vostra grandezza in un essere
così femminile e dappoco, affinché il
mondo, conoscendo che ella da sé non
può far nulla, innalzi a Voi le sue lodi.
Qualunque cosa le costi, ella non vuole che questo,
pronta a dar pure mille vite, se tante ne avesse,
pur di ottenere che un’anima sola vi lodasse di
più.
Sì, e le riterrebbe per assai bene impiegate.
Ma vedendo di non essere degna neppure di patire per
Voi la più piccola pena, teme che meno lo sia
per la morte.
5 – Non so a che proposito, né per qual
motivo ho detto questo: l’ho fatto senza accorgermi.
Comunque, questi son gli effetti di quelle estasi e
sospensioni, né si può dubitarne.
Non sono desideri passeggeri ma duraturi, e che al
presentarsi di una occasione che li metta alla
prova, non si dimostrano finti.
Perché dire che sono duraturi, quando l’anima
si sente alle volte così codarda e timorosa
da sembrarle di non aver animo per nulla, neppure
per le cose più lievi?
Se il Signore l’abbandona alla sua natura,
dev’essere, secondo me, per un suo maggior bene.
Allora ella conosce che se ebbe coraggio per qualche
cosa, questo non le venne che da Dio e lo vede
così chiaro da rimanerne annientata, con un
conoscimento maggiore della misericordia e della
grandezza di Colui che ha voluto manifestare la sua
potenza in una creatura tanto vile. Nondimeno, lo
stato ordinario dell’anima è quello che
abbiamo detto.
6 – In questi grandi desideri di vedere Iddio,
occorre che avvertiate una cosa: cioè, che
essi alle volte si fanno molto violenti, e allora
invece d’aiutarli bisogna reprimerli.
Ciò dico qualora lo possiate, perché
in certi casi, di cui parlerò più
avanti, non lo si può assolutamente, come voi
stesse vedrete. Ma qui qualche volta lo si
può, perché la ragione si mantiene in
efficienza e può conformarsi alla
volontà di Dio, ripetendo le parole di S.
Martino?
Bisogna divertire l’attenzione, soprattutto se sono
di grande struggimento, perché essendo
retaggio di anime molto perfette, può darsi
che ci siano suscitati dal demonio per farci credere
di esser pur noi di quel numero, mentre è
bene andar sempre innanzi con timore. Tuttavia non
credo che il maligno possa produrre la pace e il
riposo generato nell’anima da questa pena, ma
soltanto un movimento di passione, uguale a quello
che si sente quando si è afflitti per qualche
cosa del mondo.
Chi non ha provato gli uni e gli altri non
saprà forse distinguerli, e pensando che quei
desideri siano qualche cosa di grande, farà
il possibile per aiutarli, con grave pregiudizio
della sua salute, perché la pena ne è
continua, o almeno molto frequente.
7 – Talvolta questa pena può essere prodotta
da debolezza di complessione, specialmente in certe
persone sensibili che piangono per ogni cosa, le
quali poi si danno mille volte a credere di piangere
per Iddio, mentre non è vero.
Quando, per un dato tempo, alla minima parola che si
oda di Dio e al più piccolo pensiero di Lui
si prorompe in grandi lacrime senza sapersi
contenere, può essere che ciò accada
per certi umori accumulati intorno al cuore che
aiutino più dell’amore di Dio, sino a
sembrare di non poter più finire di piangere.
E quelle persone, avendo inteso che le lacrime sono
buone, non solo non cercano di reprimerle, ma fanno
di tutto per assecondarle, non desiderando altra
cosa. Con ciò il demonio si prefigge
d’indebolirle affinché si rendano incapaci di
fare orazione e di osservare la Regola.
8 – Dato che trovo pericoli dovunque e che vi
può essere inganno anche in una cosa tanto
eccellente come nelle lacrime, mi sembra che mi
vogliate chiedere che cosa si debba fare, o se
piuttosto l’ingannata non sia io.
Potrei anche esserlo. Però, sappiate, che se
parlo cosa, è perché ho veduto che in
alcune persone questo inganno è possibile.
Non in me certamente, perché io, non solo non
sono tenera di cuore, ma ho un cuore così
duro che alle volte ne ho pena.
Tuttavia, quando il fuoco interno è violento,
il cuore, benché duro, distilla come un
lambicco. Se le lacrime vengono da questa fonte, non
potrete non accorgervene, perché in luogo di
turbare, confortano, lasciano nella pace, e rare
volte fan male.
Del resto, anche se è un’illusione, vi
è sempre questo di buono, che il danno
è solo per il corpo, non per l’anima, sempre
inteso che si abbia umiltà.
Non è male però, quand’anche non vi
sia alcun danno, star sempre con timore.
9 – Non dobbiamo pensare di aver fatto tutto
perché versiamo molte lacrime. Piuttosto,
mettiamo mano a molte opere e a praticare la
virtù: queste son le cose che più
convengono al caso nostro.
Vengano anche lacrime quando Iddio ce ne favorisca;
ma non si faccia nulla per procurarle. Anzi, meno ce
ne cureremo, meglio inaffieremo la nostra arida
terra,
aiutandola più efficacemente a dar frutti con
l’acqua che viene dal cielo, paragonata alla quale
non ha proprio a che fare quella che troviamo noi a
forza di scavare.
Anzi, scaveremo, ci stancheremo, e spesso non
troveremo, non dico una sorgente, ma neanche una
pozza. Perciò, sorelle, ritengo più
utile che ci mettiamo innanzi a Dio, considerando da
una parte la sua misericordia e grandezza, e
dall’altra la nostra grande miseria.
Egli sa quello che più ci conviene, ed Egli
ci dia quello che vuole: acqua o siccità.
Così cammineremo tranquille, e il demonio non
avrà tanta possibilità di tenderci
insidie.
10 – In mezzo a queste cose che sono insieme dolci e
penose, il Signore invia talvolta certi moti di
giubilo e una certa strana orazione di cui non si sa
comprendere la natura.
Ma ve ne parlo acciocché nel caso che ne
siate favorite, sappiate che è possibile e ne
lodiate molto il Signore.
Si tratta, a mio parere, di una grande unione delle
potenze, ma alle quali il Signore lascia
libertà di godere di quel gaudio, pur senza
intendere ciò che godono, né come
godono.
E altrettanto è dei sensi. Sembra che parli
in arabo, ma è così. L’anima sente una
gioia così grande che, non volendo esser sola
a goderne, brama di farla conoscere a tutti,
affinché l’aiutino a lodare il Signore, scopo
di ogni suo movimento.
Oh, che feste e che dimostrazioni farebbe per
dimostrate a tutti il suo gaudio! Sembra che si sia
ritrovata, e che voglia, come il padre del figliuol
prodigo, invitare tutti a far festa, giacché
si vede in tal luogo da non poter dubitare, almeno
per allora, di doverne essere sicura.
E ciò a ragione, essendo impossibile, a mio
avviso, che il demonio produca nel più intimo
dell’anima una gioia così grande,
accompagnata da tanta pace da muoverla a dar lodi al
Signore.
11 – Sotto l’impeto di tanta gioia, è molto
se riesce a dissimulare, e non poco penoso a tacere.
In questo stato doveva essere S. Francesco quando,
incontratosi con i briganti mentre girava per la
campagna gridando, disse che era l’araldo del gran
Re. E quanti santi si sono rifugiati nei deserti per
potere, come S. Francesco, gridar alto le lodi di
Dio!
Io ne conobbi uno, chiamato fra Pietro d’Alcantara,
che credo di ritenere per santo, tale essendo stata
la sua vita. Anch’egli faceva così; e coloro
che l’udivano lo ritenevano per pazzo.
Oh, santa pazzia, sorelle! Oh, se il Signore la
concedesse pure a noi! Considerate intanto la grazia
che Egli vi ha fatto nell’accogliervi in questo
luogo, dove nel caso che vi concedesse tal favore e
voi così lo manifestaste, sareste piuttosto
incoraggiate, e non già criticate come nel
mondo, dove un tal sistema è così,
poco in uso da non recar meraviglia se susciti
mormorazioni.
12 – Oh, tempi infelici e miserabile vita quella che
viviamo! Vivissimo alle volte è il mio gaudio
quando, stando tutte unite, vedo le mie sorelle in
tanta gioia interiore che ognuna fa quanto
più può nel rendere lodi al Signore
per trovarsi in monastero: lodi che, come si vede ad
evidenza, partono proprio dal cuore.
E io vorrei che le innalzaste di sovente. Se una
comincia, le altre la seguono. E in che cosa
più bella potreste impiegare le vostre
lingue, quando siete insieme, se non nel lodare il
Signore, avendo tanti motivi per farlo?
13 – Piaccia a Dio di concederci spesso questa
orazione che è molto sicura e profittevole.
Con le nostre forze non la possiamo acquistare,
perché soprannaturale. Alle volte può
accadere che duri tutto un giorno. Allora l’anima
somiglia a uno che abbia molto bevuto, ma non tanto
da esser fuori dai sensi; oppure a una persona
malinconica che, pur non avendo perduto del tutto il
giudizio, abbia l’immaginazione talmente fissa in
una cosa, da non esservi alcuno che riesca a
distrarla.
Queste comparazioni sono troppo grossolane per
fenomeni così elevati, ma il mio ingegno non
sa trovarne di migliori.
Tuttavia è così. Il gaudio sommerge
l’anima in tal modo che ella va dimentica di
sé e di ogni altra cosa, non avverte
né indovina a parlare se non di quello che ha
rapporto alla sua gioia, voglio dire, delle lodi di
Dio.
Figliuole mie, aiutiamo tutte quest’anima! A che
scopo vogliamo avere più cervello? Vi
è forse al mondo maggior contento di questo?
Tutte le creature ci assecondino, per tutti i secoli
dei secoli. Amen, amen, amen.
Capitolo 7
Pena che sentono dei propri peccati le anime che
ricevono queste grazie – Gravissimo errore in cui si
cade, per spirituali che si possa essere, quando non
si procura di aver sempre innanzi l’umanità
di nostro Signore e Salvatore Gesù Cristo, la
sua passione, la sua Madre gloriosa e i suoi santi –
Capitolo molto utile
1 – Vi parrà, sorelle, che le anime a cui Dio
si comunica così intimamente, siano ormai
sicure di averlo a godere per sempre, e che non
abbiano più motivo di temere né di
piangere i loro peccati.
Ma è un gravissimo errore. Forse lo potranno
credere coloro che a tali grazie non sono arrivati;
ma se le hanno provate, e furono vere grazie di Dio,
comprenderanno quello che ora dirò. Il dolore
dei peccati cresce in proporzione dei favori che Dio
elargisce; e ritengo che non cessi se non in quel
luogo dove nessuna cosa può dar pena.
2 – Però, il dolore è più o
mene pungente, e non si fa sempre sentire nel
medesimo modo. L’anima, invece di pensare al castigo
che i suoi peccati le hanno meritato, non vede che
l’ingratitudine di cui si è resa colpevole
verso Colui che ha tutto il diritto di essere
servito e a cui ella tanto deve.
Nei favori che gode scopre maggiormente la grandezza
di Dio, si spaventa nel riconoscere di essere stata
tanto temeraria, piange il suo poco rispetto,
ravvisa nella sua audacia una follia inconcepibile,
e al pensiero di aver abbandonato una Maestà
così grande per cose tanto vili, non finisce
più di lamentarsi.
Si ricorda più spesso di questo che non delle
grazie ricevute, le quali, benché tanto
grandi, come quelle che ho detto e dirò, le
sembrano cose che passino di tanto in tanto
trasportate da un fiume impetuoso, mentre il ricordo
dei suoi peccati le è sempre dinanzi come un
letamaio ribollente: ed in ciò è la
sua croce.
3 – So di una persona che desiderava di morire, non
solo per vedere Iddio, ma anche per sottrarsi alla
pena di sentirsi sempre cosa ingrata verso Colui a
cui era e doveva essere obbligata.
Le pareva che le sue iniquità non potessero
essere equiparate da alcun’altra creatura, non
sapendo ella immaginare che qualche altra fosse
stata da Dio così sopportata e favorita di
tante grazie. Dell’inferno non hanno affatto paura.
Raro, benché tormentoso, è pure il
timore di perdere Iddio. L’unica loro apprensione
è che il Signore ritiri la sua mano,
permettendo che l’offendano ed abbiano a ricadere
nello stato infelice in cui per qualche tempo si
sono vedute. Non si curano né della pena,
né della gloria futura; e se desiderano di
star poco in purgatorio, è più per non
esser lontane da Dio che per i tormenti che vi si
patiscono.
4 – Ritengo che non sia mai sicuro per un’anima,
anche se molto favorita, dimenticarsi dello stato
infelice in cui forse si è un po’ veduta,
perché questo ricordo aiuta molto, nonostante
sia penoso. Può darsi che io pensi
così per essere stata tanto cattiva, e che
appunto per questo non riesca mai a dimenticarmene.
Così non sarà di chi è stato
virtuoso, benché nessuno vada senza difetti
finché si vive in questo corpo mortale.
Il pensiero che Dio ha perdonato e dimenticato le
nostre colpe, lungi d’alleviarne la pena, l’aumenta
di più, mettendo innanzi quell’eccelsa
Bontà che non lascia di favorire con le sue
grazie chi non ha meritato che l’inferno. Questo
pensiero doveva essere il martirio di S. Pietro e
della Maddalena, perché, accesi di amore e
favoriti di tante grazie come erano, comprendevano
meglio la grandezza e la maestà di Dio:
grande doveva essere la loro pena, accompagnata da
tenerissimi sentimenti.
5 – Vi parrà pure che godendo di queste cose
così sublimi, non si debba più fermare
la meditazione sui misteri della sacratissima
Umanità di nostro Signore Gesù Cristo,
ma occuparsi soltanto in amare.
Su questo argomento ho già scritto a lungo in
un altro luogo. Alcuni mi han fatto opposizione, e
mi hanno detto che non me ne intendo, che diverse
sono le vie di Dio e che quando le anime hanno
oltrepassati i princìpi, è meglio che
si distacchino dalle cose corporee per non
esercitarsi che in quelle della divinità.
Tuttavia non mi faranno mai confessare che questo
sia un buon cammino. Ben può essere che mi
sbagli o che diciamo tutti la stessa cosa, ma io so
che per di qui il demonio ha tentato d’ingannarmi; e
ne sono rimasta così scottata che penso di
ripetere qui ciò che ho detto in altri
luoghi, affinché camminiate con molta
attenzione e non abbiate a credere – guardate che
cosa ardisco dire! – a chi vi afferma il contrario.
Procurerò di farmi intendere meglio che non
abbia fatto altrove.
Colui che aveva promesso di trattarne per iscritto,
avrebbe fatto bene ad estendersi di più,
perché a persone di non troppa intelligenza,
un’esposizione sommaria può essere di gran
danno.
6 – Certe anime credono di non essere capaci di
pensare alla passione: meno ancora lo saranno quanto
alla sacratissima Vergine e alla vita dei santi,
dalla cui memoria ci deriva tanto aiuto e profitto.
Ma io non capisco a che cosa pensino.
Separarsi da ciò che è corporeo per
bruciare continuamente di amore è proprio
degli spiriti angelici, non di noi che viviamo in
corpo mortale. Se abbiamo bisogno di trattare,
pensare e accompagnarci con coloro che, pur essendo
come noi, compiono per Iddio delle magnifiche
imprese, a maggior ragione non dobbiamo separarci
dalla sacratissima Umanità di nostro Signore
Gesù Cristo, unico nostro bene e rimedio.
Non posso credere che alcuni facciano così.
Essi non si devono intendere. Ma intanto fan male a
sé e agli altri.
Assicuro, se non altro, che non entreranno mai nelle
due ultime mansioni, perché, perduta la guida
che è il buon Gesù, non ne troveranno
la strada.
Sarà già molto se potranno stare nelle
altre con sicurezza. Non dice forse il Signore che
Egli è la via? Non afferma ancora che
è luce, e che nessuno può andare al
Padre se non per Lui? E quest’altre parole: Chi vede
me vede il Padre mio?
Diranno che si devono spiegare in altro modo. Io non
conosco altre spiegazioni: con questa mi sono sempre
trovata assai bene, e la mia anima sente che
è vera.
7 – Alcune anime, – molte delle quali han trattato
con me – appena elevate alla contemplazione perfetta
vogliono l’impossibile: cioè, star sempre in
quello stato.
Ma, dopo quella grazia, rimangono in tal modo da non
esser più capaci di discorrere come prima
sopra i misteri della passione e della vita di
Cristo. lo non so quale ne sia la ragione, ma
è un fatto che avviene di frequente e che
inabilita l’intelletto alla meditazione. Secondo me,
la causa deve essere questa. Siccome il lavoro della
meditazione è tutto nel cercare il Signore,
una volta trovatolo, e abituatisi a cercarlo con le
operazioni della volontà, l’anima non vuol
più stancarsi nel mettere in moto
l’intelletto. Può essere inoltre che la
volontà, sentendosi infiammata, non voglia
più servirsi dell’intelletto. Potendolo non
sarebbe male; ma non si può, specialmente
quando non si è ancora arrivati a queste
sublimi mansioni, e così non si fa che
perdere tempo. Spesso per accendere la
volontà si ha bisogno dell’intelletto.
8 – Notate, sorelle, questa cosa che è assai
importante e che voglio spiegare più a lungo.
Ecco un’anima che vuol tutta impiegarsi in amare:
non vorrebbe far altro.
Eppure, nonostante lo voglia, non può,
perché se non è morta la
volontà, è morto il fuoco di cui suole
avvampare, e per farlo ardere è necessario
che qualcuno vi soffi sopra.
O che forse si dovrà star lì
nell’aridità, aspettando, come il nostro
Padre Elia, che discenda il fuoco dal cielo a
consumare il sacrificio che l’anima va facendo di
sé?
No, certamente: non è bene sperar miracoli.
Se qualche volta il Signore si compiace di farli,
come abbiamo detto e diremo ancora più
innanzi, tuttavia vuole che da parte nostra ci
teniamo così bassi da credercene indegni, e
che ci aiutiamo da noi stessi in tutti i modi
possibili: cosa che in questa vita non bisogna mai
tralasciare, per alta che possa essere la nostra
orazione.
9 – Di questa diligenza non han bisogno che
raramente, o quasi mai, coloro che Dio ha già
introdotto nella settima mansione, per la ragione
che là dirò, se saprò
ricordarmene.
Tuttavia, nemmeno essi lasciano di star sempre con
Cristo Signor Nostro, sia pure in una maniera tutta
ammirabile per esser Egli Dio e Uomo insieme.
Dunque, quando la volontà non arde di quel
fuoco di cui ho parlato, né si sente in noi
la presenza del Signore, è volere di Dio che
ce ne andiamo in cerca, come la sposa dei Cantici.
Domandiamo alle creature, come insegna S. Agostino –
credo nelle Meditazioni o nelle Confessioni – da Chi
siano fatte, e guardiamoci dallo star là come
sciocchi, perdendo il tempo nell’attendere quello
che ci è stato dato una volta. Può
essere che da principio il Signore non ritorni a
favorircene, non solo in un anno, ma neppure in
molti. Egli ne conosce il perché, e noi non
dobbiamo cercare di saperlo, non essendovene motivo.
Conoscendo che lo dobbiamo servire per la via dei
comandamenti e dei consigli, camminiamo per essa con
somma diligenza, pensando alla vita e alla morte di
nostro Signore e al molto che gli dobbiamo: il resto
venga quando a Lui piacerà!
10 – Forse risponderanno che su tali argomenti non
si sanno fermare; e, da quanto abbiam detto,
potranno in parte aver ragione. Tuttavia, sapete che
una cosa è discorrere con l’intelletto, e
un’altra considerare le verità che la memoria
presenta all’intelletto.
Forse direte di non capirmi, e può essere che
non mi capisca neppur io per sapermi spiegare.
Tuttavia farò del mio meglio.
Io chiamo meditazione un discorso fatto con
l’intelletto nel modo seguente.
Cominciamo col pensare alla grazia che Dio ci ha
fatto nel darci il suo unico Figliuolo; poi
percorriamo senza fermarci tutti i misteri della sua
gloriosa esistenza; oppure cominciamo con l’orazione
nell’orto, seguendo con l’intelletto nostro Signore
fino alla sua crocifissione; ovvero prendiamo un
passo della passione, per esempio la cattura, e
percorriamo questo mistero considerando minutamente
tutte le circostanze che possono fare impressione,
come il tradimento di Giuda, la fuga degli apostoli
e tutto il resto.
Questa è un’orazione assai bella e molto
meritoria.
11 – Eppure, ripeto, questa è l’orazione che
le anime elevate da Dio agli stati soprannaturali e
alla contemplazione perfetta dichiarano di non saper
fare. Io non ne so il motivo, ma ordinariamente
è cosa, ed esse han ragione.
Però, s’ingannano quando affermano di non
potersi trattenere in questi misteri, né
richiamarseli alla memoria, specialmente quando la
Chiesa Cattolica li festeggia, essendo impossibile
che un’anima, dopo aver ricevuto da Dio tante
grazie, si dimentichi di così preziose
manifestazioni di amore, che sono come ardenti
scintille, atte ad infiammarla sempre più
nella sua carità verso Dio. No, quelle anime
non si devono intendere.
Quei misteri si comprendono in un modo più
elevato. L’intelletto li rappresenta così al
vivo, e la memoria ne rimane così
impressionata che la sola vista del Signore
prostrato nell’orto con quel sudore spaventoso,
basta ad occuparci, non solo per un’ora, ma per
molti giorni di seguito.
Con un semplice sguardo si vede chi Egli sia, e
quanto enorme la nostra ingratitudine verso un
dolore così grande. Accorre subito la
volontà, sia pure senza tenerezza, ma col
desiderio di rispondere in qualche cosa a tanta
grazia e di soffrire un poco per Colui che ha tanto
sofferto, ed altri simili desideri molto atti ad
occupare la memoria e l’intelletto.
Questo, a mio parere, è il motivo per cui
l’anima non può passare innanzi e discorrere
a lungo sulla passione, e ciò le fa credere
di non sapersi in essa occupare.
12 – Qualora non lo possa veramente, è sempre
bene che vi si sforzi, perché so che questo
esercizio non impedisce neppure la più alta
orazione. No, non ho per buono che si astenga
dall’esercitarvisi spesso.
Se il Signore la sospende mentre è
così occupata, ciò sia alla buon’ora,
perché allora le toglie quello che la occupa
anche contro sua voglia. Ma io sono sicura che
questa maniera di agire nonché non essere di
ostacolo, serve grandemente per ogni sorta di beni.
L’ostacolo sarebbe nel far di tutto per continuare a
discorrere come ho detto in principio, benché
non sia affatto possibile per chi è arrivato
più in su. (Forse lo potrebbe anche fare,
perché molte sono le vie per le quali Dio
conduce le anime).
Comunque, non si condanni chi non può
camminare per di qui, né lo si giudichi
incapace di godere i grandi beni racchiusi nei
misteri del nostro Re Gesù Cristo. Ma
nessuno, per spirituale che possa essere, mi
saprà persuadere che sia bene rinunciarvi.
13 – Ecco ciò che succede ad alcune anime,
tanto sul principio come allora che sono alquanto
avanzate.
Appena cominciano a toccare l’orazione di quiete e
ad assaporare le delizie e i gusti che il Signore
concede, pensano di non dover far altro che
continuare a goderne.
Ma, come ho detto in altro luogo, si guardino bene
dal lasciarsi troppo assorbire, perché la
vita è lunga, ed è così piena
di travagli che per sopportarli con perfezione, si
ha sempre bisogno di considerare come li han
sopportati Cristo, nostro modello, i suoi apostoli e
i santi.
È troppo bella la compagnia del buon
Gesù per dovercene separare! E altrettanto si
dica di quella della sua santissima Madre. Egli ha
piacere che qualche volta compatiamo le sue pene, a
scapito delle nostre gioie e consolazioni, tanto
più che le delizie dell’orazione non sono mai
così continue da non lasciar tempo per tutto.
Se alcuna affermasse d’esser sempre nelle medesime
condizioni – cioè, di non poter mai fare
ciò che dico – riterrei il suo stato per
molto dubbio.
Anche voi tenetelo per tale, e cercate di liberarvi
da questo inganno, facendo il possibile per
distrarvi. Se ciò non basta, parlatene alla
Priora acciocché vi metta in uffici di tali
preoccupazioni da togliervi subito a quel pericolo,
perché se , tale stato si prolunga, vi
può essere di grave danno tanto alla testa
che alla ragione.
14 – Credo di aver fatto capire quanto convenga, per
spirituali che si possa essere, non aver così
paura delle cose corporee da sembrarci di danno
anche la sacratissima Umanità di Gesù
Cristo.
Oppongono quello che Gesù disse ai suoi
discepoli: cioè, convenire che Egli se ne
andasse.
Ma io non lo posso sopportare. Certo che non disse
così alla sua santissima Madre,
perché ella era forte nella fede, sapeva che
Egli era Dio e Uomo, e benché l’amasse
più di tutti, lo faceva in modo così
perfetto che la sua presenza le era piuttosto di
aiuto.
Invece gli apostoli non avevano quella fede
così ferma che solo ebbero più tardi,
e che ora noi dobbiamo avere. Da parte mia,
figliuole, vi dico che questo sistema è
pericoloso, e che il demonio potrebbe finire col
farci perdere la devozione al santissimo Sacramento.
15 – L’inganno in cui mi pare d’esser anch’io caduta
non è arrivato a questo punto: soltanto che
non godevo più di pensare a nostro Signore
Gesù Cristo per andarmene tutt’assorta
nell’attesa di quelle delizie.
Ma vidi chiaramente che il mio cammino non era
buono, perché, siccome non potevo sempre
goderne, il mio pensiero andava vagando qua e
là, e l’anima pareva un uccello che
svolazzasse senza trovare ove posarsi.
Perdevo molto tempo, non progredivo in virtù,
non mi avanzavo nell’orazione, e non ne capivo la
ragione, né giammai l’avrei capita,
perché quel mio modo di fare mi sembrava
molto sicuro.
Fui illuminata da un buon servo di Dio con cui ebbi
a parlare della mia orazione, e allora vidi
chiaramente quanto fossi fuor di strada.
Presentemente non finisco più di dolermi per
non aver compreso che con una perdita così
grande non si può guadagnare che assai male.
No, ora non voglio più alcun bene, neppure
potendolo, se non per mezzo di Colui dal quale tutti
ci vennero.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen.
Capitolo 8
In che modo Iddio si comunichi all’anima nella
visione intellettuale – Alcuni avvisi in proposito –
Effetti che questa visione produce quando è
vera – Tali grazie si devono tener segrete
1 – È bene ora vedere che, quando Dio lo
vuole, noi non possiamo far altro che star sempre
con Lui, e ciò vi farà capire
più chiaramente la verità di quello
che vi ho detto e che quanto più un’anima va
innanzi, tanto più continua si fa la sua
compagnia col buon Gesù, secondo quello che
si apprende dalle diverse maniere con cui Egli si
comunica alle anime, mostrando l’amore che ci porta.
Ciò avviene mediante alcune visioni e
apparizioni molto ammirabili, delle quali, se
piacerà a Dio che mi sappia spiegare, vi
dirò in breve qualche cosa, affinché
non abbiate a spaventarvi qualora ve ne sia data
qualcuna: tanto più che queste grazie, anche
se non concesse a noi, servono molto a far lodare il
Signore, mostrandolo così buono da non
sdegnare di comunicarsi in tal modo con una
creatura, nonostante tanta sua potenza e
maestà.
2 – Ecco ciò che avviene. Mentre l’anima
è in tutt’altri pensieri fuorché in
quello di avere tali grazie – grazie che non ha mai
pensato di meritare – si sente vicino nostro Signor
Gesù Cristo, ma senza che lo veda, né
con gli occhi del corpo, né con quelli
dell’anima. E questa – non ne so il perché –
si chiama visione intellettuale.
Una persona che ebbe questa grazia unitamente a
molte altre di cui parlerò più avanti,
da principio andava molto impressionata
perché non capiva cosa fosse, non vedeva
nulla e ciò nonostante intendeva così
chiaramente essere Cristo quegli che le appariva, da
non poterne dubitare: dubitare, dico, che si
trattasse di una visione, perché circa la sua
provenienza, – se da Dio o no, – era sempre
timorosa, benché i grandi effetti di cui
rimaneva arricchita la portassero a credere che
fosse da Dio.
Ella non solo non aveva mai sentito parlare di
visioni intellettuali, ma neppure sapeva se
esistessero. Intendeva però chiaramente che
Quegli che sentiva presente era il medesimo che
altre volte le parlava nella maniera che ho detto,
mentre prima non sapeva chi le parlasse, ma solo
intendeva le parole.
Questa visione, inoltre, non è come
l’immaginaria che passa presto, ma dura molti giorni
e alle volte più di un anno.
3 – So ancora che quella persona, standosene con
paura, si portò tutt’afflitta dal confessore,
che le chiese come sapesse, se non vedeva nulla, che
Quegli fosse nostro Signore, e le domandò
come era il suo viso.
Ella rispose che non lo sapeva, che non vedeva viso
di sorta, e che non sapeva dire di più di
quanto aveva detto. Sapeva soltanto che Egli era
Colui che le parlava, e che ne era sicura.
Non poteva dubitarne nemmeno se le mettevano indosso
delle gravi paure, specialmente quando il Signore le
diceva: Non temere, sono io! Queste parole avevano
tal forza da toglierle subito ogni dubbio, e da
lasciarla in tale compagnia piena di gioia e di
coraggio.
Ciò le era di grande aiuto per pensare
continuamente al Signore e procurare di non far
nulla che l’offendesse, perché le sembrava
che la stesse sempre guardando. E ogni qualvolta
voleva trattare con Lui, sia nell’orazione che
fuori, le pareva che Egli le fosse così
vicino da non poter lasciare d’ascoltarla.
Riguardo alle sue parole, ella le udiva non quando
voleva, ma improvvisamente, a seconda del bisogno.
Sentiva che le camminava al lato destro, ma con
nessuno di quei segni sensibili per i quali si
può conoscere che una persona ci è
vicina, bensì in una maniera più
delicata che non si deve saper dire: però con
la medesima certezza, anzi maggiore, perché
con i sensi si può cadere in inganno, mentre
qui è impossibile.
Se fosse effetto di melanconia, non si avrebbero i
vantaggi e gli effetti interiori di cui l’anima si
sente ripiena. E nemmeno può essere dal
demonio, perché l’anima non rimarrebbe
così in pace, né con desideri
così continui di piacere a Dio, né con
disprezzi così sentiti per tutto ciò
che non l’avvicini a Lui.
4 – Col tempo la visione di quella persona si
andò meglio manifestando, ed ella comprese
che non era dal demonio. Tuttavia si sentiva alle
volte piena di paura, e alle volte con grandissima
confusione per non sapere da dove tal bene le
venisse.
Io e quella persona eravamo una stessa cosa, e
niente passava nella sua anima che io non
conoscessi, per cui posso esserle di buon
testimonio. Abbiate quindi per vero quanto di lei vi
ho raccontato.
Questa grazia apporta all’anima grande confusione e
umiltà.
Sarebbe tutto il contrario se fosse dal demonio.
Né vi può aver parte l’industria
umana, perché l’operazione di Dio è
così evidente che in nessun modo l’anima
può pensare che sia un bene di suo acquisto,
ma datole unicamente dalla mano di Dio.
Fra le grazie già raccontate ve ne saranno
forse di superiori, ma questa apporta all’anima una
speciale conoscenza di Dio, dalla cui continua
compagnia le deriva un amore tenerissimo verso di
Lui, accompagnato dai più vivi desideri
d’impiegarsi in suo servizio e da una grande
purità di coscienza, perché Colui che
ha sempre dinanzi, le fa avvertire ogni cosa.
È un fatto che, pur sapendo di esser sempre
alla presenza di Dio, molte volte trascuriamo di
pensarci. Ma qui la cosa è impossibile,
perché l’anima è tenuta sveglia da Dio
stesso che le sta vicino. Perciò, più
frequenti sono pure le grazie di cui abbiamo
parlato, perché l’anima è quasi sempre
in continui atti d’amore verso Colui che vede o
sente vicino.
5 – Insomma, dai vantaggi che lascia si conosce
chiaramente che è una grazia assai grande,
degna d’immensa stima. L’anima ringrazia il Signore
che gliela dà senza suo merito, e non la
cambierebbe con alcun tesoro o diletto della terra.
Quando Dio crede di privarne, ella si sente sola, e
a nulla giovano i suoi sforzi per riaverla,
perché Dio la concede quando vuole, né
vi son mezzi per procurarsela.
6 – Alle volte si tratta della presenza di qualche
santo, e anche allora se ne ha grande giovamento.
Ma voi mi direte: Se non si vede nulla, come si
capisce che è Cristo, la sua gloriosissima
Madre o qualche santo?
L’anima non lo sa dire, non comprende come lo
capisca e, ciò nonostante, ne è
fermissimamente sicura. Pare che la cosa sia
più facile quando si tratta di Gesù
Cristo che fa sentire la sua voce, ma quando sono
santi che non parlano, e sembrano messi là in
aiuto e compagnia dell’anima, il fatto è
assai più sorprendente.
Vi sono altre cose spirituali che non si sanno
spiegare, ma che servono a farci meglio conoscere
quanto sia incapace la nostra natura di comprendere
le infinite grandezze di Dio, dato che non comprende
neppur quelle.
L’anima si contenti di ammirarle, di benedire il
Signore e di ringraziarlo vivamente.
Siccome non sono grazie che si danno a tutti, essa
le deve molto stimare, procurando di servir meglio
il Signore, ché appunto per questo gliele
dà.
Ne viene intanto che l’anima, lungi dal credersi
più degli altri, si persuade d’esser quella
fra tutti che meno serve il Signore. Le pare di
esservi obbligata più degli altri, e la
minima mancanza che commette le trapassa le viscere,
non senza grande ragione.
7 – Quella fra voi che Dio condurrà per di
qui saprà riconoscere da questi effetti se vi
è inganno o fantasia. Quanto al demonio, non
credo possibile, se è lui, che la cosa si
protragga a lungo, con tanti vantaggi per l’anima e
tanta pace interiore.
Non è questo il suo costume. Un essere
così malvagio non potrebbe produrre tanto
bene neppure volendolo, perché verrebbero
certi fumi di propria stima a farci subito pensare
di essere migliori degli altri.
Gli dà tanta rabbia che l’anima si mantenga
sempre con Dio, continuamente occupata di Lui, che
se qualche volta cerca d’ingannarla, non lo fa
troppo spesso.
Dio poi è fedele, e non permetterà mai
al demonio di aver tanta forza sopra un’anima, la
cui unica brama è di piacergli e di
sacrificare anche la vita per il suo onore e la sua
gloria: anzi, farà in modo che ne esca presto
disingannata.
8 – Il mio pensiero è e sarà sempre
questo: dal momento che l’anima si sente con questi
effetti che sono propri delle grazie di Dio, qualche
volta Egli potrà permettere al demonio di
tentarla, ma la farà uscire con vantaggio e
coprirà il maligno di confusione.
Perciò, figliuole, se alcuna va per questa
strada, non si lasci spaventare. Però
è bene che camminiate sempre con timore e con
grande avvertenza. Guardatevi dal credere che per
essere così favorite possiate alquanto
trascurarvi: sarebbe segno che le vostre grazie non
sono da Dio, né più né meno che
se non vi vedeste con gli effetti accennati.
Da principio sarà bene che ne parliate sotto
segreto di confessione con qualche persona molto
dotta -sono costoro che ci devono illuminare –
oppure con una molto spirituale.
Però preferite il molto dotto, se la
spiritualità dell’altro non è
profonda. Meglio ancora: potendolo, consultate l’uno
e l’altro. Se vi diranno che è una vostra
immaginazione, non preoccupatevene, perché
un’immaginazione non fa né bene né
male. Piuttosto raccomandatevi a Dio affinché
non permetta che cadiate in inganno.
Ne avrete maggior pena se vi diranno che è il
demonio. Ma non ve lo dirà certamente uno
molto dotto quando veda gli effetti di cui abbiamo
parlato. Quand’anche ve lo dicesse, vi assicurerebbe
del contrario il Signore che sta con voi, il quale
vi riempirebbe di consolazione, e darebbe luce al
direttore per potervi meglio comprendere.
9 – Se l’interpellato è uno che, pur
praticando l’orazione, non è condotto per
questa strada, si spaventerà subito e
condannerà ogni cosa. Perciò vi
consiglio d’indirizzarvi a un qualche grande
teologo, possibilmente molto spirituale.
La Priora lo permetta, anche se in base alla buona
vita che mena, vede che quell’anima va bene.
È obbligata a permetterlo. E saranno ambedue
sicure. Però, dopo essersi consultata,
l’anima deve mettersi in pace e guardarsi dal
moltiplicare consultazioni, perché il demonio
può ispirare timori così eccessivi e
irragionevoli da spingere l’anima a non contentarsi
di una volta sola.
Ciò avviene specialmente quando il confessore
non è di molta esperienza, si fa vedere
timoroso, o è lui che induce l’anima a
consultarsi. In tal modo vengono a divulgarsi certe
cose che sarebbe bene tener segrete. Ecco allora
l’anima fra le persecuzioni e le angustie.
Credeva che le sue grazie fossero occulte, e invece
le vede divulgate, con un seguito di molte cose
spiacevoli tanto per lei che per 1’Ordine, causa la
malizia dei tempi.
Perciò è necessario avere molta
prudenza, e io la raccomando assai alle Priore.
10 – Non devono esse pensare che una sorella sia
migliore delle altre perché è favorita
di tali grazie. Il Signore guida ognuna secondo che
crede meglio. Se è vero che quei favori,
quando sono corrisposti, aiutano a divenire delle
grandi serve di Dio, è pur vero che alle
volte il Signore non li comparte che alle più
deboli.
Perciò non bisogna né approvare
né condannare, ma considerare la
virtù. Sarà più santa colei che
servirà il Signore con maggiore
mortificazione, umiltà e purità di
coscienza.
Ma siccome quaggiù non si può avere
che una sicurezza relativa, bisogna attendere che il
vero Giudice dia a ciascuno quello che si merita.
E vedremo allora con sorpresa quanto siano diversi i
suoi giudizi dai nostri terreni apprezzamenti.
Sia Egli per sempre benedetto! Amen. .. .
Capitolo 9
In che modo Iddio si comunichi all’anima nella
visione immaginaria – Raccomanda istantaneamente di
non desiderare questa via, e ne dice le ragioni –
Capitolo assai utile
1 – Veniamo ora alle visioni immaginarie, nelle
quali dicono – e dev’essere vero – che il demonio
può intromettersi più facilmente che
non nelle precedenti.
Ma se vengono da Dio, credo che ci siano più
utili, perché più conformi alla nostra
natura: eccetto quelle che Dio accorda nell’ultima
mansione, alle quali non ve n’è una che possa
essere somigliante.
2 – Ecco come nostro Signore si presenta nella
visione descritta nel capitolo precedente.
Supponiamo di tener chiusa in un astuccio d’oro una
pietra preziosa di grandissimo valore e di
ammirabili qualità.
Non l’abbiamo mai vista, ma siamo sicuri di averla,
e portandola con noi non lasciamo di sperimentarne
gli effetti e d’apprezzarne il valore, avendoci essa
guariti da certe infermità per le quali
è appropriata. Tuttavia non osiamo guardarla,
né aprirne l’astuccio.
Anzi, non lo possiamo neppure, perché il modo
di aprirlo è noto solo al suo padrone, il
quale ce l’ha imprestata perché ce ne
gioviamo, ma se ne è tenuta la chiave.
Quando vorrà mostrarci la pietra,
aprirà l’astuccio, come sua cosa propria; e
quando gli piacerà, se la porterà via,
così come suol fare.
3 – Supponiamo ora che di tanto in tanto apra
improvvisamente l’astuccio in beneficio di colui a
cui l’ha imprestata. Questi ne avrà un
ricordo più vivo, e non potrà pensare
all’ammirabile splendore di quella pietra senza
provarne una gioia particolare. Così qui.
Quando il Signore si compiace di favorire alcuno con
maggior affetto, gli mostra svelatamente la sua
sacratissima Umanità sotto la forma che
vuole, o come era quando viveva sulla terra o come
dopo la sua resurrezione, sia pure con tanta
rapidità da fare pensare a un lampo.
Tuttavia la sua immagine s’imprime nella mente
così al vivo da non poter essere cancellata
fino al giorno in cui lo si godrà senza fine.
4 – Ho detto immagine, ma non già nel senso
che debba parere una pittura, bensì come un
Essere veramente vivo, che alle volte parla con
l’anima e le svela dei sublimi segreti.
Tuttavia, anche se l’apparizione si protrae per
qualche tempo non si può in essa fermare lo
sguardo più di quello che lo si possa nel
sole, per cui la sua vista ne è sempre
rapidissima, nonostante che il suo splendore non
offenda gli occhi dell’anima, come lo splendore del
sole quelli del corpo.
Parlo degli occhi dell’anima, perché, qui non
si percepisce che con essi. Quanto a vedere con gli
occhi del corpo non ne so nulla perché la
persona suddetta, da cui ho appreso tanti
particolari, non ne fu mai favorita: e parlare con
esattezza di ciò che non si conosce per
esperienza, è assai difficile.
Lo splendore di quell’immagine è come una
luce infusa, simile a quella che avrebbe il sole se
lo si coprisse di una cosa trasparente, come il
diamante; e le sue vesti sembrano di tela d’Olanda.
Ma quando il Signore accorda questa grazia l’anima
entra quasi sempre nel rapimento, perché uno
spettacolo così tremendo dall’umana debolezza
non può essere sopportato.
5 – Dico tremendo, in quanto è di una
maestà così grande che l’anima ne va
piena di spavento, benché sia il più
bello e il più dilettevole spettacolo che una
persona sappia immaginare, la quale non riuscirebbe
a rappresentarselo così, neppure se vi
lavorasse intorno mille anni di vita, perché
superiore di gran lunga alla capacità della
nostra immaginazione e del nostro intelletto.
Qui non vi è bisogno di chiedere come si
conosca chi Egli sia. Non occorre che alcuno ce lo
dica, perché si dà a conoscere da
sé molto bene come Signore del cielo e della
terra: contrariamente ai re di questo mondo, i
quali, se non sono accompagnati dalla loro corte, o
non si dice chi siano, passano spesso inosservati.
6 – Oh, Signore! .... Come vi conoscono poco i
cristiani! Che sarà quando verrete a
giudicarci, se qui, mentre venite con tanta
affabilità per trattare con la vostra sposa,
si prova un così vivo terrore a guardarvi?
Ah, figliuole! Che sarà mai quando con voce
terribile pronunzierà le parole: Via,
maledetti dal Padre mio?
7 – Sia questo il pensiero che lasci ora nella
nostra mente la grazia di cui parlo, e ci
sarà di non poco profitto.
S. Girolamo, benché santo, l’aveva sempre
presente. E con esso ci sembrerà poco quello
che dovremo soffrire per il rigore della Regola
abbracciata. Anche se le sue austerità
durassero a lungo, paragonate a quelle
dell’eternità non sarebbero che di un
istante.
Quanto a me, vi assicuro, benché tanto
miserabile, di non aver mai avuto così paura
dei tormenti dell’inferno da stimarli anche solo
qualche cosa di fronte al terrore dei dannati nel
vedere pieni d’ira gli occhi tanto belli, dolci e
misericordiosi del Signore.
Mi pare che il mio cuore non li potrebbe sopportare.
E tale è sempre stato il mio pensiero. Ah,
quanto dovrà più temere chi ha
ricevuto questa grazia, se l’emozione che in essa si
prova basta da sola per far uscire dai sensi!
Questo dev’essere il motivo per cui l’anima rimane
allora sospesa. Ma il Signore soccorre alla
debolezza di lei, acciocché si unisca alla
sua grandezza in questa divina e tanto sublime
comunicazione.
8 – Se l’anima può indugiarsi a lungo nella
contemplazione del Signore, credo che non si tratti
di visione, ma di una qualche figura formatasi
nell’immaginazione in seguito a una considerazione
molto intensa: figura che, paragonata a quella di
cui parlo, sarà come una cosa morta.
9 – Ecco quanto avviene ad alcune persone. So che
è vero perché ne han trattato con me,
e non tre o quattro, ma molte.
Costoro, in seguito alla debolezza della loro
fantasia o all’attività del loro intelletto o
non so per quale altro motivo, s’immergono in tal
modo nelle loro immaginazioni da essere sicurissime
di vedere tutto quello che pensano.
Ma esse comprenderebbero tosto il loro errore, se
avessero avuto una qualche vera visione,
perché, non solo non ne risentono alcun
effetto, ma siccome sono loro stesse a fabbricare
quel che vedono con l’immaginazione, rimangono molto
più fredde che se vedessero un’immagine
devota.
Perciò non se ne deve far caso. Del resto
esce pure di mente molto più presto di un
sogno.
10 – Non così nel caso nostro. Mentre l’anima
è molto lontana e non pensa neppure di aver
da vedere qualche cosa, ecco che d’improvviso le si
presenta la visione, la quale mette sossopra le
potenze e i sensi con gran timore e turbamento, per
poi lasciarli in una pace deliziosa.
A quel modo che quando S. Paolo fu rovesciato per
terra avvennero nel cielo alcuni tuoni e movimenti,
così in questo nostro mondo interiore. Vi
succede come una gran commozione, ma poi subito si
fa tutto tranquillo, e l’anima si ritrova in
possesso di così grandi verità da non
aver più bisogno di alcun maestro,
perché la vera Sapienza l’ha liberata dalla
sua ignoranza, senza che ella si affaticasse.
Per qualche tempo l’anima conserva una tale certezza
della divina provenienza di questa grazia che, per
quanto le dicano in contrario, nulla può
indurla à temere d’essere stata in inganno.
Ma in seguito, quando il confessore cerca
d’intimorirla, Dio permette che ne dubiti, pensando
che ciò possa essere in castigo dei suoi
peccati. Tuttavia non ne è convinta.
Vi si trova come nelle tentazioni contro la fede: il
demonio può inquietarla, ma non per questo
lascia ella di credere. Anzi, quanto più il
maligno la combatte, tanto più si convince
che beni così grandi non le vengono da lui.
Egli non può far molto sull’interiore
dell’anima: le sue rappresentazioni non sono mai con
tanta verità, maestà ed effetti.
11 – Siccome è una cosa che i confessori non
possono vedere, e la persona che ne è
favorita non sa alle volte spiegarsi, essi han tutti
i motivi di temere. Perciò si deve procedere
con circospezione e attendere che il tempo ne mostri
i frutti, osservando se l’anima ne esca più
umile e più fortificata in virtù. Il
demonio, se è lui, darà presto dei
segni e si lascerà sorprendere in mille
falsità.
Il confessore che ha esperienza, ed ha provato
queste cose, non tarderà molto ad accorgersi.
Dalla relazione che gliene faranno, vedrà
prontamente se è l’opera di Dio,
dell’immaginazione o del demonio, specialmente se
avrà ricevuto dal Signore il dono del
discernimento degli spiriti.
Se avrà questa dono e sarà fornito di
dottrina, lo conoscerà molto bene anche senza
esperienza.
12 – Importa molto, sorelle, che vi comportiate con
il confessore con grande verità e
schiettezza, non soltanto quanto a manifestargli i
vostri peccati, com’è doveroso, ma anche nel
dargli conto della vostra orazione.
Altrimenti non vi potrei assicurare né della
vostra via, né che sia Dio quegli che
v’insegna. Piace molto al Signore che usiamo con i
suoi rappresentanti la stessa verità e
chiarezza che useremmo con Lui, desiderosi di far
loro conoscere tutti i nostri pensieri e soprattutto
le nostre opere, anche più piccole.
Se fate così, sbandite ogni timore e
mettetevi in pace. Anche se le visioni non fossero
da Dio, avendo voi umiltà e buona coscienza,
non vi farebbero alcun danno.
Il Signore saprebbe cavar bene dal male, in quanto
che, nella persuasione di esser da Dio favorite,
fareste di tutto per maggiormente contentarlo,
mantenendovi continuamente occupate nella sua
immagine: e così avreste un guadagno
là dove il demonio pretendeva rovinarvi.
Diceva un gran teologo che se il demonio, bravo
pittore com’è, gli rappresentasse un’immagine
del Signore molto espressiva, egli invece di averne
pena, se ne servirebbe per ravvivarsi in devozione e
muovere guerra al maligno con le stesse sue armi.
Per quanto un pittore possa essere malvagio, non per
questo si deve disprezzare l’immagine che egli
faccia, quando sia di Colui che è il nostro
solo Bene.
13 – Inoltre quel teologo biasimava molto coloro che
al sopraggiungere di qualche visione consigliano di
farle le corna, perché, diceva, dobbiamo
onorare l’immagine del nostro Re in qualunque luogo
si veda. E trovo che ha ragione.
Anche fra noi, del resto, se una persona ama
un’altra e viene a sapere che quest’altra copre
d’ingiurie il suo ritratto, non ha certo piacere. A
maggior ragione si deve rispettare un crocifisso o
un’immagine del nostro Imperatore in qualunque luogo
si veda.
Benché io abbia scritto su questo argomento
anche in altre parti, mi è piaciuto ripetermi
perché ho conosciuto una persona a cui
avevano imposto un tal rimedio, ed era molto
afflitta. Non so chi possa essere l’autore di un
tale espediente non buono ad altro che a tormentare
l’anima, la quale, credendo di andar perduta se non
ascolta il confessore, si sforza di obbedirgli.
Ma se di questi consigli ne daranno anche a voi, il
mio è che non li abbiate a seguire,
esprimendo queste ragioni con umiltà.
Per ciò che mi riguarda, le buone ragioni
apportatemi da colui che in tale circostanza
trattò con me, mi convinsero pienamente.
14 – Un gran vantaggio di questa grazia è che
l’anima, pensando al Signore, alla sua vita e alla
sua passione, ricorda il suo dolcissimo e bellissimo
volto e ne prova vivissima consolazione, a quel modo
che anche tra noi si sente più piacere nel
pensare ai benefici di una persona conosciuta che
non di un’altra mai vista.
Vi dico che è un ricordo soave, di gran
conforto e vantaggio. Porta con sé molti
altri beni, ma siccome ho già parlato degli
effetti che queste cose producono e che avrò
a dire anche altrove, non voglio ora che ci
stanchiamo, né io né voi.
Vi raccomando solo istantaneamente che, venendo a
conoscere o a udire che Dio accorda ad alcuno queste
grazie, non abbiate a pregare né a desiderare
che ne favorisca pur voi. Benché ciò
vi sembri assai buono e degno di grande stima,
tuttavia non conviene, per le ragioni che qui vi
dico.
15 – Primo; perché è mancanza di
umiltà volere che vi si dia quello che non
avete meritato: e credo che chi lo desidera, di
umiltà ne abbia ben poca. A quel modo che un
povero contadino è lungi dal desiderare di
esser re, perché la cosa gli sembra
impossibile e non crede di meritarla, così
l’umile di fronte a queste grazie.
Le quali, a mio parere, non sono concesse che agli
umili, perché il Signore, prima di
accordarle, invia sempre un qualche grande
sentimento della propria nullità.
Chi ha tali desideri, come può essere
persuaso che il Signore gli usi una ben grande
misericordia nel non tenerlo già
nell’inferno? Secondo, perché è
certissimo che con quei desideri, o si è
già in inganno o si è in gran pericolo
di esserlo. Al demonio basta vedersi aperta la
più piccola porta per tenderci mille insidie!
...
Terzo, perché quando il desiderio è
veemente, vi entra di mezzo l’immaginazione, e
allora la persona si dà a credere di vedere e
di sentire ciò che desidera, come avviene a
coloro che sognano di notte quello che di giorno han
molto pensato e desiderato.
Quarto, perché assai temerario è
volermi scegliere da me stessa la via, quando non so
distinguere quella che più mi conviene,
invece di abbandonarmi a Dio, il quale,
conoscendomi, mi condurrebbe per quella che
più si addice al caso mio, dandomi modo di
compiere in tutto la sua santa volontà.
Quinto, credete forse che siano leggeri i travagli
delle anime che così Dio favorisce?
No, ma grandissimi e di vario genere. E allora, come
sapete di essere capaci di sopportarli?
Sesto, perché può essere che troviate
la vostra perdita dove pensavate di guadagnare, come
avvenne a Saul per essere re.
16 – Oltre a queste, vi son altre ragioni. Per cui,
credetemi, il più sicuro è di non
volere se non quello che Dio vuole, il quale ci
conosce più di noi e ci ama. Mettiamoci fra
le sue mani, affinché compia in noi la sua
santa volontà: mantenendoci in essa con animo
risoluto, non cadremo mai in errore.
Dovete inoltre avvertire che il fatto di ricevere
tali grazie non significa che si abbia pure maggior
merito. Anzi, ricevendo di più, si rimane
obbligati. Ciò che importa maggiore o minor
merito è alla portata di tutti, e Dio non ne
priva nessuno. Vi sono molte anime sante che non
hanno mai saputo che cosa sia ricevere una di queste
grazie; altre invece le ricevono, e non sono sante.
Non dovete poi credere che questi favori siano
continui. Anzi, per uno solo di essi che il Signore
conceda, si han travagli in gran numero, per cui
l’anima, nonché preoccuparsi per sapere se
tali grazie le verranno ripetute, non pensa che al
modo di meglio corrispondervi.
17 – È vero che devono essere di grande aiuto
per avere virtù più perfette; ma le
virtù acquistate con le proprie fatiche sono
degne di maggior premio. Io conosco una persona,
anzi due – una delle quali è uomo – a cui il
Signore aveva concesso queste grazie.
Eppure esse desideravano così ardentemente di
servire Iddio a proprie spese, senza tanti favori,
ed avevano una brama così viva di patire per
amor suo, che si lamentavano con Lui perché
così le favoriva, disposte pure a resistere
se avessero potuto.
Parlo solo delle delizie che Dio comparte nella
contemplazione, non delle visioni, perché
queste sono degne di molta stima, e se ne ricava
sempre gran vantaggio.
18 – Secondo me, questi desideri sono soprannaturali
e propri di anime altamente innamorate, le quali
vorrebbero mostrare a Dio che non lo servono per il
salario.
Se si sforzano di servirlo con maggiore attenzione,
non è per la gloria che ne avranno in
ricompensa, a cui non pensano neppure, ma soltanto
per soddisfare all’amore, la cui natura è di
sempre operare, in tutte le maniere. L’anima, se lo
potesse, escogiterebbe nuovi mezzi per consumarsi in
amore. E se la maggior gloria di Dio richiedesse il
suo perpetuo annientamento, vi si assoggetterebbe
volenteri.
Sia Egli per sempre benedetto che vuol mostrare la
sua grandezza nel comunicarsi con sì
miserabili creature! Amen.
Capitolo 10
Altre grazie e diversa maniera con cui Dio le
concede – Gran profitto che se ne ricava
1 – Il Signore si comunica con queste apparizioni in
varie circostanze: alle volte quando l’anima
è afflitta, altre volte quando le ha da
venire qualche grave travaglio, ed altre quando Sua
Maestà vuole deliziarsi con lei e favorirla.
Ma non è il caso di discendere a tanti
particolari, perché mio scopo è di far
conoscere, per quanto io me ne intenda, le diverse
grazie che su questo cammino si ricevono,
affinché sappiate in che consistono, e quali
gli effetti che lasciano, senza ingannarci col
pensare che ogni immaginazione sia una visione.
Con ciò, inoltre, non vi turberete né
cadrete in angustia qualora ne siate favorite,
vedendo che, dopo tutto, si tratta di cose
possibili. Il demonio guadagna molto e prende molto
piacere nel vedere un’anima afflitta ed inquieta,
perché sa che tale stato le impedisce
d’impiegarsi nell’amare e nel dar lodi al Signore.
Sua Maestà si comunica ancora in altri modi;
molto più sublimi e meno pericolosi, nei
quali le contraffazioni del demonio non credo siano
possibili. Ma siccome si tratta di cose molto
occulte, non è troppo facile parlarne, a
differenza delle visioni immaginarie che si possono
spiegare più facilmente.
2 – Ecco ciò che accade quando Dio lo vuole.
L’anima, mentre è in orazione e profondamente
in essa assorbita, si sente improvvisamente sospesa,
e il Signore le fa intendere grandi segreti, che
ella crede di vedere nello stesso Dio.
Ho detto vedere, ma in realtà non vede nulla,
perché non si tratta di una visione della
sacratissima Umanità e neppure di una visione
immaginaria, ma di una molto intellettuale, nella
quale s’intende in che modo si vedano in Dio le cose
e come Egli le contenga in sé. Benché
sia una grazia fugacissima, tuttavia s’imprime
nell’anima profondamente, e grandi sono gli effetti
che ne vengono.
Anzitutto ci copre di confusione, facendoci meglio
vedere la malizia dei nostri peccati, in quanto li
commettiamo mentre siamo in Dio: si, dentro di Lui.
Per farmi intendere, voglio vedere se riesco a
servirmi di una similitudine. Benché sia
così e si tratti di una verità che
sentiamo molte volte, tuttavia, o non vi pensiamo o
non vogliamo capirla: se la comprendessimo bene,
pare che tanta temerità non ci sarebbe
possibile.
3 – Supponiamo che Dio sia come una stanza o un
palazzo molto grande e bello. Il palazzo, ripeto,
è lo stesso Dio. Ora, il peccatore per
commettere le sue iniquità può forse
uscire dal palazzo?
No. Tutte le abominazioni, le scellerataggini, le
disonestà che noi peccatori commettiamo, si
consumano tutte in quel palazzo, vale a dire nello
stesso Dio. Oh, verità spaventevole e degna
di somma riflessione!
Quanto utile per noi che siamo poco istruite e non
finiamo mai di persuadercene! Oh, sarebbe affatto
impossibile avere ancora una così insensata
temerità!
Consideriamo, sorelle, la grande misericordia e la
pazienza di Dio che non ci sprofonda sull’istante.
Ringraziamolo sentitamente e vergogniamoci di essere
così sensibili a ciò che dicono o
fanno contro di noi.
Non è forse un’inconcepibile nequizia
risentirci di una paroletta, detta alle volte in
nostra assenza e forse senza cattiva intenzione,
mentre vediamo Dio nostro Creatore sopportare che le
sue creature gli facciano tante offese fin dentro di
Lui?
4 – Oh, miseria umana! Quando, figliuole, imiteremo
un poco questo nostro gran Dio?
No, non ci avvenga mai di credere che facciamo pur
noi qualche cosa perché sopportiamo
un’ingiuria! Soffriamo tutto di buona voglia, e
amiamo coloro che ci
offendono, giacché anche questo gran Dio non
ha mai lasciato di amarci, nonostante i nostri molti
peccati. Sì, ha ragione di volere che tutti
perdonino, qualunque sia l’offesa ricevuta.
Benché questa visione sia tanto rapida, pure
vi dico che è un’insigne grazia di Dio,
purché l’anima sappia giovarsene,
riportandola spesso alla memoria.
5 – Subitamente, e in un modo inesplicabile, succede
alle volte che Dio mostri in se stesso una tale
verità da eclissare tutta quella che si trova
nelle creature, dando chiaramente a conoscere che
Egli solo è verità, incapace di
mentire.
Allora si comprende ciò che dice David in un
salmo: cioè, che ogni uomo è mendace,
parole che non si intenderebbero mai così
bene, neppure se si sentissero molte volte.
Dio è una verità che non può
mancare. Quando Pilato chiese a nostro Signore,
durante la passione, che cosa fosse la
verità, penso che gli abbia chiesto troppo.
E noi quanto poco la conosciamo questa suprema
Verità! Su questo argomento vorrei spiegarmi
più a lungo, ma mi è impossibile.
6 – Impariamo da ciò, sorelle, che per
conformarci in qualche cosa al nostro Sposo e Dio,
occorre che ci studiamo di comportarci sempre con
verità.
Non dico soltanto che non si debba mentire: in
ciò, grazie a Dio, vi vedo così
guardinghe che in queste case non si dice bugia per
veruna cosa del mondo; ma che camminiamo nella
verità innanzi a Dio e innanzi agli uomini in
tutte le circostanze possibili, specialmente col non
volere che ci ritengano più di quello che
siamo, e con dare a Dio quello che è di Dio,
e a noi quello che è nostro nelle opere che
facciamo.
Cerchiamo di metterci ovunque nella verità, e
non faremo tanta stima di questo mondo che è
tutto menzogna e bugia, e che appunto perché
tale non può essere durevole.
7 – Mi chiedevo una volta perché Dio ami
tanto l’umiltà, e mi venne in mente,
d’improvviso, senza alcuna mia riflessione che
ciò dev’essere perché Egli è
somma Verità, e che l’umiltà è
verità.
È verità indiscutibile che da parte
nostra non abbiamo nulla di buono, ma solo miseria e
niente. Chi più lo intende, più si fa
accetto alla suprema Verità, perché in
essa cammina.
Ci conceda Iddio, sorelle, di non mai uscire da
questo nostro conoscimento! Amen!
8 – Nostro Signore accorda all’anima queste grazie
perché, considerandola ormai come sua vera
sposa, già decisa di fare in tutto il suo
volere, vuole svelarle qualche sua grandezza e
mostrarle in quali cose debba ella assecondarlo.
Non occorre che mi estenda di più. Ho parlato
di queste due grazie, perché mi sembrano di
grande utilità. In esse non vi è alcun
motivo di temere, ma soltanto di lodare il Signore
che le dà.
Secondo me, il demonio e l’immaginazione non possono
tanto intromettersi, e l’anima ne esce molto
consolata.
Capitolo 11
Tratta di certi desideri di godere Iddio, dati
all’anima da Dio stesso, così grandi e
impetuosi da mettere in pericolo la stessa vita.
Vantaggi che l’anima ne ricava
1 – Bastano forse queste grazie perché la
colombella o farfalletta – non crediate che me ne
sia scordata – si senta soddisfatta e si riposi dove
dovrà morire?
No, certamente. Anzi, il suo stato si fa molto
più grave, geme e va continuamente fra le
lacrime. Benché riceva queste grazie da molti
anni, tuttavia, ognuna di esse accresce il suo
tormento, perché meglio vi conosce le
grandezze del suo Dio.
Ed ella, vedendosi da lui separata e così
lontana dal possederlo, sente aumentare i suoi
desideri, in proporzione dell’amore che va pur esso
aumentando, a misura che più scopre quanto
meriti di essere amato quel suo gran Dio e Signore.
E con l’andare degli anni quei desideri vanno a poco
a poco aumentando fino a produrre la gran pena di
cui ora dirò.
Ho detto anni per conformarmi al modo con cui si
sono svolti nella persona accennata, ma so bene che
a Dio non si metton limiti. Egli può fare
quel che vuole, per noi desidera di far molto, e
può in un istante elevare l’anima al
più alto grado che qui si dirà.
2 – Accenno, dunque, a quelle ansie, lacrime,
sospiri e grandi impeti, di cui ho parlato: cose che
sembrano derivare dal nostro amore quando sia molto
sentito. Tuttavia, sono come un fuoco che dà
fumo, si possono sempre sopportare, sia pure con
pena, e non sono neppure da paragonarsi con quello
che ora voglio dire.
Mentre l’anima va così ardendo in se stessa,
ecco che in seguito a un minimo pensiero o a una
parola che senta sulla lentezza della morte, le
viene – non si sa da che parte, né in che
modo – come un colpo o una saetta di fuoco.
Non dico già che sia una saetta:
checché sia, si vede chiaramente che non
viene da noi.
Dico colpo, ma non lo è; e tuttavia ferisce
profondamente.
Mi pare che si faccia sentire, non in quella parte
dove si sperimentano i dolori della terra, ma nel
più intimo e più profondo dell’anima,
dove questo fugacissimo raggio riduce in polvere
tutto ciò che trova di questa nostra bassa
natura, tanto da esserci impossibile, finché
esso continua, di ricordarci ancora di noi.
Immediatamente le potenze si sentono così
impacciate da non essere più capaci di nulla,
eccetto di quelle cose che possono aumentare il
tormento.
3 – Non vorrei che mi credeste esagerata. Anzi, sono
assai moderata, perché si tratta di cose che
non si sanno esprimere.
I sensi e le potenze vengono rapiti a tutto
ciò che non contribuisce a far crescere
quello spasimo. E se l’intelletto conserva la sua
attività, è solo per comprendere con
quanta ragione l’anima debba affliggersi per essere
lontana da Dio.
Vi concorre pure il Signore col dare una così
viva cognizione di sé da portare la pena a un
alta grado d’intensità, per cui la persona
che ne soffre finisce col prorompere in alte grida,
senza potersi contenere, neppure se molto paziente e
abituata a grandi sofferenze, perché i
tormenti di cui parlo non si sentono nel corpo ma
nel profondo dell’anima.
Allora quella persona comprende quanto più
grandi delle pene del corpo siano quelle dell’anima,
e pensa che di questa natura debbano pur essere
quelle del purgatorio, dove l’assenza del corpo non
impedisce all’anima di soffrire assai di più
che non qui sulla terra in compagnia del corpo.
4 – Io ho visto una persona in questo stato e ho
creduto veramente che fosse per morire.
Nessuna meraviglia del resto, perché qui si
è appunto in gran pericolo di morte. Per
quanto questo fenomeno sia breve, lascia il corpo
completamente slogato e con i polsi così
deboli come se l’anima stia per rendersi a Dio.
Cessa anche il calore naturale, e l’anima brucia di
tal maniera che, con un po’ di più, Dio
compirebbe le sue brame. Al momento il corpo non
sente nulla, né poco né molto.
Però le membra si slogano, e per due o tre
giorni si hanno grandi dolori, senza neppur la forza
di scrivere: credo che il corpo rimanga più
debole di prima.
Se al momento il corpo non soffre, dev’essere per
l’intensità dello spasimo interiore che
impedisce all’anima di far, conto di lui.
È come avere un dolore molto acuto in un
membro: anche se ne abbiamo vari altri, questi non
si sentono tanto. È un fatto che io ho
sperimentato assai bene. Ma nel caso nostro non si
sente né poco né molto, né
credo che si senta dolore neppure se ci mettano in
brani.
5 – Mi direte che ciò è imperfezione,
perché quell’anima non si uniforma al volere
di Dio, a cui si è tante volte assoggettata.
Fin qui lo poteva fare, e con ciò sopportava
la vita. Ma ora non lo può più,
perché il suo intelletto non è padrone
di sé, né può ad altro pensare
fuorché alla ragione che ella ha di ben
dolersi.
Perché ancora vivere separata dal suo Bene?
Si sente come in una strana solitudine, e non
varrebbero a tenerle compagnia, non solo tutte le
creature della terra, ma neppure, credo, gli stessi
abitanti del ella ama: anzi, le sarebbero di
tormento.
Si vede come per aria, senza appoggi sulla terra e
senza mezzi per salire al cielo. Arde di sete e non
può giungere all’acqua: sete intollerabile,
salita ormai a tali estremi da non poter essere
saziata che con l’acqua di cui il Signore
parlò alla Samaritana. Altra ella non ne
vuole, e questa intanto non le viene concessa! ...
6 – Oh, Signore!... In quali angustie stringete mai
chi vi ama! Eppure tutto è poco di fronte al
molto con cui poi lo favorite. Del resto è
giusto che il molto costi molto, massimamente quando
serve a purificare l’anima per poi introdurla nella
settima mansione, come il purgatorio purifica quelle
che devono entrare nel cielo, tanto più che
innanzi alla grandezza dello scopo, quel tormento si
fa piccolo, come goccia di acqua di fronte al mare,
nonostante che in sé sia di un’afflizione
così angosciosa da superare, a mio parere,
tutte le pene della terra.
Quanto a queste, le teneva da nulla, in paragone,
anche la persona di cui parlo, malgrado ne avesse
sofferte moltissime, sia corporali che spirituali.
Eppure l’anima tiene quella pena in sì gran
pregio dal riconoscersene del tutto indegna, e la
soffre di gran voglia, disposta pure, se così
piace al Signore, di sopportarla per tutta la vita.
Però questo suo sentimento non è tale
da esserle di sollievo, per cui in quel caso non
morrebbe una volta sola, ma sarebbe in continua
agonia: veramente così.
7 – Pensiamo un momento, sorelle, a coloro che sono
all’inferno. Non hanno né questa
conformità al volere di Dio, né questa
gioia e contento interiore, né la speranza
che i loro tormenti siano ad essi di vantaggio, ma
una continua sofferenza che va sempre più
aumentando: dico che va sempre più aumentando
quanto alle pene accidentali.
Ora, siccome le sofferenze dell’anima, sono assai
più terribili di quelle del corpo; siccome i
tormenti che là si soffrono sorpassano di
gran lunga quelli di cui abbiamo parlato, con
l’aggiunta che dovranno essere eterni, che
sarà mai di quelle anime infelici?
E che cosa si può fare e patire, qui in
questa vita così breve, che non sia ancora un
niente per sottrarsi a quegli orribili ed eterni
dolori? No, non è possibile far comprendere
quanto siano orribili le sofferenze dell’anima, e
quanto diverse da quelle del corpo: bisogna
provarle.
Se il Signore ce lo fa comprendere è per
darci a conoscere il molto che gli dobbiamo
nell’averci chiamate in questo stato, nel quale, per
sua misericordia, nutriamo speranza che ci
vorrà preservare dall’inferno, perdonandoci
tutti í nostri peccati.
8 – Ritorniamo ora al nostro argomento, cioè
alla gran pena in cui abbiam lasciato
l’anima.
In quel grado d’intensità non dura molto:
tutt’al più, tre o quattro ore. Più a
lungo non lo credo possibile, tranne che per un
miracolo, perché la nostra naturale debolezza
non la potrebbe sopportare.
A quella persona accadde una volta che non durasse
più di un quarto d’ora, ma ne uscì
come fatta a pezzi. Era l’ultimo giorno delle feste
di Pasqua. Ella le aveva passate in tale
aridità da quasi neppur accorgersi che fosse
Pasqua. Ma ecco che durante la ricreazione, – e
ciò che dico è vero – al solo udire
una parola sul prolungarsi della vita, quella pena
l’assalì con tanta violenza da trarla
completamente dai sensi.
Immaginate voi se si possa resistere! ... Sarebbe
come una persona caduta in un braciere che volesse
togliere alla fiamma il potere di bruciarla.
Si tratta di sentimenti che non si sanno
dissimulare. Coloro che assistono non possono sapere
ciò che passa nell’anima. Però vedono
che ella è in pericolo di vita. E se le sono
un po’ di compagnia, è solo a guisa di ombre.
E ombre le sembrano tutte le cose della terra.
9 – È possibile che qualche volta anche voi
abbiate a vedervi in questo stato. Non dimenticatevi
allora che vi può aver parte la nostra
naturale debolezza.
Come avete visto, l’anima si va talmente struggendo,
che per uscire dal corpo sembra che non le manchi
più nulla.
Può allora avvenire che ne tema per davvero,
e che brami un po’ di sosta al tormento per non
morire. È la nostra naturale debolezza che fa
sentire i suoi timori.
Tuttavia il desiderio non cessa, ne è
possibile trovare rimedio a tanta pena,
finché Dio non lo tolga. Ordinariamente
ciò avviene con qualche grande rapimento o
visione, in cui il vero Consolatore consola e
fortifica l’anima affinché si rassegni a
vivere per quanto Egli vorrà.
10 – È uno stato assai penoso, ma l’anima ne
esce con grandissimi effetti, senza più la
paura delle tribolazioni possibili, in quanto non vi
è più nulla dopo quel tormento che
possa ancora intimorirla.
Anzi, visti i vantaggi che le sono venuti, amerebbe
soffrirlo varie altre volte. Ma la cosa non è
in suo potere perché come non ha alcun mezzo
per resistere o per sottrarsene quando viene,
così non ne ha alcuno per procurarselo.
Avendo constatato che nessuna cosa della terra le
può essere allora di conforto, sente per il
mondo maggior disprezzo di prima; avendo compreso
che solo il Creatore può consolare e saziare
la sua anima, esce con maggior distacco dalle
creature; e avendo veduto che se Egli può
consolare, può anche far soffrire, ne
concepisce maggior timore, e si studia più
attentamente di non offenderlo.
11 – Secondo me, due sono le cose che in questo
cammino spirituale mettono in pericolo di morte:
l’una, la pena di cui parliamo, veramente pericolosa
e non di poco; l’altra, una gioia o un’ebbrezza
molto grande per la quale l’anima si trova in tale
estremo da parere che stia veramente per morire: un
poco ancora, e uscirebbe dal corpo con sua non
piccola fortuna.
Giudicate ora, sorelle, se non ho io ragione di dire
che qui occorre aver coraggio, e se nel caso che voi
domandiate a Dio queste grazie, non abbia Egli
ragione di chiedervi, come già ai figliuoli
di Zebedeo, se potete bere il suo calice.
12 – Sono sicura che tutte risponderemmo di
sì, e non senza ragione, perché il
Signore, quando vede che uno ha bisogno di essere
incoraggiato, non lascia di farlo.
Anime siffatte Egli le difende in ogni cosa, e
quando sono oggetto di biasimo e di persecuzione,
risponde per loro, se non con le parole, con i
fatti, come fece con la Maddalena.
E poi, poi... prima che muoiano, le paga di tutto in
una volta, come ora vedrete.
Sia Egli per sempre benedetto, e tutte le creature
lo lodino! Amen.
Capitolo 1
Grazie sublimi di cui Dio favorisce le anime che
sono entrate nelle settime mansioni – Differenza fra
anima e spirito, benché siano un tutt’uno –
Si tratta di cose che meritano attenzione
1 – Dopo quello che si è detto di questo
cammino spirituale, vi parrà, sorelle, che
non vi sia più nulla d’aggiungere. Ma
è stoltezza pensarlo, perché se le
grandezze di Dio non hanno limiti, non ne hanno
neppure le sue opere. Chi può finire di
raccontare le sue misericordie e le sue
magnificenze?
Nessuno certamente. Perciò, non solo non
dovete meravigliarvi di ciò che si è
detto, ma neppure di quanto si dirà, non
essendo infine che un punto rispetto al molto che di
Dio si può dire.
È già una sua grande misericordia
l’aver comunicato queste cose a persone da cui
possiamo saperle, perché così,
conoscendo meglio le sue comunicazioni con le
creature, meglio lodiamo la sua grandezza, e ci
sforziamo di tenere in gran conto le anime con le
quali Egli tanto si diletta.
Anche noi abbiamo un’anima, fatta ad immagine e a
similitudine di Dio, ma non sappiamo apprezzarla
come si merita, per cui non conosciamo i grandi
segreti che sono in essa. Piaccia a Dio – se
ciò gli è di gloria – di muovere la
mia penna e d’insegnarmi il modo di farvi intendere
qualche cosa del molto che vi è ancora da
dire, e che Dio disvela alle anime da Lui introdotte
in questa mansione.
A questo scopo io ho già molto pregato. Mio
intento, come Dio sa, è di mettere in luce le
sue misericordie, affinché il suo nome sia
maggiormente lodato e benedetto. E spero che Egli mi
esaudisca, non per me, ma per voi, affinché
intendiate quanto importi che non sia per vostra
colpa che lo Sposo lasci di celebrare con voi questo
matrimonio spirituale, fonte d’immensi vantaggi.
2 – Gran Dio! Misera come sono, mi vien da tremare
nel parlare di un soggetto che merito così
poco d’intendere. Mi sento tutta confondere, e penso
se non sia meglio trattare di questa mansione in
poche parole. Mi sembra che si debba supporre che io
me ne intenda per esperienza, e ciò,
conoscendomi chi sono, mi è d’indicibile
vergogna e terrore.
D’altra parte mi sembra che non farlo sia tentazione
e debolezza. E così mi arrendo, nonostante i
giudizi che ne possiate fare. Purché il mio
Dio sia lodato e conosciuto un po’ di più, mi
gridi pur dietro tutto il mondo!... Senza poi dire
che quando questo scritto verrà alla luce,
può essere che io sia morta.
Sia benedetto Colui che vive e vivrà per
tutti i secoli! Amen.
3 – Quando nostro Signore si degna d’aver
pietà di quanto patisce ed ha patito per il
desiderio di Lui quest’anima che Egli spiritualmente
ha già accettato in sua sposa, la introduce,
prima che il matrimonio spirituale si consumi, nella
sua stessa mansione, che è questa settima di
cui parliamo.
In quella guisa che Dio ha la sua dimora nel cielo,
così deve averla nell’anima, per abitarvi da
solo come in un secondo cielo.
Importa molto, sorelle, che ci guardiamo dal credere
che la nostra anima sia un qualche cosa di oscuro.
Ordinariamente, siccome non vediamo altra luce fuor
di quella che colpisce i nostri occhi, ci figuriamo
che nel nostro interno non ve ne sia alcuna e che
nella nostra anima regni una specie di
oscurità.
Così è per le anime che non sono in
grazia; ma ciò, non per difetto del Sole di
Giustizia che é ancora in loro come datore
dell’essere, ma perché esse non sono capaci
di ricevere la sua luce, come mi pare di aver detto
nella prima mansione, riferendomi a ciò che
ne aveva inteso una certa persona.
Queste anime sventurate si trovano come in una
oscura prigione, con le mani e i piedi legati,
incapaci di qualsiasi azione che sia loro di merito,
cieche e mute.
Compiangiamole ché ne abbiamo ragione,
pensando che anche noi ci siam forse trovate nelle
medesime condizioni, e che Dio può aver
misericordia anche di loro.
4 – Abbiamone gran cura e non trascuriamo mai di
supplicarne il Signore. Pregare per coloro che sono
in peccato mortale è una grandissima
elemosina, maggiore di quella che si possa fare
nella supposizione seguente.
Ecco un cristiano che ha le mani legate dietro le
spalle con una grossa catena, e stretto a un palo.
Sta languendo di fame, non già perché
gli manchino gli alimenti, ché anzi ne ha
vicini di squisitissimi, ma perché non
può prenderli né portarli alla bocca.
Anzi, ne ha una nausea profonda, e sta ormai per
morire, non di morte temporale, ma eterna. Ora, non
sarebbe una crudeltà fermarsi a guardarlo
senza mettergli in bocca alcun cibo?
Che dire invece se per le vostre preghiere gli
venissero tolte le catene? Ma già voi mi
capite... Perciò vi scongiuro per amor di Dio
di non mai dimenticarvi nelle vostre preghiere di
queste povere anime!...
5 – Ma non è di loro che intendiamo parlare,
bensì di quelle che per misericordia di Dio
han fatto penitenza dei peccati commessi, e ora sono
in grazia.
Possiamo considerare ognuna di queste anime non
già come una cosa stretta e limitata, ma come
un mondo interiore, suddiviso in tante e
meravigliose mansioni. Ed è giusto che sia
così, perché in esse ha sua stanza il
Signore.
Ora, quando Sua Maestà si compiace di
accordare a un’anima la grazia di questo divino
matrimonio, comincia con introdurla nella sua stessa
mansione, ma non come le altre volte quando la
favoriva di rapimenti.
Benché Dio unisca l’anima a sé anche
con i rapimenti e con quell’orazione che abbiamo
detto di unione, tuttavia queste cose non sembra che
invitino l’anima ad entrare nel suo centro, come
avviene in questa mansione, ma soltanto a salire
nella sua parte superiore.
Comunque, il modo poco importa.
Quello che vale è che il Signore unisce
l’anima a sé, rendendola cieca e muta, come
S. Paolo al momento della conversione, e impedendole
di conoscere la grazia che gode e come la gode.
La gran gioia che allora l’anima sperimenta è
solo in quanto si vede vicina a Dio, mentre quando
Egli la unisce a sé, non intende nulla
perché le potenze si perdono.
6 – Ma qui la cosa è diversa. Il nostro buon
Dio vuol levarle le squame dagli occhi,
affinché veda ed intenda qualche cosa della
grazia che sta per farle, e ciò in un modo
assai strano.
Una volta introdotta in questa mansione, le si
scoprono, in visione intellettuale, le tre Persone
della santissima Trinità, come in una
rappresentazione della verità, in mezzo a un
incendio, simile a una nube risplendentissima che
viene al suo spirito. Le tre Persone si vedono
distintamente, e l’anima, per una nozione ammirabile
di cui viene favorita, conosce con certezza assoluta
che tutte e tre sono una sola sostanza, una sola
potenza, una sola sapienza, un solo Dio.
Ciò che crediamo per fede, ella lo conosce
quasi per vista, benché non con gli occhi del
corpo né con quelli dell’anima, non essendo
visione immaginaria.
Qui le tre Persone si comunicano con lei, le parlano
e le fanno intendere le parole con cui il Signore
disse nel Vangelo che Egli col Padre e con lo
Spirito Santo scende ad abitare nell’anima che lo
ama ed osserva i suoi comandamenti.
7 – O Dio! Che differenza udire e credere a queste
parole dall’intenderne la verità nel modo che
ho detto! Lo stupore dell’anima va ogni giorno
aumentando, perché le pare che le tre divine
Persone non l’abbandonino più.
Le vede risiedere nel suo interno, nella maniera
già detta, e sente la loro divina compagnia
nella parte più intima di se stessa, come in
un abisso molto profondo che per difetto di scienza
non sa definire.
8 – Stando a quello che ho detto, vi sembrerà
che l’anima non sia in se stessa, ma tanto assorbita
da non intendere nulla. Eppure, per ciò che
riguarda il servizio di Dio, è molto
più in sé di prima, tanto che appena
espletate le sue occupazioni, si raccoglie con
quella dolce compagnia, mentre il Signore non lascia
di farle sentire la sua continua presenza, né
mai più l’abbandona se non sia prima lei a
lasciarlo.
Ma grande è là sua fiducia che Dio,
dopo averle concesso questa grazia non
permetterà che la perda. E così
infatti può credere, malgrado che non lasci
di comportarsi con la maggior attenzione possibile
per non offenderlo in nulla.
9 – Dovete sapere che la vista di questa divina
presenza non dura sempre così perfetta – dico
in modo così chiaro – come al momento della
sua prima manifestazione, o come quando il Signore
si compiace di ripeterne la grazia.
Se fosse così, sarebbe impossibile non solo
occuparsi in altra cosa, ma neppur vivere fra gli
uomini. Però, quantunque la visione non sia
sempre così chiara, tuttavia l’anima non
lascia mai di avvertire di essere in quella
compagnia.
Ecco un paragone: una persona si trova con molte
altre in una stanza inondata di luce. Si chiudono le
finestre e si rimane al buio. Ora, quella persona
non lascia certo di credere che le altre siano
là per il fatto che, mancando la luce, non le
vede e non le vedrà fino al ritorno della
luce.
Sarebbe ora da chiedere se, tornata la luce, ella
volendolo, possa rivedere le persone.
No, non è in suo potere: occorre che Dio si
compiaccia di aprire la finestra dell’intelletto. Ma
è già per una sua grande misericordia
se non si allontana da lei e permette che lo
comprenda in quel modo!
10 – Sembra che Sua Divina Maestà voglia
disporre l’anima con quest’amabile compagnia per
delle cose più sublimi. In essa infatti trova
un grande aiuto per avanzarsi in perfezione, e
liberarsi dal timore che le altre grazie di Dio
talvolta le ispiravano.
Infatti, quella persona si trovò migliorata
in ogni cosa, persuasa che l’essenziale della sua
anima non si muovesse più da quella mansione,
per pene ed affari che avesse.
Anzi le sembrava che la sua anima fosse quasi divisa
tanto che dopo questa grazia, quando le accadeva di
vedersi fra gravi tribolazioni, si lamentava di lei,
come Marta di Maria, rimproverandola che stesse
sempre godendo in quella quiete e lasciasse lei fra
tante pene e occupazioni che le impedivano di
tenerle ivi compagnia.
11 – Può essere, figliuole, che ciò vi
sembri una stranezza, ma è così.
Sappiamo che l’anima è una, eppure non dico
una stranezza, ma un fatto molto ordinario.
Non vi ho forse detto che da certi effetti interiori
si può chiaramente conoscere che fra l’anima
e lo spirito vi dev’essere una qualche differenza?
In realtà non sono che una cosa, ma alle
volte vi si nota una distinzione così sottile
da pensare che l’uno operi in un modo e l’altra in
altro, a seconda del sapore diverso di cui il
Signore li favorisce. Inoltre, mi pare che l’anima
differisca dalle sue potenze e che non sia una cosa
sola con esse.
Insomma, vi sono nel nostro interno tanti e
così delicati misteri che sarebbe
temerità mettermi io a spiegarli. Li vedremo
tutti nell’altra vita, se il Signore si
compiacerà, nella sua misericordia,
d’ammetterci in quel soggiorno ove ci saranno
svelati.
Capitolo 2
Ancora sul medesimo argomento – Differenza che passa
tra l’unione e il matrimonio spirituale, spiegata
con graziosi paragoni
1 – Veniamo ora a parlare del divino e spirituale
matrimonio, che credo quaggiù non si debba
effettuare in tutta la sua perfezione, perché
basta che ci allontaniamo da Dio per subito perderne
la grazia.
La prima volta che l’accorda, il Signore si compiace
di mostrarsi all’anima nella sua Umanità
sacratissima mediante una visione immaginaria
affinché ella lo conosca e comprenda il gran
dono che sta per farle. Forse ad altre persone si
mostrerà in altra forma; ma a quella di cui
parliamo si presentò appena fatta la
comunione, circonfuso di grande splendore, e le
disse esser tempo che ella si curasse delle cose di
Lui come fossero sue proprie, mentre Egli
s’interesserebbe delle sue. Ed aggiunse altre parole
che sono più da sentire che da dire.
2 – Si direbbe che per quella persona non fosse una
novità, perché il Signore le si era
mostrato così varie altre volte. Ma allora lo
fece in tal modo da lasciarla fuor di sé e
tutta piena di spavento: primo, per la grande
violenza con cui la visione le avvenne; secondo, per
le parole che le furono dette; e infine
perché non aveva mai avuto altre visioni,
tranne quella di cui ho parlato.
Dovete sapere che la differenza fra le visioni
precedenti e quelle di queste mansioni è
molto grande: quella che passa tra il fidanzamento e
il matrimonio spirituale è come quella tra
due fidanzati e coloro che più non possono
separarsi.
3 – Ho già detto che si ricorre a questi
paragoni perché non ve ne sono altri di
più adatti.
Però si tenga presente che qui al corpo non
si pensa, non altrimenti che se l’anima ne fosse
separata, e nient’altro che puro spirito.
Meno ancora poi nel matrimonio spirituale,
perché questa misteriosa unione si fa nel
centro più intimo dell’anima, ove deve
abitare lo stesso Dio che per entrarvi non ha
bisogno di alcuna porta.
Se ho detto che non ha bisogno di alcuna porta,
è perché nelle grazie fin qui
descritte i sensi e le potenze gli erano come di
mezzo, ai quali doveva pur ricorrere quando appariva
nella sua sacratissima Umanità. Ma ben
diversa è la cosa nell’unione del matrimonio
spirituale.
Il Signore appare nel centro dell’anima – non per
visione immaginaria ma intellettuale – in un modo
più delicato che non in quello già
detto, come apparve agli apostoli senza passare per
la porta quando disse loro: Pax vobis.
Ed è un segreto così grande, un
così intenso diletto, un così sublime
e subitaneo favore che non so a qual paragone
ricorrere. Sembra che Dio voglia mostrare all’anima
la gloria del cielo, ma in un modo più
elevato che non con ogni altra visione o gusto
spirituale.
Soltanto questo si può dire: che l’anima, o
meglio il suo spirito, diviene una cosa sola con
Dio. Così a quanto si può capire.
Dio, spirito pur Lui, volendo mostrarci l’amore che
ci porta, fa conoscere ad alcune persone fin dove il
suo amore sa giungere, affinché lodiamo la
sua grandezza, la quale si compiace di così
unirsi a una creatura da non volersi mai più
da essa dividere, come coloro che per il matrimonio
non si possono più separare.
4 – Non è così nel fidanzamento
spirituale nel quale spesso i due soggetti si
separano, come nemmeno nell’unione, nella quale,
pure avendosi congiunzione di due cose in una,
tuttavia queste si possono dividere, e sussistere
ognuna da sé. Ordinariamente infatti si
tratta di una grazia che passa rapidamente,
lasciando l’anima priva della compagnia che aveva:
priva nel senso che non la sente più.
Non così invece nel matrimonio spirituale,
perché l’anima rimane sempre in quel centro
con il suo Dio.
Possiamo paragonare l’unione a due candele di cera
unita insieme così perfettamente da formare
una sola fiamma, oppure come se il lucignolo, la
fiamma e la cera non siano che una cosa sola.
Nondimeno le candele si possono separare,
ricavandone due candele distinte: così pure
il lucignolo dalla cera.
Ma nel caso nostro è come l’acqua del cielo
che cade in un fiume o in una fonte, dove si
confonde in tal modo da non saper più
distinguere quella del fiume da quella del cielo;
oppure come un piccolo ruscello che va a finire nel
mare, da cui non è più possibile
separarlo; o come una gran luce che entra in una
stanza per due finestre: vi entra divisa, e dentro
si fa un tutt’uno.
5 – Ciò forse intendeva S. Paolo quando
disse: Chi si accosta e si unisce a Dio si fa un
solo spirito con Lui, accennando a questo sublime
matrimonio nel quale si presuppone che Dio si sia
già avvicinato all’anima mediante l’unione.
Dice ancora l’Apostolo: “Il mio vivere è
Cristo e il morire un guadagno” Così mi pare
che possa dire pur l’anima, perché qui la
farfalletta muore con suo grandissimo gaudio,
essendo Cristo la sua vita.
6 – Col tempo s’intenderà meglio questa cosa
dagli effetti che si avranno, e la si vedrà
chiaramente per via di certe segrete aspirazioni,
talvolta così vive da rendere impossibile
ogni dubbio.
Sì, è Dio che dà vita
all’anima. Ella non si sa esprimere, ma lo sente
molto bene.
E alle volte, non potendo più contenere i
grandi sentimenti che l’agitano, prorompe in parole
di tenerezza, come: “O Vita della mia vita! O
Sostegno che mi sostieni! “ ed altre simili.
Intanto, dalle divine mammelle a cui è
attaccata, escono certi spruzzi di latte che
confortano tutti gli abitanti del castello, quasi
voglia il Signore che anch’essi partecipino al
godimento dell’anima, e che dal fiume immenso in cui
la fontanella si è sperduta zampillino alcune
polle di acqua in sostegno di coloro che devono
attendere nel corporale ai due sposi.
Sono operazioni che si avvertono e delle quali si
rimane sicurissimi, a guisa di persone che vengano
improvvisamente bagnate e che non possano a meno di
avvertirlo, neppure se in quell’istante fossero
distratte.
Ma a quel modo che non si può avere alcun
getto d’acqua senza un principio che la muova,
così nel nostro interno quanto alle
operazioni che ho detto: vi dev’essere qualcuno che
scagli quelle saette e che dia vita a quella vita,
un sole fortemente luminoso che dall’interiore
dell’anima diffonda luce per tutte le potenze.
Ciò nonostante l’anima non si muove dal suo
centro, né perde la sua pace. Colui che dette
la pace agli apostoli quando stavano insieme,
può darla anche a lei.
7 – Penso che questo saluto del Signore, non meno
delle parole con cui mandò in pace la
gloriosa Maddalena, dovettero operare più di
quello che suonavano, perché in noi le parole
di Dio sono parole ed opere.
In quelle anime ben disposte dovevano operare in tal
modo da spogliarle di ogni cosa corporea,
lasciandole nello stato di puri spiriti,
acciocché potessero congiungersi, mediante
questa unione celeste, con lo Spirito increato,
essendo ormai fuor di dubbio che tanto più
Egli ci riempie di sé, quanto più ci
vuotiamo di ogni cosa creata., distaccandocene per
amor suo.
Per questo Gesù Cristo Signor Nostro pregando
una volta per i suoi apostoli, domandò – non
so bene in che circostanza – che fossero una cosa
sola col Padre e con Lui, come Egli, Gesù
Cristo Signor Nostro, è nel Padre e il Padre
in Lui.
Non so se possa darsi maggiore amore! Anche noi vi
siamo comprese, perché il Signore disse: Non
prego soltanto per essi, ma anche per coloro che
crederanno in me.
Aggiunse inoltre: Io sono in essi.”
8 – Oh, come sono vere queste parole! Come le
intende e le sperimenta bene l’anima in questa
orazione! Anche noi le intenderemmo se non fosse per
nostra colpa, perché le parole di Gesù
Cristo, nostro Re e Signore, non possono mancare. Ma
siccome manchiamo noi, non disponendoci e non
allontanandoci da quanto ci può intercettare
questa luce, così non riusciamo a vederci in
questo specchio, nel quale la nostra immagine
è pure impressa.
9 – Ritornando a quello che dicevo, Dio introduce
l’anima nella sua stessa mansione che è il
centro della medesima anima. Ora, come il cielo
empireo, dove sta Dio, dicono che non si muove come
gli altri cieli, così questa mansione, per
cui l’anima che vi fu introdotta non va più
soggetta ai movimenti che suole avere nelle potenze
e nella immaginazione, o per lo meno esse non le
sono di danno, né le tolgono la pace.
Sembro voler dire che una volta arrivata a questa
grazia, l’anima sia sicura della sua eterna salute,
e non tornerà più a cadere. No.
Ovunque accenno a tale sicurezza, si deve intendere
finché Dio tenga l’anima per mano, ed ella
non l’offenda.
Per quanto riguarda quella persona, so di certo che,
nonostante si veda in questo stato e vi perseveri da
vari anni, tuttavia, lungi dal tenersi sicura, va
innanzi con maggior timore di prima, guardandosi da
ogni più piccola colpa. Vivissimi i suoi
desideri di servire Iddio, ma, come si dirà
più innanzi, vedendo il poco che può
fare di fronte al molto a cui è obbligata,
non meno viva e continua è la sua pena e
confusione: il che non è piccola croce, ma
grandissima penitenza. Quanto alle penitenze,
più ne fa, più ne sperimenta diletto.
Ma la sua vera penitenza è quando il Signore
le toglie la salute e le forze necessarie per farla.
Come ho detto altrove, qui la sua pena è
assai più grande, e le deve venire dalla
radice a cui ella è attaccata. Se un albero
piantato in riva all’acqua corrente si conserva
più fresco e dà frutti più
copiosi, nessuna meraviglia di quest’anima,
né dei suoi desideri, dato che il suo vero
spirito si è ormai fatto una cosa sola con
l’acqua celeste di cui abbiamo parlato.
10 – Tornando a quello che dicevo, non bisogna
credere che le potenze, i sensi e le passioni si
mantengano sempre in questa pace. Invece l’anima
sì, benché nelle sue mansioni
inferiori non manchino di tanto in tanto guerre,
fatiche e sofferenze, le quali, però, non
sono mai tali da toglierla dal suo luogo, né
da farle perdere la pace, almeno in via ordinaria.
Il centro dell’anima nostra, ossia il nostro
spirito, è così difficile da spiegare
e da credere che, per non saper io farmi intendere,
temo che siate tentate di non credermi.
Non è forse assai strano affermare che vi
sono pene e travagli, e che nel medesimo tempo
l’anima rimane in pace? Ma eccovi una o due
similitudini. Piaccia a Dio che mi servano per dirne
qualche cosa. Tuttavia so di dire la verità,
anche se esse non sono molto appropriate.
11 – Come un re nel suo palazzo non lascia di stare
sul suo trono perché il regno è
funestato da grandi guerre e calamità,
così qui: benché nelle altre mansioni
vi sian bestie velenose, grande confusione e se ne
oda il tumulto, l’anima rimane al suo posto e non vi
è nulla che la smuova. Il rumore che sente le
può dare un po’ di noia, ma non l’inquieta,
né le fa perdere la pace, perché le
passioni sono vinte e temono di entrare da lei, per
non doverne uscire più umiliate.
Ecco che abbiamo il corpo indolenzito ma la testa
sana. Ora, non perché ci duole il corpo, ci
deve pur dolere la testa... Mi rido di questi
paragoni, non mi soddisfano; ma non ne so altri.
Pensate quello che volete. Ciò che ho detto
é vero.
Capitolo 3
Effetti di questa orazione – Bisogna considerarli
con grande cura e attenzione perché
ammirabile è la differenza che li distingue
dagli altri
1 – Abbiamo detto che la farfalletta è morta,
felicissima d’aver trovato il suo riposo, e che
Cristo vive in lei.
Vediamo ora come vive, e se la sua vita attuale
differisca da quella di prima, potendosi conoscere
da questi effetti se realmente abbia ricevuta la
grazia di cui si è detto.
A quanto ne posso giudicare, gli effetti sono i
seguenti.
2 – Anzitutto un grande oblio di sé,
così profondo da farle credere di non
esistere più. Si sente trasformata in tal
maniera da non riconoscersi più. Non pensa
né al cielo che l’attende, né alla
vita, né all’onore, ma solo a impiegarsi alla
maggior gloria di Dio.
Le parole dettele dal Signore, cioè, che
prendesse cura delle cose di Lui perché Egli
si curerebbe delle sue, pare che abbiano prodotto
quello che significano, tanto che ella non si
preoccupa più di nulla. Non vuol essere nulla
in nessuna cosa, eccetto quando vede di poter
alquanto contribuire nell’accrescere, anche solo di
un punto, l’onore e la gloria di Dio: per questo
sacrificherebbe volentieri la vita. Ma quanto al
resto, si sente in un così strano oblio da
sembrare, ripeto, di non esistere più.
3 – Non dovete però credere, figliuole, che
trascuri di mangiare e dormire, benché le sia
di gran tormento, e nemmeno che lasci di compiere i
doveri a cui per il suo stato è obbligata:
qui non parliamo che delle disposizioni interiori.
Quanto alle opere esterne, vi è ben poco da
dire. E questo costituisce la sua pena, per esser
costretta a vedere che le sue forze non valgono a
nulla. Ma se può qualche cosa, e vede che
è di gloria al Signore, nulla al mondo la
trattiene.
4 – Il secondo effetto è un gran desiderio di
patire, ma non in modo d’averne inquietudine, come
già per l’innanzi.
Sua brama ardentissima non è che di compiere
la volontà di Dio, e perciò ritiene
come buono tutto quello che il Signore dispone: se
Egli vuole che patisca, ciò sia alla
buon’ora; se non lo vuole, non s’inquieta come
prima.
5 – Se viene perseguitata sperimenta nel suo interno
una vivissima gioia, e permane in una pace molto
più profonda che non negli stati precedenti.
Non solo non prova il minimo risentimento per quelli
che le fanno o le vogliono fare del male, ma li
circonda di maggiori attenzioni; e se li vede in
qualche travaglio, ne rimane teneramente afflitta,
sino ad essere disposta a far di tutto per
sollevarli.
Li raccomanda istantaneamente al Signore, e
rinuncerebbe volentieri ad alcune delle sue grazie
affinché Dio le concedesse a loro, ed essi
non l’offendessero più.
6 – Ma ecco ciò che più mi sorprende.
Avete veduto le angosce e le desolazioni di queste
anime per il desiderio di morire e di andare a
godere Iddio. Ma ora desiderano tanto di servirlo,
di farlo da tutti servire e di affaticarsi anche per
il profitto di un’anima, che non solo non sospirano
più di morire, ma bramano di vivere a lungo,
anche fra gravissimi travagli, pur di ottenere che
Dio sia lodato un po’ di più. Non se ne
curerebbero nemmeno se fossero sicure di andar
subito a Dio appena uscite dal corpo, perché
alla gloria dei santi non pensano, né per
allora la desiderano. La loro gloria è
nell’aiutare il loro Dio crocifisso, specialmente
quando vedono fino a che punto sia Egli offeso e
come pochi cerchino il suo onore, trascurando tutto
il resto.
7 – Vero è che talvolta, dimenticandosi di
tutto questo, riprendono con i più teneri
sospiri a desiderare di godere Iddio e di uscire da
questo esilio, specialmente quando considerano il
poco che sanno fare per Lui; ma ritornano presto al
loro stato, e vedendo che infine lo hanno sempre con
sé, se ne contentano e gli offrono
l’accettazione della vita come un dono assai caro,
il più costoso che gli possano offrire. Non
hanno più paura della morte che di un soave
rapimento. E ciò che sorprende è che
autore di questi sentimenti è il medesimo che
prima dava loro quei desideri così eccessivi
e tormentosi.
Sia Egli per sempre lodato e benedetto!
8 – Insomma, queste anime non desiderano né
gusti né consolazioni spirituali,
perché hanno con sé lo stesso Dio, ed
Egli vive con loro. Ora, siccome la sua vita non fu
che un continuo martirio, è chiaro che tale
debba pur rendere la loro, almeno nei desideri se
non nella pratica, nella quale Egli usa conformarsi
alla nostra debolezza benché non manchi,
quando lo vede necessario, di venirci in aiuto con
la sua forza.
Tali anime sono staccate da tutto, non d’altro
bramose che di star sole o di lavorare per la salute
delle anime. Non hanno né aridità
né pene interiori, e non vorrebbero far altro
che lodare Iddio, di cui vanno teneramente occupate.
Quando si distraggono, sono richiamate da Dio stesso
nella maniera che ho detto, e l’impulso con cui le
sveglia – non so che altra parola adoperare –
procede dal loro stesso interiore, come ho detto
trattando degli impeti, ma con grande
soavità. È desso un fenomeno tanto
frequente e ordinario, che lo si è potuto
esaminare attentamente. Non è frutto
dell’intelletto, né della memoria, né
di qualunque cosa che possa far pensare a un
concorso della stessa anima. Come il fuoco che,
malgrado ogni sua più grande
intensità, non dirige mai in basso le sue
fiamme, ma sempre in alto, così qui: quel
movimento inferiore procede dal centro dell’anima e
sale a svegliare le potenze.
9 – Veramente, quand’anche non vi fosse alcun altro
vantaggio su questo cammino dell’orazione che di
vedere con quanta premura Iddio cerchi di
comunicarsi con noi e come ci vada pregando –
sì, dico pregando – di rimanere con Lui,
sarebbero fin troppo sufficienti per ripagarci di
ogni possibile travaglio questi suoi tocchi di amore
così soavi e penetranti.
Certo che li avrete provati pur voi perché
credo che una volta giunti all’orazione di unione,
non mancherà Iddio di farsi così
sentire, sempre inteso che da parte nostra non si
trascurino i suoi voleri. Quando ciò vi
accadesse, ricordatevi che procede dalla stanza
interiore che Dio occupa in voi, e lodatelo
grandemente.
È un suo messaggio, un biglietto scritto con
grande amore, della cui provenienza non si
può dubitare, e di cui vuole che soltanto voi
conosciate i caratteri e ciò che con essi vi
domanda.
E voi, – per quante occupazioni esteriori possiate
avere, anche se in conversazione con varie persone –
non lasciate mai di rispondegli.
Sì, può darsi che Dio vi faccia questa
segretissima grazia mentre siete con gli altri; ma
siccome la risposta dev’essere interiore, potete
dargliela egualmente con grandissima
facilità, consistendo essa in un atto di
amore, o nel dire con S. Paolo: Che volete, Signore,
che io faccia?
È questo un tempo propizio, nel quale il
Signore sembra che ci stia ascoltando per insegnarci
come meglio piacergli: alla qual cosa ordinariamente
dispone assai bene questo tocco delicato,
eccitandone una volontà risoluta.
10 – Ciò che caratterizza questa mansione
è che vi mancano quasi del tutto le
aridità e le inquietudini interiori che di
tanto in tanto si producono nelle altre.
L’anima è quasi sempre nella pace,
così sicura della divina provenienza di
questa grazia da neppur dubitare che possa trattarsi
di una contraffazione: non del demonio,
perché non credo che egli ardisca, e che Dio
gli permetta di entrare in questa mansione dove il
Signore ha invitata l’anima per stare con lei e
farsi da lei contemplare; non dei sensi e delle
potenze, perché qui, come ho detto, non hanno
nulla a che fare; e neppure della stessa anima,
perché in queste grazie ella non può
prestare altro concorso che quello già da lei
prestato nel darsi tutta al Signore.
11 – Il modo con cui Dio arricchisce ed istruisce
l’anima in questa orazione è così
calmo e silenzioso da fare pensare alla costruzione
del tempio di Salomone, durante la quale non si
sentiva il minimo rumore.
Così in questo tempio di Dio, in questa
mansione che è sua: Dio e l’anima si godono
in altissimo silenzio. L’intelletto non ha movimenti
né ricerche da fare.
Chi l’ha creato vuole che si riposi e contempli
ciò che avviene come per una piccola fessura.
Di tanto in tanto verrà privato pur di questo
e non potrà più vedere, ma soltanto
per poco, perché qui le potenze non si
perdono, ma stan lì assorte senza operare.
12 – Ecco ciò che mi stupisce. L’anima
arrivata a questo punto non va più soggetta
ad alcuna estasi, almeno in modo da perder l’uso dei
sensi. E se qualche volta vi va ancora, non è
mai con quei rapimenti e voli di spirito di cui ho
parlato.
Comunque, ciò le avviene assai di rado, e
quasi mai in pubblico: cosa che prima le era assai
ordinaria. Non servono più ad eccitarvela
neppure quelle grandi occasioni che prima
accendevano la sua devozione, come un’immagine
devota, le note d’una musica, oppure una predica che
poi quasi non ascoltava.
Siccome la povera farfalletta era tutta in
ansietà, si spaventava di ogni cosa e
prendeva il volo. Ora, invece, sia che abbia
già scoperto il suo riposo; sia che per le
grandi meraviglie vedute in questa mansione non si
stupisca più di nulla; sia che per aver
trovato una tale compagnia non si senta più
così sola come prima; oppure che si tratti di
una qualche altra ragione a me sconosciuta, fatto
sta, sorelle, che non è più
così.
Sarà perché quando Dio comincia a
introdurre e a mostrare all’anima le meraviglie di
questa mansione, ella perde l’estrema debolezza che
prima aveva e che tanto la tormentava, oppure
perché il Signore l’ha fortificata, dilatata
e resa più abile; ovvero perché prima
voleva far conoscere pubblicamente, per certi suoi
fini particolari quello che le accordava in segreto.
Comunque, i giudizi di Dio sono superiori a ogni
nostra immaginazione.
13 – Questi gli effetti che Dio opera nell’anima
quando la unisce a sé con quel bacio che la
sposa domandava e che qui, a quanto pare, le viene
accordato.
A questi si devono aggiungere tutti quelli che nei
diversi gradi di orazione abbiamo classificati per
buoni. Qui ella si delizia nel tabernacolo di Dio.
Qui la colomba inviata da Noè per vedere se
il diluvio era finito trova l’olivo, ad indicare che
in mezzo alle acque e alle tempeste di questo mondo
ha finalmente scoperto terra ferma.
Oh, Gesù, se potessi conoscere tutti i passi
della sacra Scrittura tendenti a far comprendere
questa pace dell’anima!
Sapendo quanto essa importi, fate, o mio Dio, che i
cristiani si muovano tutti a cercarla, e
conservatela, nella vostra misericordia, a chi
l’avete già data, benché sappiamo di
dover sempre vivere con timore fino a quando non ci
darete la vera pace, conducendoci dove essa non
può più terminare.
Dico vera pace, non perché questa di cui
parlo non sia vera, ma perché allontanandoci
da Dio, possiamo ricadere nella guerra di prima.
14 – Oh, la pena di queste anime nel vedere di esser
ancora capaci di perdere un tanto Bene!
Perciò camminano più cautamente e
procurano di cavar forza dalla loro debolezza per
non trascurare una sola occasione di maggiormente
piacere a Dio.
Più si vedono da lui favorite, più
diffidano e temono di se stesse, sino alle volte a
non aver coraggio neppure di sollevare gli occhi,
come il Pubblicano del Vangelo, per aver meglio
conosciuto nelle divine grandezze la loro estrema
miseria e l’enorme malizia dei loro peccati.
Altre volte invece, bramose di sentirsi sicure,
sospirano di morire, ma poco dopo, mosse dall’amore
che nutrono per Iddio, desiderano di vivere per
meglio servirlo, rimettendosi alla sua divina
misericordia per tutto ciò che le riguarda.
Talvolta poi la vista delle molte grazie ricevute le
riempie di confusione, nel timore che avvenga loro
come a quei vascelli, che, per essere troppo
carichi, colano a picco.
15 – No, sorelle, neppure queste anime van senza
croce. Però non si angustiano, né
perdono la pace: tutto passa rapidamente come
un’onda, o come una tempesta a cui segua la
bonaccia.
La presenza del Signore che portano con sé fa
dimenticare loro ogni cosa.
Sia Egli per sempre benedetto, e tutte le creature
lo lodino! Amen.
Capitolo 4
Si conclude, dicendo ciò che il Signore
sembra proporsi nel concedere a un’anima questi
grandi favori, e come occorra che Marta e Maria
vadano d’accordo – Capitolo molto utile
1 – Non dovete credere, sorelle, che gli effetti di
cui ho parlato si mantengano sempre nel medesimo
grado. È per questo che quando mi ricordo
dico che ciò avviene in via ordinaria,
perché alle volte il Signore abbandona
l’anima alla sua natura, e allora sembra che tutte
le cose velenose dei dintorni e delle mansioni del
castello si uniscano insieme per vendicarsi di lei
anche per quel tempo che non possono averla fra le
mani.
2 – No, non è uno stato che duri molto: al
massimo un giorno o poco più. Il mutamento
avviene di solito per qualche grande occasione, e
allora nello scompiglio che ne sente, l’anima
apprezza meglio la santa compagnia in cui si trova,
grazie alla quale il Signore le infonde fermezza per
non deviare in nulla dal suo servizio e dalle buone
risoluzioni, le quali, anzi, sembra che vadano
aumentando. Insomma, l’anima non torce in nulla
dalle sue buone determinazioni neppure per un primo
moto piccolissimo.
Se questo stato non dura molto è
perché il Signore vuole che l’anima non perda
il ricordo della sua miseria, si conservi umile,
intenda meglio il molto che gli deve, e lo ringrazi
per la grandezza del favore che le fa.
3 – Queste anime hanno vivi desideri e ferme
risoluzioni di non commettere imperfezioni di sorta,
ma non senza che per questo lascino di commetterne
molte, e anche peccati. Non però con
avvertenza: in questo il Signore le deve molto
aiutare.
Parlo dei peccati veniali, non dei mortali, dai
quali si sperano libere, benché non con molta
sicurezza, essendo possibile che ne abbiano qualcuno
di occulto: il che molto le angustia.
Altro tormento è la vista delle anime che si
perdono. Benché abbiano una certa grande
speranza di non essere del loro numero, tuttavia non
possono non temere quando pensano a qualche
personaggio della sacra Scrittura che pareva da Dio
favorito, come Salomone, che ebbe con il Signore
tante e così sublimi comunicazioni.
Quella fra voi che si sente più sicura, tema
più di tutte, perché dice David: Beato
l’uomo che teme il Signore!
Egli sempre ci protegga! La maggiore sicurezza
è nel supplicare il Signore a concederci di
non mai offenderlo. Sia Egli per sempre benedetto!
Amen.
4 – Sarà bene, sorelle, che vi dica il motivo
per cui Dio fa quaggiù tante grazie.
Se mi avete seguita con attenzione, l’avrete capito
attraverso gli effetti che esse producono, ma ora ve
lo voglio ripetere affinché nessuna cada nel
grave errore di pensare che sia soltanto per
vezzeggiare le anime. Siccome Dio non può
farci maggior favore che concederci una vita
conforme a quella del suo amatissimo Figliuolo,
tengo quindi per certo che lo scopo di queste grazie
sia di fortificare la nostra debolezza onde sappiamo
imitarlo nel molto patire, come mi sembra di aver
detto altre volte.
5 – Quelli che si sono avvicinati di più a
nostro Signore Gesù Cristo hanno anche
sofferto di più. Considerate le sofferenze
della sua santissima Madre e dei suoi gloriosi
apostoli. E S. Paolo, in che modo ha potuto soffrire
così gravi travagli?
In lui, veramente, si ammirano gli effetti della
vera contemplazione e delle visioni che sono da Dio,
non dall’immaginazione o dal demonio. Forse che egli
si nascose per non occuparsi che in godere di quelle
grazie? Ma lo sapete anche voi: non ebbe riposo di
giorno, e neppure dovette averne di notte,
perché in essa si guadagnava da vivere.
Mi piace molto ricordarmi di S. Pietro a cui, mentre
fuggiva dal carcere, apparve nostro Signore per
dirgli che andava a Roma per esservi nuovamente
crocifisso.
Non recitiamo mai l’ufficio che ricorda questo fatto
senza che io ne provi una particolare consolazione.
Dopo questa grazia come rimase S. Pietro? Cosa fece?
Si offrì subito alla morte. E non fu una
grazia da poco se trovò chi gliela dette.
Questa pia tradizione era ricordata nell’antico
Breviario carmelitano, di cui si serviva S. Teresa,
il 29 giugno, festa del Principe degli apostoli,
all’antifona del «Magnificat» la quale
diceva: Beatus Petrus Apostolus vidit sibi Christum
occurrere. Adorans cum ait: Domine, quo vadis? –
Venio Romam iterum crucifigi.
6 – Oh, sorelle mie! Come deve trascurare il proprio
riposo l’anima che vive così unita al
Signore! Come non si deve curare dell’onore! Come
dev’essere lontana dal desiderare d’essere stimata
in qualche cosa! Sì, se ella s’intrattiene
spesso con Lui, come sarebbe doveroso, finisce col
dimenticare se stessa per esaurire ogni sua
preoccupazione nel cercare di maggiormente
contentarlo e nel conoscere in quali cose e per
quali vie possa mostrargli l’amore che gli porta.
Questo è il fine dell’orazione, figliuole
mie. A questo tende il matrimonio spirituale: a
produrre opere ed opere, essendo queste, come ho
detto, il vero segno per conoscere se si tratta di
favori e di grazie divine.
7 – Infatti, che mi gioverebbe starmene
profondamente raccolta in solitudine, occupata in
atti virtuosi innanzi a Dio, proponendo e
promettendo di far meraviglie in suo servizio, se
poi, uscendo di là, facessi, al presentarsi
di un’occasione, tutto il contrario di come ho
promesso?
Tuttavia non bisogna credere che non se ne cavi
alcun vantaggio, perché il tempo che si
trascorre con Dio è sempre di grande
utilità. Se spesso la nostra debolezza ci
impedisce di mettere in pratica le prese
risoluzioni, qualche volta il Signore ci può
dar grazia di farlo, anche a dispetto di ogni nostra
ripugnanza, come avviene di frequente.
Egli, infatti, quando vede un’anima assai
pusillanime, le manda, contro sua voglia, un qualche
grande travaglio e glielo fa superare
vittoriosamente: allora essa smette ogni timore, e
si offre a Dio con maggiore coraggio.
Ho voluto dire che giova poco in paragone del molto
che si ricaverebbe, se le opere si conformassero ai
propositi e alle parole. Perciò chi non
può far tutto in una volta, faccia a poco a
poco.
Se vuole che l’orazione le sia di profitto, si
sforzi di vincere la sua volontà: occasioni
non mancano, neppure in questi piccoli monasteri.
8 – Ricordatevi che questo importa assai di
più di quanto potrei dire. Fissate i vostri
sguardi sul crocifisso, e vi diverrà facile
ogni cosa.
Se il Signore ci ha dimostrato il suo amore con
opere così grandi e con così orribili
tormenti, perché volerlo contentare soltanto
di parole?
Sapete voi che cosa vuol dire esser veramente
spirituali?
Vuol dire esser gli schiavi di Dio, tali che,
segnati con il suo ferro, quello della croce, Egli
li possa vendere come schivi di tutto il mondo,
com’è stato per Lui.
E non ci farebbe alcun aggravio, bensì una
grazia non piccola, avendogli noi sacrificato la
nostra libertà. Chi non prende questa
determinazione non farà mai gran profitto, ne
stia sicuro, perché, come ho detto,
l’umiltà è il fondamento
dell’edificio, e non mai il Signore lo
eleverà di molto, se detta virtù non
sarà veramente ben salda. E ciò nel
vostro stesso interesse, per evitare che tutto cada
per terra.
Sorelle, se volete che il vostro edificio s’innalzi
sopra un buon fondamento, procurate di essere le
ultime e le schiave di tutte, studiando in che modo
e per quali vie vi sia possibile di meglio
contentare e servire le altre. E in tal modo fareste
più il vostro che l’altrui vantaggio,
perché porreste pietre così salde da
impedire che il castello rovini.
9 – Ma per questo, ripeto, è necessario che
cerchiate di non far consistere il vostro fondamento
soltanto nel recitare e contemplare, perché
se non procurate di acquistare le virtù e non
ne fate l’esercizio, rimarrete sempre delle nane.
E piaccia a Dio che vi limitiate soltanto a non
crescere, perché su questa via, come sapete
anche voi, chi non va innanzi torna indietro. Tengo
per impossibile, infatti, che l’amore, quando vi
sia, si contenti di rimaner sempre in uno stato.
10 – Forse penserete che io m’indirizzi agli
incipienti, e dica che dopo un certo tempo essi
possono riposarsi. Ma vi ho già fatto sapere
che se interiormente queste anime sono nel riposo,
è perché esteriormente non lo sono che
pochissimo, e neppure lo desiderano. Secondo voi,
infatti, qual’è il motivo di quelle
ispirazioni o, a meglio dire, aspirazioni di cui ho
parlato, di quei messaggi che dal suo centro
interiore l’anima invia agli abitanti della parte
più alta del castello e delle mansioni che
circondano l’appartamento in cui ella si trova?
Forse perché si mettano a dormire? No, no,
no.
Da quel centro ella scatena la guerra per impedire
ai sensi, alle potenze e a tutto ciò che
è corporeo di rimanersene in ozio, guerra
più dura di quella che moveva loro quando con
essi pativa. Forse in quel tempo non comprendeva
ancora la grande utilità dei patimenti,
benché sia stato appunto con essi che il
Signore l’ha condotta sin qui. Ma ora la compagnia
che gode le comunica maggiori forze che mai,
perché se come dice David, con i santi saremo
santi, nessun dubbio che l’anima, essendo divenuta
una cosa sola con il Forte in quest’unione sublime
di spirito a spirito, debba partecipare della sua
fortezza, a quel modo che ne parteciparono i santi
per patire e morire.
11 – Di questa forza che da qui le deriva, l’anima
rende partecipi tutti gli abitanti del castello e
perfino lo stesso corpo. Spesse volte il corpo pare
che non ne senta vantaggio; ma il vigore acquistato
dall’anima col bere il vino della cantina in cui lo
Sposo l’ha introdotta e da cui non la lascia
più uscire, si riversa sulla sua debolezza, a
quel modo che il cibo introdotto nello stomaco
fortifica la testa e tutte le membra.
Ciò nonostante il corpo, finché vive,
è votato a sorte ben dura, perché, per
quanto faccia, gli par tutto un niente di fronte
alla grande forza interiore e alla guerra con cui
l’anima lo stimola. Da ciò le grandi
penitenze che fecero molti santi, specialmente la
gloriosa Maddalena, benché cresciuta fra le
delizie; da ciò lo zelo per la gloria di Dio
che ebbe il nostro Padre Elia, e la brama con cui S.
Domenico e S. Francesco radunarono anime a lodare il
Signore.
Nel dimenticarsi così di se stessi, dovettero
soffrire non poco.
12 – Ecco, dunque, sorelle, quanto vorrei che
procurassimo. Desideriamo e pratichiamo l’orazione
non già per godere, ma per aver la forza di
servire il Signore. Lungi da noi voler camminare per
una strada non battuta! Ci perderemmo sul più
bello!
Sarebbe veramente singolare pretendere le grazie di
Dio per una via diversa dalla sua e da quella dei
suoi santi. Non pensiamolo neppure! Credetemi: per
ospitare il Signore, averlo sempre con noi,
trattarlo bene e offrirgli da mangiare, occorre che
Marta e Maria vadano d’accordo.
In che modo Maria, stando seduta ai suoi piedi,
poteva dargli da mangiare se sua sorella non
l’aiutava?
Si dà da mangiare al Signore quando si fa il
possibile per guadagnare molte anime, le quali,
salvandosi, lo lodino eternamente.
13 – Ma voi mi farete osservare due cose; la prima
che per testimonianza di nostro Signor Gesù
Cristo, Maria ha scelto la parte migliore.
Sì, ma ella aveva già fatto l’ufficio
di Marta servendo il Signore con lavargli i piedi e
asciugandoglieli con i suoi capelli.
E credete che sia stato da poco per una signora pari
suo andar per quelle strade, e forse sola –
giacché il fervore le impediva di considerare
come andava – entrare dove non era mai stata, ed ivi
soffrire le mormorazioni del fariseo e le molte
altre cose che vi dovette sopportare?
Che cambiamento per una donna come lei, presentarsi
in città a quel modo, e fra gente così
cattiva, a cui bastava sapere che ella era in
amicizia col Signore da loro tanto aborrito, per
ricordarsi della sua vita passata, e dire che poi
voleva fare la santa, avendo ella già mutato
vestito e ogni altra cosa!...
Se oggi si sparla tanto di persone meno illustri,
che sarà stato di lei? Sì, sorelle, la
parte migliore non le venne data che a prezzo di
travagli e di mortificazioni senza numero, pur
prescindendo dal dolore che doveva sentire nel
vedere il suo Maestro così aborrito.
Che dire poi di quel che dovette sopportare alla
morte del Signore? Credo che se non ebbe il
martirio, fu perché lo sofferse sul Calvario
nel veder morire il suo Maestro.
E quanto angosciosi le dovettero essere gli anni che
gli sopravvisse nello scorgersi da Lui lontana!.. Da
ciò si vede che non stava sempre ai piedi del
Signore fra le delizie della contemplazione!
14 – L’altra cosa che mi vorrete dire è che
per guadagnare anime a Dio voi non potete né
avete i mezzi sufficienti; che lo fareste molto
volentieri, ma che non dovendo insegnare né
predicare come gli apostoli, non sapete in che altro
modo attendervi.
A questa difficoltà ho già risposto
per iscritto altre volte, e non so se l’abbia fatto
anche in questo Castello.
Ma siccome è una cosa che credo vi passi per
la mente con i desideri che il Signore vi dona, non
lascerò di ripetermi pur qui.
Alle volte, come vi ho detto altrove, il demonio ci
ispira grandi desideri per ottenere che, trascurando
di servire Iddio nelle cose possibili che abbiamo
tra mano, ci dichiariamo contente di aver desiderato
le impossibili.
Benché la vostra orazione sia giovevole a
tutto il mondo, tuttavia non dovete pensarlo, ma
contentarvi che sia tale per quelle che sono con
voi, verso le quali siete più obbligate.
In tal modo la vostra opera diverrà molto
più grande, non essendo certo da poco
ottenere che con la vostra umiltà e
mortificazione, con i vostri servizi in favore delle
sorelle, con la vostra carità verso di esse e
con il vostro amore per Iddio, diveniate un fuoco
che tutte le bruci, e che le stimoliate
continuamente con le vostre virtù.
Sarete allora di grandissimo vantaggio, e renderete
a Dio un servizio molto gradito. Allora il Signore,
vedendovi sfruttare ogni vostra possibilità,
conoscerà che siete disposte a far molto di
più, e vi ricompenserà come se in
realtà lo faceste, guadagnandogli molte
anime.
15 – Direte che questo non è convertire,
perché le vostre sorelle sono già
virtuose. Ma che v’importa di ciò? Più
saranno perfette, più gradite saliranno a Dio
le loro lodi, e più la loro orazione
sarà giovevole al prossimo.
Insomma, sorelle mie – e con ciò concludo –
guardiamoci dall’innalzare torri senza fondamento.
Più che alla magnificenza delle opere, il
Signore guarda all’amore con cui si fanno.
Se faremo quanto dipende da noi, ci darà modo
di fare sempre meglio. Però, non dobbiamo
subito stancarci, ma offrire a Dio, interiormente ed
esteriormente, tutto il sacrificio che possiamo
nella corta durata di questa vita – più corta
forse di quanto pensiamo.
Egli l’unirà a quello che offrì per
noi sulla croce e gli conferirà il valore
meritato dalla nostra volontà, nonostante la
piccolezza delle opere.
16 – Piaccia a Dio, sorelle e figliuole mie, di
vederci tutte in quel luogo ove lo benediremo per
sempre!
Intanto mi conceda di fare anch’io qualche cosa di
quello che v’insegno: glielo domando per i meriti
del suo Figliuolo, che vive e regna per tutti i
secoli dei secoli. Amen.
Grande è la confusione che provo, e
perciò vi scongiuro nel nome del Signore di
non mai dimenticarvi nelle vostre preghiere di
questa povera miserabile.
EPILOGO
1 – Come ho detto in principio, quando cominciai a
scrivere queste pagine lo feci con grande
ripugnanza; ma, ora che ho finito, sono molto
contenta e ne ritengo per bene impiegata la fatica,
del resto non molto grande.
Pensando alla vostra stretta clausura, ai pochi
motivi d’intrattenimento che avete, e come in certi
monasteri difettiate pure di uno spazio conveniente,
mi pare, sorelle, che vi debba essere di conforto
potervi ricreare in questo Castello interiore, nel
quale vi è lecito entrare e passeggiare in
qualunque ora senza il permesso della Priora.
2 – Certo che con le vostre energie non potete
entrare in tutte le sue mansioni, neppure se vi
sembra di essere assai forti, a meno che non
v’introduca lo stesso Signore del castello.
Perciò, se incontrate resistenza, vi
consiglio di starvene tranquille, per non
disturbarlo in tal maniera da chiudervene per sempre
l’entrata. Egli ama molto l’umiltà, e se vi
riterrete indegne di neppure entrare nelle terze
mansioni, otterrete dalla sua benevolenza che vi
faccia presto entrare nelle quinte.
Allora, recandovi in esse frequentemente, lo potrete
servire così bene da meritare che v’introduca
nella sua stessa mansione, da cui non uscirete mai
più, se non chiamate dalla Superiora, la cui
volontà Egli vuole adempiate né
più né meno della sua.
Se per obbedienza doveste star fuori molto tempo, al
vostro ritorno vi farebbe sempre trovare aperta la
porta. E abituate che foste a riposarvi nel
castello, la sola speranza di ritornarvi – e che
nessuno vi può togliere – vi renderebbe
leggera ogni cosa, anche se molto dura.
3 – Benché non si parli che di sette
mansioni, ognuna di esse si suddivide in molte
altre, collocate in basso, in alto e ai lati, con
bei giardini, fontane ed altre cose così
deliziose da farvi bramare di struggervi tutte, in
lode a quel gran Dio che le ha create a sua immagine
e somiglianza.
Se in questo che ho scritto troverete qualche cosa
di buono, credetemi: l’avrà dettato il
Signore a vostra consolazione. Io non vi ho aggiunto
che il difettoso.
4 – Per il gran desiderio che ho di aver parte
nell’aiutarvi a servire questo mio Dio e Signore, vi
chiedo che ogni qualvolta leggerete questo scritto,
lodiate grandemente in nome mio Sua Maestà,
pregando per l’esaltazione della sua Chiesa e per la
conversione dei luterani.
Supplicate insieme il Signore che mi perdoni i miei
peccati e mi liberi dal purgatorio dove forse la sua
misericordia mi terrà quando questo libro vi
verrà dato a leggere, se, esaminato da uomini
dotti, sarà giudicato degno di esser visto.
Se contiene qualche errore, è perché
io non me n’intendo. Mi sottometto in tutto a
ciò che insegna la santa Chiesa Cattolica
Romana. Questi i sentimenti in cui ora vivo, e nei
quali protesto e prometto di voler vivere e morire.
Il Signore Dio nostro sia sempre lodato e benedetto!
Amen, amen.
5 – Questo scritto è stato terminato nel
monastero di S. Giuseppe di Avila l’anno 1577,
vigilia di S. Andrea, a gloria di Dio che vive e
regna per tutti i secoli! Amen.